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De André in chiave jazz, parla Luigi Viva

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“Viva De André” porta in tour uno spettacolo unico in Italia, capace di restituire la forza della musica e del pensiero di Fabrizio De André con un approccio sorprendente: brani completamente riarrangiati in chiave jazz

De André

De André in chiave jazz, parla Luigi Viva

“Viva De André” porta in tour uno spettacolo unico in Italia, capace di restituire la forza della musica e del pensiero di Fabrizio De André con un approccio sorprendente: brani completamente riarrangiati in chiave jazz

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De André in chiave jazz, parla Luigi Viva

“Viva De André” porta in tour uno spettacolo unico in Italia, capace di restituire la forza della musica e del pensiero di Fabrizio De André con un approccio sorprendente: brani completamente riarrangiati in chiave jazz

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Da sette anni “Viva De André” porta in tour uno spettacolo unico in Italia, capace di restituire la forza della musica e del pensiero di Fabrizio De André con un approccio sorprendente: brani completamente riarrangiati in chiave jazz, senza voce cantante, accompagnati da narrazione, immagini e preziosi materiali audio originali. Ideato e diretto da Luigi Viva (autore delle biografie sul cantautore genovese “Non per un dio ma nemmeno per gioco” e “Falegname di parole”), lo spettacolo è un viaggio musicale e umano che continua a emozionare un pubblico delle età più diverse.

L’amicizia tra Luigi Viva e Fabrizio De André

Tutto nasce da un’amicizia. Viva conobbe De André nel 1975 a Roma, durante il primo tour del cantautore: «Quella sera andammo a cena insieme. Ero amico dei New Trolls, che lo accompagnavano. Nacque subito un legame, fondato più che altro su passioni comuni come l’agricoltura e la politica. Di musica, curiosamente, parlavamo poco» ci racconta.

Anni dopo, nel 1990, l’idea di una biografia si fece concreta: «Mi sembrava necessario confrontarmi con la sua figura, anche per il contesto politico di allora. Il giorno prima che iniziasse Mani Pulite, a casa sua a Milano mi diede l’autorizzazione per cominciare. Fu un lavoro enorme: intervistai amici, compagni di scuola, musicisti, anche Paolo Villaggio. De André corresse gran parte del lavoro, supervisionò anche il piano dell’opera. È stato un rapporto molto intenso e, per certi versi, anche molto emozionante».

“Fabrizio amava il jazz”

Quella relazione si è poi trasformata in qualcosa di nuovo con “Viva De André”, nato dal desiderio di rimettere in circolo il suo messaggio attraverso un linguaggio musicale diverso: «Fabrizio amava il jazz. Il primo disco che comprò fu di Jimmy Giuffre, nel 1956. E da giovane lo suonava anche lui in un gruppo, con Luigi Tenco. Per questo mi è sembrata una chiave non scontata, ma coerente e stimolante». Per gli arrangiamenti Viva ha coinvolto Luigi Masciari, chitarrista di grande esperienza: «Avevo pensato a Danilo Rea, ma fu lui stesso a suggerirmi Masciari con cui abbiamo selezionato e rielaborato i brani. Alcuni erano inevitabili, come “La guerra di Piero” o “Il pescatore”.

Ma la scelta è stata in generale molto libera». Una decisione radicale è stata l’assenza di voce, nata dalla volontà di non sostituire Fabrizio con un interprete: «Ma la sua voce nello spettacolo c’è. Ritorna in registrazioni, aneddoti, interviste inedite. In alcuni audio canticchia, oppure racconta un episodio che ci fa scoppiare a ridere. Questo aiuta a restituire anche il lato più personale e divertente di Fabrizio, che non era affatto solo la figura cupa e pensierosa che molti immaginano. Dori Ghezzi ha ascoltato e approvato tutto».

Il risultato è un racconto intimo, vivo, che non può lasciare indifferenti sia per l’aspetto musicale che per quello tematico: «Lo spettacolo non è recitato, non è teatrale. È un racconto vissuto. A volte mi emoziono anch’io, mentre parlo. I musicisti con cui da anni condivido il palco sono straordinari e tengono viva ogni sera la forza di questo viaggio». Uno spettacolo senza età che coinvolge anche i giovani: «Dopo il concerto alcuni vengono a parlarmi, sono pochi ma sono menti brillanti. Ti fanno ben sperare. Ragazzi curiosi che cercano in profondità, ascoltano De André, Bob Dylan, Leonard Cohen… Non si fanno trascinare dalla massa. E il messaggio che mi ha lasciato Fabrizio, quello più importante, è proprio questo: non fermarsi alle apparenze, scavare dietro le cose, cercare la verità, usare la cultura come unico vero strumento di libertà».

La prossima occasione di assistere allo spettacolo sarà il 17 agosto in piazza Castello a Castelbuono (Palermo) in occasione del Jazz Festival.

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