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E. T.

Così E. T. abbatté le barriere delle differenze 

Quando “E. T.” esce nelle sale – l’11 giugno 1982 – la critica e il pubblico ne decretano il successo a livello planetario, consegnandolo alla Storia

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Così E. T. abbatté le barriere delle differenze 

Quando “E. T.” esce nelle sale – l’11 giugno 1982 – la critica e il pubblico ne decretano il successo a livello planetario, consegnandolo alla Storia

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Così E. T. abbatté le barriere delle differenze 

Quando “E. T.” esce nelle sale – l’11 giugno 1982 – la critica e il pubblico ne decretano il successo a livello planetario, consegnandolo alla Storia

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Quando “E. T.” esce nelle sale – l’11 giugno 1982 – la critica e il pubblico ne decretano il successo a livello planetario, consegnandolo alla Storia

Questa storia nasce nella seconda metà degli anni Sessanta e racconta di un ragazzo ebreo che, afflitto per il divorzio dei suoi genitori, trascorre le sue giornate in solitudine per sfuggire all’intolleranza discriminatoria che lo circonda. Nel frattempo sogna di trovare un amico, anche immaginario, col quale condividere le sue inquietudini. Si dice però che il tempo aggiusti tutto e dunque, quindici anni dopo, quell’adolescente è già diventato qualcos’altro. Siamo all’inizio degli anni Ottanta e il nostro protagonista è un regista reduce da una serie impressionante di successi: si chiama Steven Spielberg. Vorrebbe raccontare i tormenti che lo hanno accompagnato in passato, ora che può. Per esorcizzarli e per lanciare un messaggio di speranza a tanti altri ragazzi che vivono quella stessa condizione. Scrive così una sceneggiatura che narra dell’amicizia fra un alieno abbandonato per errore sulla Terra e un ragazzino che lo adotta e lo protegge dal mondo esterno. Presenta lo script alla Columbia. La risposta della major è perentoria: si tratta di uno stupido film alla Walt Disney. Grazie, ma non ci interessa.

Per fortuna alla Universal la pensano diversamente. Avuto il loro ok, il progetto (ribattezzato “E. T. l’extraterrestre”) prende il via. La storia dell’amicizia fra il protagonista Eliott e la creatura venuta da un altro mondo dà vita a una favola moderna sull’inclusione e sulla tolleranza che tocca le corde più sensibili dell’anima. Per realizzarla Spielberg si avvale di uno straordinario gruppo di piccoli attori (fra i quali il giovane Henry Thomas e la piccola Drew Barrymore), delle straordinarie musiche di John Williams e soprattutto del mago degli effetti speciali: l’italiano Carlo Rambaldi, che concepisce l’extraterrestre protagonista del film realizzando una creatura semi-meccanica alta poco più di un metro, con il volto ispirato alle fattezze di Hemingway ed Einstein.

Quando “E. T.” esce nelle sale – l’11 giugno 1982 – la critica e il pubblico ne decretano il successo a livello planetario, consegnandolo alla Storia. La pellicola vince quattro Oscar, fra i quali quello per l’iconica colonna sonora e quello assegnato a Rambaldi per gli effetti speciali. Il successo rende il capolavoro di Spielberg un simbolo della cultura popolare e un fenomeno di massa, con relativo giro di affari a nove zeri legato al merchandising, fra giocattoli e gadget di ogni tipo. Il mondo dei videogame fiuta l’affare e la Atari è lesta ad aggiudicarsi i diritti per realizzare un gioco ispirato al film. Qui le cose però vanno diversamente. Realizzato in fretta e furia, il risultato sarà talmente scadente da causare un disastro finanziario che trascinerà la casa produttrice nel baratro, dando vita al primo storico momento di crisi del mercato videoludico. Ma questa sarà l’unica nota stonata nella storia di questo capolavoro immortale.

Per Spielberg “E. T.” non sarà soltanto l’ennesimo successo ma la chiave per venire a patti con i tormenti della sua adolescenza, dando anche il via a un filone della sua produzione maggiormente incentrato sulla condizione umana, che raggiungerà l’apice ne “Il colore viola” e in “Schindler’s List”. A noi spettatori resta la magia di una bicicletta che vola verso la Luna, la lezione di una storia che ci ha insegnato a fuggire dai pregiudizi e la consapevolezza che il nostro amico E. T. alla fine è tornato a casa. Con la speranza che un giorno venga nuovamente a farci visita, per farci riscoprire bambini. Anche solo per un’istante.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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