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E-WIRED EMPATHY, tra musica, empatia e irripetibilità

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Giovanni Amighetti del collettivo E-wired Empathy sul nuovo ep e sulla nascita del progetto

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E-WIRED EMPATHY, tra musica, empatia e irripetibilità

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Giovanni Amighetti del collettivo E-wired Empathy sul nuovo ep e sulla nascita del progetto

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E-WIRED EMPATHY, tra musica, empatia e irripetibilità

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Giovanni Amighetti del collettivo E-wired Empathy sul nuovo ep e sulla nascita del progetto

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Giovanni Amighetti del collettivo E-wired Empathy sul nuovo ep e sulla nascita del progetto

Nel mare magnum della musica liquida sembrerebbe cosa facile trovare qualcosa di nuovo e interessante da ascoltare. Invece, non è propriamente così. Ogni tanto ci divertiamo a scavare per voi in questo universo in continua espansione per trovare artisti di valore, che meritano un ascolto attento. Poi starà all’ascoltatore scegliere se seguire l’artista in questione o veleggiare verso altri lidi.

Quest’oggi abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il collettivo E-wired Empathy, che da sempre, unisce jazz, folk e musica etnica in uno stile inconfondibile, in particolar modo con Giovanni Amighetti, produttore, compositore e cofondatore insieme a Luca Nobis del collettivo. Focus della chiacchierata la nascita del collettivo e il nuovo EP “E-wired Empathy feat. Gasandji”, che vede la partecipazione esclusiva della cantante Gasandji.

Com’è nato il collettivo E-wired Empathy?

Dal 1992 mi occupo della produzione di World Music, soprattutto all’estero. Quando è esplosa la pandemia da COVID-19 e siamo rimasti bloccati qui, ho cominciato a guardarmi più intorno. Ed è stato durante un’occasione a porte chiuse a Correggio in “Incontri sul palco” che ho conosciuto Luca Nobis, direttore del CPM, e abbiamo suonato alcune cose insieme. Vedendo che c’era intesa, abbiamo deciso di ritrovarci in studio per fare qualcosa, ma abbiamo visto quasi subito che piuttosto che portare delle nostre composizioni e riarrangiarle, funzionava bene crearle da zero. Ci siamo quindi messi a creare direttamente in studio, io e Luca, poi con diversi ospiti, e abbiamo registrato due dischi prima di quest’ultimo. Alcuni ospiti provenivano dal liscio, altri invece erano musicisti dall’Africa che restavano qui perché era ancora un periodo in cui ci si poteva muovere poco a causa delle restrizioni da COVID. Il nostro concept di creare insieme direttamente in studio o sul palco l’abbiamo poi allargato ad una band.

In questo disco, oltre a te Giovanni, Luca Nobis e il batterista Roberto Gualdi – entrato anch’egli alla guida del collettivo -, troviamo il compositore e musicista di liscio Moreno “Il Biondo” Conficconi, il bassista del gruppo ska punk “Après La Classe” Valerio Commoss e il polistrumentista del gruppo “Canzoniere Grecanico Salentino” Giulio Bianco. Com’è collaborare con artisti da mondi così diversi?

Essenzialmente, direi che dipende da come sono le persone. La musica è un linguaggio che va oltre le parole, quindi quando collaboro in situazioni di World Music, non è detto che io parli cinese o che il cinese parli la mia lingua. Possiamo trovarci con un po’ di inglese in qualche modo, ma suoniamo insieme e vediamo cosa viene fuori. Non ci si può neanche basare su parti sostanzialmente scritte, perché varie tradizioni non utilizzano necessariamente la nostra stessa notazione che deriva dalla musica classica. Semplicemente si suona. Il nome del progetto è appunto Empathy, perché è l’empatia che è fondamentale. Ci troviamo in una stanza o su un palco e creiamo musica direttamente lì, e la realizziamo subito, la suoniamo subito dal vivo. È un metodo che funziona, questa connessione empatica tra i musicisti.

Sotto molti aspetti è un ritorno e una riscoperta della musica nella sua essenza, nella bellezza della musica nell’atto stesso di suonare e nella sua irripetibilità uguale a sé stessa

Esattamente, quando andiamo a fare degli spettacoli cerchiamo di riprodurre il meno possibile. Poi, per lavori che ci vengono commissionati o per alcuni brani che sono più in formato canzone, dobbiamo ovviamente seguire qualcosa di predefinito. Ma l’idea principale è comunque sempre quella di creare, di essere vivi mentre si suona e non doversi ricordare cosa andrebbe fatto invece di crearlo in quell’attimo stesso.

Come reagisce il pubblico ad uno spettacolo sempre diverso da sé? Di fatto viene fatto partecipe di un processo creativo che spesso e volentieri gli è nascosto

C’è un grande entusiasmo da parte del pubblico. Ovviamente, non viene perché conosce già i brani, dato che sono creati lì davanti a loro. Non è un pubblico che si entusiasma nel sentire il brano X o Y. È un pubblico che viene, ascolta e si entusiasma durante lo spettacolo stesso perché viene coinvolto in questo lato creativo vivo dei musicisti. Negli spettacoli fatti nel 2022, chiedevamo proprio al pubblico delle immagini o delle parole su cui andavamo a costruire la nostra musica, per dimostrare che si andava a costruire proprio in quell’attimo e anche grazie ai loro input.

Quali saranno le prossime occasioni per ascoltarvi dal vivo?


Siamo l’11 maggio a Imola in piazza alle 18.00 e l’ingresso sarà gratuito. Avremo diversi ospiti dal mondo del liscio. Ci sarà Moreno il Biondo, che ha già suonato in questo ep, ma siamo lì anche con altri artisti, tra cui alcuni membri dell’ex orchestra Casadei degli anni ’90 e musicisti della “Notte della Taranta”. È una bella connessione tra la musica tarantella, la musica romagnola e noi che gestiamo tutto e cerchiamo di creare nuove composizioni. Successivamente torneremo in studio. Poi ci esibiremo il 2 luglio vicino a Rimini, con un focus sulla pizzica e sulla Taranta, in uno spettacolo dedicato a Daniele Durante, che era il direttore artistico della “Notte della Taranta”. Con noi ci sarà anche Riccardo Tesi, noto musicista folk.

di Federico Arduini

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