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Elvira Coda Notari, realismo resistente al fascismo

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Elvira Coda Notari amava filmare la vita popolare brulicante nei mercati, nei vicoli e nei quartieri di Napoli con attori spontanei non professionisti

Elvira Coda Notari, realismo resistente al fascismo

Elvira Coda Notari amava filmare la vita popolare brulicante nei mercati, nei vicoli e nei quartieri di Napoli con attori spontanei non professionisti

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Elvira Coda Notari, realismo resistente al fascismo

Elvira Coda Notari amava filmare la vita popolare brulicante nei mercati, nei vicoli e nei quartieri di Napoli con attori spontanei non professionisti

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Come dicono i francesi, che vantano una grande tradizione nella nouvelle vague con registi del calibro di Truffaut, Godard e Rohmer: «Le cinéma quelle passion c’est!» (cinema, che passione). Fin dalla sua nascita ha ammaliato milioni di spettatori. E milioni di cinefili, dal dopoguerra a oggi, hanno considerato e considerano il cinema come una forma d’arte completa che fonde più elementi: la pittura e la fotografia, il teatro e la musica. Oltre all’aspetto creativo, durante la visione di un film si sviluppano processi psichici – quali proiezione e identificazione – legati al transfert percettivo del proprio vissuto nei personaggi e nelle storie narrate.

Elaborato dalla mente, tale fenomeno libera le pulsioni inespresse e i bisogni assopiti, attivando i “neuroni specchio”: si tratta di cellule nervose cerebrali che entrano in funzione quando ci si relaziona con le azioni altrui. E questa operazione catartica crea appagamento e soddisfazione, tanto da riconoscere la cineterapia (intesa come capacità empatica di entrare in contatto con sé stessi attraverso le immagini e i suoni) come supporto efficace alla psicoterapia.

L’universo cinematografico è costellato da registi italiani famosi, ma in pochi sanno che la prima regista donna nel nostro Paese (e non solo, perché lo è stata anche per il resto del mondo) fu Elvira Coda Notari. Nata nel 1875 a Salerno e pioniera del cinema muto, fu autrice di oltre 60 lungometraggi e centinaia di cortometraggi. Produttrice e sceneggiatrice, insieme al marito fotografo Nicola Notari fondò la casa di produzione Film Dora, che aveva sede a Napoli (in via Roma) ma anche a New York, nella popolarissima Mulberry Street di Manhattan, dove i film avevano un seguito tra gli emigranti italiani. Le sue produzioni, incentrate su storie popolari e drammi sociali, mettevano in luce l’oppressione degli umili e quella sofferta dalle donne del Sud Italia e da queste affrontata con umanità, resilienza e senso innato della maternità.

Elvira non va definita una femminista secondo il concetto moderno. Attraverso la sua arte ha però dato voce all’autenticità dell’universo femminile distante dagli stereotipi della società patriarcale di fine Novecento: non eroine idealizzate, quanto piuttosto donne sacrificate alla sopraffazione maschile, all’impossibilità di scegliere un amore oppure vedove bianche nelle separazioni forzate. Il suo cinema è una forma di resistenza culturale che dà voce agli invisibili.

Elvira Coda Notari amava filmare la vita popolare brulicante nei mercati, nei vicoli e nei quartieri di Napoli con attori spontanei non professionisti, anticipando così quel neorealismo che troverà la sua massima espressione stilistica negli anni Quaranta. Viene descritta come una donna determinata, indipendente e innovativa, qualità che le permisero di sopravvivere in un mondo – quello del cinema – dominato dagli uomini.

Non cedette alle pressioni del regime fascista, che rifiutava la rappresentazione del Sud umiliato e piegato. La resistenza a non voler edulcorare la realtà fece precipitare il suo cinema nella censura e la sua persona nell’emarginazione. Dopo il declino si ritirò in silenzio. Morta nel 1946 a Cava de’ Tirreni (i suoi discendenti ancora oggi la definiscono «persona bislacca»), è ritornata alla luce negli ultimi decenni. E la storia le rende merito come figura di spicco: donna rivoluzionaria e artista pilastro fondante del cinema italiano.

di Elvira Morena

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