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Enrico Ruggeri

Enrico Ruggeri e “La caverna di Platone”

È uscito oggi il nuovo disco di Enrico Ruggeri “La caverna di Platone”. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui

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Enrico Ruggeri e “La caverna di Platone”

È uscito oggi il nuovo disco di Enrico Ruggeri “La caverna di Platone”. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui

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Enrico Ruggeri e “La caverna di Platone”

È uscito oggi il nuovo disco di Enrico Ruggeri “La caverna di Platone”. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui

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È uscito oggi il nuovo disco di Enrico Ruggeri “La caverna di Platone”. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui

40 dischi e oltre 50 anni di carriera spesi su palchi, davanti a telecamere e microfoni, un solo nome: Enrico Ruggeri. Senza dubbio tra gli artisti più prolifici della musica di casa nostra, Ruggeri è in uscita oggi in fisico e digitale con il suo ultimo lavoro in studio “La caverna di Platone”, di cui ci ha raccontato la genesi: “Finita la registrazione de “La rivoluzione” tre anni fa, ho cominciato a scrivere due o tre pezzi al mese. Avendo il mio studio e un “laboratorio perenne” con la band, registravamo un po’ alla volta. Poi partivamo per la tournée, tornavamo e lavoravamo su altri brani. Alcuni li abbiamo eliminati, un po’ come una tela di Penelope. Per tre anni abbiamo passato dieci o quindici giorni al mese in studio, tra fare e disfare. A un certo punto, abbiamo messo la parola “fine” e siamo partiti con le danze”. Un disco prodotto con grande libertà, svincolato da logiche di mercato, spinto da un sentimento di forte passione: “L’entusiasmo è inevitabile con l’ultimo album, ma continuo a pensare che le mie cose migliori le ho fatte dal 2017, dalla Réunion dei Decibel. Da quel momento è scattata una molla diversa, forse perché sono tornato in studio con persone che non ci entravano da 35 anni, con un approccio completamente nuovo. Oppure perché oggi il mercato musicale è così scarno che, paradossalmente, ti senti libero di fare esattamente ciò che ti passa per la testa. Non c’è più un range tra vendere 10.000 copie e 600.000, come una volta. Oggi la differenza è tra vendere poco o nulla, quindi tanto vale seguire l’istinto” ci ha confidato Enrico.

Ecco perché questo sarà probabilmente il suo ultimo disco inteso come tale: “Non mi sono stufato di fare musica. Anzi, è quello che voglio fare, che so fare e che mi piace fare. Il problema è passare tre anni a lavorare su qualcosa che sembra facciano di tutto per eliminarla. Ti vendono un’auto nuova e non ci trovi più il lettore CD. Una volta era lì, di serie. Ora è evidente che non vogliono che tu ti rivolga a quel pezzo di plastica. Non è più considerato parte del mondo “moderno”. “La caverna di Platone” è un disco suonato e che suona caldo e vero alla vecchia maniera: 13 brani (5 in più nella versione vinile) con un solo feat (con suo figlio, Pico Rama) per diverse atmosfere sonore, dal rock al valzer fino al piano e flicorno, dall’orchestrazione alle chitarre (merce rara al giorno d’oggi). I temi trattati sono tanti e in un’epoca di superficialità è sempre un bene poter ascoltare chi invece si espone per raccontare il nostro presente (e il nostro passato) in tutta la sua complessità.

Dagli intellettuali scomodi fino al tema della guerra, Ruggeri non si nasconde e canta senza peli sulla lingua quello che pensa. Tra i pezzi più toccanti spicca “La bambina di Gorla”, a 80 anni dalla strage: “Ho sentito parlare della tragedia di Gorla quando avevo 4 o 5 anni, perché mia madre insegnava in quella scuola. Era lì il lunedì, il martedì e il mercoledì. La bomba cadde di venerdì. Quindi, per una pura concomitanza del destino, mia madre non era presente quel giorno. Per lei fu una tragedia immensa: erano morti i suoi bambini, i suoi allievi e le sue colleghe. Fin da piccolo ho vissuto questa storia attraverso i racconti di mia madre, che aveva quasi una sorta di sindrome del sopravvissuto. È un brano che, in un certo senso, si scontra con la narrazione dell’”americano buono e liberatore” che porta le caramelle. Certo, c’era anche quello. Ma non solo: la guerra era già vinta quando hanno sganciato quelle bombe” ha raccontato. E a chi gli chiedeva di tornare sulla vicenda Tony Effe Ruggeri ha spiegato: “Non è una questione di argomenti. Io, come tutti quelli della mia generazione, ho ascoltato musica creata da artisti che hanno attraversato gli abissi più oscuri, come il Berlin di Lou Reed. Altro che “frugare nel male”: parliamo del male totale. Abbiamo letto Bukowski, ascoltato Tom Waits. Non ci scandalizza nulla”.

Il problema per Enrico è un altro: “Non è il tema, ma come lo tratti. Se dico che un ragazzino ammazza una vecchia usuraia, sembra una storia di cronaca nera, no? E invece è “Delitto e castigo”, la trama di Dostoevskij. Non puoi ignorare che la profondità del linguaggio è fondamentale per creare qualcosa che abbia davvero valore”.  E sul ritorno in tv con il programma di successo “Gli occhi del musicista” e su chi associa il suo ritorno al governo Meloni, Ruggeri non le manda a dire: “Io credo di saper fare bene quella televisione. La vera notizia, a mio parere, non è che mi abbiano chiamato ora, ma che non mi chiamassero prima. Qualcuno avrebbe dovuto scrivere un articolo su quello: perché non mi chiamavano più?”. L’artista presenterà il disco in due concerti speciali: l’1 aprile ai Magazzini Generali di Milano e il 3 aprile al Largo Venue di Roma.

di Federico Arduini

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