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Enula: “Le canzoni sono come le storie d’amore: quando le forzi non funzionano”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Enula partendo dal suo ultimo singolo “Domenica”

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Enula: “Le canzoni sono come le storie d’amore: quando le forzi non funzionano”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Enula partendo dal suo ultimo singolo “Domenica”

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Enula: “Le canzoni sono come le storie d’amore: quando le forzi non funzionano”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Enula partendo dal suo ultimo singolo “Domenica”

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Enula partendo dal suo ultimo singolo “Domenica”

Nel mare magnum della musica liquida sembrerebbe cosa facile trovare qualcosa di nuovo e interessante da ascoltare. Invece, non è propriamente così. Ogni tanto ci divertiamo a scavare per voi in questo universo in continua espansione per trovare artisti di valore, che meritano un ascolto attento. Poi starà all’ascoltatore scegliere se seguire l’artista in questione o veleggiare verso altri lidi.

Tra i giovani talenti più interessanti nel nostro panorama spicca Enula che, dopo aver partecipato all’edizione di amici 2020 giovanissima, ha mosso i suoi primi passi nel mondo della musica, a suon di canzoni, stream e collaborazioni. Dopo un’estate ricca di partecipazioni a numerosi festival in tutta Italia, Enula è tornata qualche settimana fa con il suo nuovo singolo “Domenica”, un’occasione per scambiare quattro chiacchiere con lei

Com’è nato “Domenica”, il tuo ultimo singolo?

Diciamo che per “Domenica” mi ha ispirato una doccia serale. Quando scrivo i miei pezzi, mi capita spesso di lasciarmi ispirare da momenti così. Infatti, quel giorno, ho scritto proprio di domenica, perché è stata una giornata particolare, una di quelle da vivere intensamente. La domenica arriva sempre dopo un sabato pieno di energie, un giorno in cui spesso si esce con leggerezza, talvolta anche superficialità, senza voler pensare troppo. Poi arriva la domenica, che anticipa il lunedì, e io vedo questi tre giorni un po’ come sabato, paradiso; domenica, purgatorio; e lunedì, inferno. Ho scritto questo pezzo per sublimare la pesantezza che a volte la domenica ti porta. Per me, la musica diventa un modo per risolvere queste sensazioni e per imparare a fare mio il tempo che passa tra la forza del sabato e il vuoto che a volte la domenica ci lascia. È tutto un gioco metaforico, perché ogni giorno possiamo sentirci vuoti, nostalgici o incapaci di sfuggire a questo senso opprimente. Ma c’è una cosa bella che possiamo fare: concederci del tempo di qualità. Vivere pienamente anche con noi stessi, come si farebbe con un amico. Quando usciamo con qualcuno, ci dedichiamo del tempo di qualità; lo stesso dovremmo fare quando siamo soli. Non ha senso trascorrere ore sui social, scrollando senza sosta. A volte mi accorgo che faccio lo stesso anche da sola, e non mi concedo tempo di valore. Quindi, in un certo senso, è una ribellione alla domenica. È il giorno in cui ci si riprende il proprio tempo, un tempo che vale la pena vivere appieno.

Spesso ci si immagina che un’artista scriva direttamente al pianoforte o con carta e penna, quasi in posa. Da quel che ci racconti non va sempre così

Quando costruisci qualcosa, è molto diverso rispetto a lasciarsi semplicemente ispirare. Le cose costruite hanno sempre una struttura, una complessità. C’è una pianificazione dietro, una “costruzione” vera e propria. Al contrario, le cose ispirate, come scrivere una canzone sotto la doccia, seguono un flusso più naturale, quasi istintivo, più “animale”. Ecco perché il risultato, come una canzone, ha un andamento completamente diverso, più fluido, spontaneo. Si percepisce quando una canzone è costruita in un certo modo e quando, invece, il flusso è più naturale. A volte mi ritrovo in studio a cercare di sforzarmi di scrivere, e magari viene fuori una canzone anche bella dal punto di vista dell’estetica musicale e del testo, ma alla fine non la sento davvero mia, perché è nata in un modo che forse non mi appartiene del tutto. Le canzoni che amo di più tra le mie sono quelle che nascono da un’emozione o da un sentimento naturale, senza forzature. E alla fine, quelle sono anche le più belle, no? È come nelle storie d’amore: quando forzi le cose, non funzionano. Le cose migliori accadono naturalmente, in modo spontaneo.

Avresti mai immaginato di fare questo mestiere nella vita? Che consiglio daresti all’Enula di qualche anno fa?

Fin da bambina ho sempre cantato, ma non ho mai seguito corsi di canto o studiato formalmente. Canto da sempre, da quando riesco a ricordare. Dal punto di vista professionale, sono entrata nel mondo della musica da poco, e tutto è successo in modo piuttosto naturale. In un certo senso, me l’aspettavo, ma allo stesso tempo non del tutto. Ci credevo così tanto che non avevo nessun piano B. Sapevo che un giorno avrei fatto questo nella vita. Mi ricordo, infatti, che intorno ai 15 anni avevo scritto una canzone che, se non sbaglio, si intitolava Mamma, non ho un piano B. Non ho mai avuto un piano alternativo, perché sentivo profondamente che il mio destino era la musica. Quando quel momento è arrivato, ero sorpresa, ma non del tutto, perché dentro di me lo sapevo già.

Per quanto riguarda i consigli, a volte ne do alla “me del futuro”. Mi capita di registrare messaggi vocali a me stessa, consigliando alla versione futura di me alcune cose che ritengo importanti nel presente. Racconto quello che sto vivendo e cerco di ricordare a quella futura me stessa di non dimenticare certi valori o sensazioni. È un processo davvero meraviglioso. Prima di iniziare la mia carriera musicale, quindi circa 2 o 3 anni fa, mi ero fatta un audio proprio per darmi dei consigli. Sapevo che sarebbe successo qualcosa di importante e, infatti, quando sono uscita ad Amici, ho riascoltato quell’audio. È stato uno dei gesti più significativi che potessi fare per me stessa.

A proposito di “Amici”, com’è stata quell’esperienza?

È stata un’esperienza molto intensa e impegnativa, che mi ha cambiato completamente la vita. Artisticamente, ho vissuto una crescita enorme, perché dentro la scuola il tempo è davvero soggettivo e diverso dalla realtà esterna. Tutto è molto più intenso. Quando sono uscita non conoscevo affatto questo mondo; è stata un’esperienza di apprendimento totale. È come andare a scuola: studi, ma poi ti ritrovi nella giungla della vita, che è un’esperienza completamente diversa. È fondamentale avere il tempo di sbagliare. Gli errori sono parte del processo, e avere la libertà di sbagliare è essenziale.

Nella tua vita artistica hai già all’attivo diverse collaborazioni, anche con grandi nomi della musica nostrana. È bello vedere quando un artista è aperto alle contaminazioni esterne

Tutto ciò che mi capita nella vita accade in modo naturale, comprese le collaborazioni. Fondamentalmente, mi succede di tutto, e io faccio davvero pochi piani. Quando mi chiedono quali siano i miei piani per il futuro, rispondo sempre che non lo so, perché è la vita stessa a farmi capitare cose, sia belle che difficili. Tuttavia, ho sempre qualcosa di meraviglioso o intenso da vivere. Le collaborazioni sono state una grande sorpresa per me. Ricordo con affetto quella con i Tiromancino; è stata un’esperienza unica poter lavorare con Federico Zampaglione, un’artista della sua importanza, che ha fatto parte della storia della musica italiana. È stato davvero incredibile. Per me, è fondamentale instaurare un rapporto umano nelle collaborazioni. È interessante la parte artistica, ma la dimensione umana è altrettanto importante. Con lui, è stato tutto molto naturale, tanto che siamo diventati grandi amici. Lo chiamo spesso il mio “consigliere”, perché ha sempre qualche parola saggia da offrirmi.

Tra le tante esperienze che hai fatto, sei stata scelta come voce protagonista della colonna sonora del film “Addio al nubilato 2”, diretto da Francesco Apolloni. Questa esperienza ha segnato anche il tuo debutto cinematografico, interpretando il ruolo di Sofia accanto ad attori come Laura Chiatti, Chiara Francini, Antonia Liskova e Jun Ichikawa. Com’è stata quella esperienza?

È stato sorprendente, perché non l’avevo cercata, ma era qualcosa che sognavo di fare. È incredibile come questa opportunità mi abbia fatto capire quanto io abbia bisogno di vivere altre forme d’arte oltre alla musica. Ho bisogno di esprimermi, e mi piace tantissimo dipingere. Sto anche scrivendo un libro e ogni giorno metto nero su bianco i miei pensieri.

La recitazione è stata una parte importante della mia vita, e voglio viverla il più possibile. Vorrei ancora recitare in film; quell’esperienza è stata totalmente magica. Non avevo idea di cosa comportasse la creazione di un film. Il “set” è un mondo invisibile, e si crea una grande famiglia. Sono stata tre mesi a recitare, e quelle persone diventano la tua famiglia. Quando finisce, è quasi traumatico, perché si vive un vero e proprio addio. È strano: si lavora tantissimo, e alla fine, quando tutto termina, ti senti un po’ vuota, come una domenica metaforica. Dopo essere stata immersa in un progetto ogni giorno, ti ritrovi a chiederti: “E ora, cosa faccio?” Devi riabituarti a un’altra realtà.

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