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Francesca Tandoi: “L’Italia ora ama il Jazz”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con la pianista jazz Francesca Tandoi sul nuovo disco “Bop Web”

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Francesca Tandoi: “L’Italia ora ama il Jazz”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con la pianista jazz Francesca Tandoi sul nuovo disco “Bop Web”

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Francesca Tandoi: “L’Italia ora ama il Jazz”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con la pianista jazz Francesca Tandoi sul nuovo disco “Bop Web”

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con la pianista jazz Francesca Tandoi sul nuovo disco “Bop Web”

Il Jazz in Italia è più vivo che mai e lo testimoniano gli eventi, i festival e gli artisti che sempre più spesso abbracciano questo genere musicale. Tra chi spicca maggiormente non si può non annoverare Francesca Tandoi, pianista, cantante e compositrice nata a Roma, da qualche settimana fuori con un nuovo disco chiamato “Bop Web”. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Francesca sulla sua carriera, che la vede e l’ha vista suonare letteralmente in ogni parte del globo, su suoi inizi e sullo stato di salute della musica jazz in Italia.

Com’è nato “Bop Web”?

“Questo disco è il secondo che faccio a fianco di Matheus Nicolaiewsky (basso) e Sander Smeets (batteria). Il trio è nato in Olanda, abbiamo registrato il primo disco, “When in Rome”, nel 2021 ed è stato il frutto di un lavoro che era iniziato già nel 2017-18. L’anno scorso ho organizzato un tour in Italia per promuoverlo e proprio tra una data e l’altra ci siamo ritrovati con un day off. Nel frattempo avevo scritto nuova musica, motivo per cui ho proposto loro di approfittarne e di andare in studio, visto che non era semplice incontrarci al di fuori dei tour, vivendo lontani: “Facciamo un po’ una foto di questo nuovo repertorio e vediamo che succede”. Il disco è il risultato di questa giornata in studio. Ci sono un paio di standard e un richiamo al Brasile, anche perché il contrabbassista è brasiliano e un grande esperto di quel tipo di sonorità. Anche se eravamo molto stanchi dal tour siamo felici di aver scelto di registrare e fissare quel momento in una sorta di polaroid

Si dice spesso che la musica italiana fa fatica a sfondare oltre oceano, tu però sei un esempio virtuoso in tal senso, hai suonato in tutto il mondo

L’ho voluto fortemente, è sempre stato un mio grande sogno. I mattoncini si mettevano uno sopra l’altro in maniera molto spontanea, molto naturale. Non ho mai spinto in quella direzione per farlo succedere ma l’ho fortemente desiderato. Mi sono molto interrogata su che tipo di musicista volevo essere, su che tipo di carriera volevo avere. Oggi insegno anche al conservatorio e ai miei ragazzi dico sempre di imparate a suonare, di concentrarsi sullo strumento, ma dall’altra parte anche di tenere sempre bene a mente quello che veramente vogliono. Perché in generale, specialmente nell’attività artistica, è difficile capire veramente che tipo di strada si vuole intraprendere, perché uno si concentra molto a diventare bravo in quello che fa. Ma che tipo di musicista sei? Che tipo di messaggio vuoi portare con la tua musica? Che tipo di carriera vuoi avere? Sono tutte domande che prima o poi ti devi fare”.

Visto anche il tuo lavoro da insegnante, quale altri consigli dai ai tuoi allievi? Spesso si dice che i giovani di oggi non abbiano più voglia di studiare, di dedicarsi a uno strumento…

Negli ultimi anni il mondo è totalmente cambiato. Chi suona jazz ha proprio un bisogno vitale del contatto con altri musicisti che un tempo avveniva durante le jam session che si rivelavano momenti di aggregazione importanti: non solo perché proprio imparavi a suonare, perché ti confrontavi, ma anche perché conoscevi altri artisti e creavi contatti. Poteva essere un’occasione per procacciarsi lavoro e a parte per fare nuove amicizie, per confrontarti con gente più brava, per imparare nuovi pezzi, eccetera. Adesso come adesso è una pratica che sta morendo. I posti dove suonare quando si ha meno esperienza, dove farsi le ossa, sono sempre di meno e forse è questo ciò che rende questi ragazzi all’apparenza un po’ meno entusiasti di come potevamo essere noi studenti di dieci 15 anni fa. Ci sono meno occasioni di esprimersi, di trovare la propria strada. Quando avevo vent’anni a Roma mi sembrava che ci fossero tante gemme, tanti musicisti. Poi sono andata in Olanda e ce n’erano ancora di più: nell’arco di un chilometro quadrato c’erano cinque locali dove si suonava, c’era gente tutte le sere ed era una cosa stupenda. Ma ora anche là è cambiato tutto, non solo da noi in Italia.

Pensi che ci sia una differenza tra come la musica jazz viene percepita e apprezzata qua in Italia rispetto all’estero?

Qualche anno fa frequentavo molto la Russia e lì mi aveva molto colpito la partecipazione. Penso di aver suonato per la prima volta in posti veramente grandi proprio in Russia, luoghi che di solito in altri Paesi del mondo sarebbe stato difficile riempire con un gruppo di persone semi sconosciute che suonano jazz. Ma a parte l’Est Europa non ho notato grandi differenze per quanto riguarda Italia o il nord Europa, anzi sono molto felice di essere tornata in Italia. Ho visto che il jazz sta prendendo piede, la gente si appassiona sempre di più e ci sono tantissime occasioni di suonare in Italia, tantissimi festival estivi di un certo livello. Il pubblico sta molto migliorando perché inizia ad apprezzare questo genere musicale. I musicisti italiani sono veramente veramente forti e secondo me in Italia non abbiamo nulla da invidiare: Il pubblico anche sta diventando molto caloroso.

Dopo il grande successo di pubblico a Parigi, Berlino, Varsavia, Rotterdam e il sold out al Blue Note di Milano dello scorso 27 febbraio ecco di seguito le prossime date del tour:

17 aprile – St. Arcangelo (FC), Supercinema (feat Lee Pearson)
3 maggio – Somma Vesuviana (NA), Teatro Summarte,
8 maggio – Trondheim (NO), Trondheim Jazz Festival
12 maggio – Berna (CH), International Jazz Fest (feat. Lewish Nash)
13 maggio – Vicenza, Teatro Olimpico (feat. Dado Moroni)
30 maggio – Istanbul (TUR), Cemal Resit Rey Concert Hall
27 luglio – New York, Caramoor Centre
29 luglio – New York, Dizzy’s Jazz Club

di Francesca Tandoi

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