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Francesco Maria Mancarella, il suono che dipinge

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Francesco Maria Mancarella ha appena pubblicato “What I Felt”, presentato ieri in uno showcase raccolto nella sede Sony di Milano

Francesco Maria Mancarella, il suono che dipinge

Francesco Maria Mancarella ha appena pubblicato “What I Felt”, presentato ieri in uno showcase raccolto nella sede Sony di Milano

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Francesco Maria Mancarella, il suono che dipinge

Francesco Maria Mancarella ha appena pubblicato “What I Felt”, presentato ieri in uno showcase raccolto nella sede Sony di Milano

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Quando si ragiona di musica si è soliti dividere musicisti e composizioni in generi, tracciando confini certamente utili a definire ma che spesso risultano limitanti. E questo è ancor più vero per quegli artisti che, fortunatamente, rifiutano qualsiasi barriera espressiva. Fra questi c’è senz’altro Francesco Maria Mancarella – direttore d’orchestra, pianista e compositore – che ha appena pubblicato “What I Felt”, presentato ieri in uno showcase raccolto nella sede Sony di Milano. Nelle sette tracce del disco – che attraversano contaminazioni tra classica, ambient ed elettronica – emerge una linea comune: un suono caldo e avvolgente nato da un pianoforte preparato, un coda Kawai modificato con feltri di diversa qualità applicati in ogni registro. Il risultato è un timbro unico, capace di dialogare in perfetto equilibrio con inserti elettronici e synth.

Mancarella ha curato con grande attenzione ogni fase del processo creativo: «Faccio tutto io, dalla A alla Z. Mettere insieme le cose ti dà identità. Io non ho paura di raccontarmi, perché ciò che faccio mi rappresenta: è il prodotto di quello che ho dentro. Ma non per togliere qualcosa a qualcuno: è che in alcuni processi sento che il suono che voglio dare alla fine deve essere lo stesso che ho in testa all’inizio.
Poi, certo, ci sono brani in cui lascio fare ad altri: c’è sicuramente chi è più bravo di me, ma non chi è più a fuoco». Al centro della sua visione c’è il ruolo del compositore: «Io penso che un compositore non possa esimersi dal conoscere ogni parte del processo. È come uno chef: puoi avere qualcuno che ti prepara una ricetta che hai ideato tu, ma non sarà mai uguale a come la fa chi sa esattamente cosa succede quando unisce gli ingredienti. Mettere insieme le cose ti dà identità. Dall’inizio alla fine ho messo mano su tutto, trasformando la materia musicale affinché, ascoltando, io possa dire: “Cavolo, si sente che sono io!»

Francesco è conosciuto in tutto il mondo non solo per le sue composizioni, ma anche per la sua invenzione, il “Pianoforte che dipinge”: «Sinestesia allo stato puro: l’unione di due sensazioni, due sensi nello stesso momento: la vista e l’ascolto. Il processo sinestetico è qualcosa di magico: alcuni di noi lo hanno dentro naturalmente, altri no. Nella storia, solo pochissime persone hanno avuto questa capacità. “Il pianoforte che dipinge” aiuta a viverla, a guardarla, a provare questa emozione. Rende la mia musica qualcosa di concreto, di materico. Io posso vedere la musica, posso toccarla. Non rimane più sospesa nell’etere, come siamo abituati, ma diventa qualcosa che possiamo sentire e fare davvero nostra».

di Federico Arduini

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