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Francesco Sacco

Francesco Sacco: “L’artista deve mettere in luce le realtà difficili”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Francesco Sacco in occasione dell’uscita del suo ultimo singolo “Ti somiglia ma non sei tu” che parla della situazione nella striscia di Gaza

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Francesco Sacco: “L’artista deve mettere in luce le realtà difficili”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Francesco Sacco in occasione dell’uscita del suo ultimo singolo “Ti somiglia ma non sei tu” che parla della situazione nella striscia di Gaza

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Francesco Sacco: “L’artista deve mettere in luce le realtà difficili”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Francesco Sacco in occasione dell’uscita del suo ultimo singolo “Ti somiglia ma non sei tu” che parla della situazione nella striscia di Gaza

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Francesco Sacco in occasione dell’uscita del suo ultimo singolo “Ti somiglia ma non sei tu” che parla della situazione nella striscia di Gaza

Nel mare magnum della musica liquida sembrerebbe cosa facile trovare qualcosa di nuovo e interessante da ascoltare. Invece, non è propriamente così. Ogni tanto ci divertiamo a scavare per voi in questo universo in continua espansione per trovare artisti di valore, che meritano un ascolto attento. Poi starà all’ascoltatore scegliere se seguire l’artista in questione o veleggiare verso altri lidi.

Tra gli artisti più interessanti delle nuove generazioni spicca Francesco Sacco, cantautore e polistrumentista milanese, nato dalla classica ma contaminatosi presto prima con il blues e la beat generation, poi la musica elettronica, la performance e il sound design. Questo vasto spettro di influenze musicali e artistiche ha dato vita a un progetto post-cantautorale difficile da categorizzare, caratterizzato da incontri tra mondi musicali apparentemente distanti. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere in occasione dell’uscita del suo ultimo singolo “Ti somiglia ma non sei tu, un vero e proprio anti-tormentone estivo, che utilizza toni ironici, caustici e rassegnati per riflettere su ciò che sta accadendo nella striscia di Gaza.

Com’è nato “Ti somiglia ma non sei tu”

Diciamo che è nata da una vera e propria esigenza. La base musicale è stata sviluppata senza troppe aspettative iniziali. Io e Luca Pasquino, detto Kush, collaboriamo da molti anni, scambiandoci costantemente demo e basi. La base musicale di “Ti somiglia ma non sei tu” è nata da una bozza embrionale di Luca, a cui io ho aggiunto la linea melodica e le trombe. Abbiamo completato la base insieme in pochissimo tempo. Nel periodo in cui lavoravamo ho cominciato a scrivere il testo senza un’idea precisa di dove volessi arrivare ed è nato tutto spontaneamente, esprimendo il mio profondo bisogno di parlare di ciò che stava accadendo nella Striscia di Gaza. La base musicale, con i suoi elementi allegri, non è quella tipica di una canzone di protesta. Ho deciso di accentuare questo contrasto, lavorando su elementi iconici dei tormentoni estivi come trombe, trombette e un ritornello catchy. Questo ha creato un contrasto distopico tra un testo disilluso, ironico e drammatico e una base musicale che tende ad esasperare gli elementi di evasione e leggerezza, che funge quasi da cavallo di troia per il contenuto.

Francesco Sacco

Non sono molti gli artisti che hanno il coraggio di esporsi per le proprie idee…

È vero, comporta un grande rischio. Sia gli artisti sia, purtroppo, anche i media stessi tendono a evitare rischi troppo elevati. Parlare apertamente di ciò che sta succedendo è per me un dovere, ma altri vedono soprattutto il fattore di rischio. Per questo motivo non sempre accade che si parli di questi argomenti in modo diretto e trasparente. Gli artisti e i media possono temere le ripercussioni negative, come reazioni, critiche, censure o la perdita di sostegno da parte del pubblico e degli sponsor. Tuttavia, credo che affrontare questi temi sia fondamentale per sensibilizzare e stimolare una riflessione critica nella società. Anche se ciò può limitare il successo commerciale o esporre a critiche, ritengo che il ruolo dell’arte sia anche quello di affrontare e mettere in luce le realtà difficili e scomode.

Inseguo un’idea di cantautorato e di arte in generale che, pur non essendo necessariamente lontana dalle logiche di mercato, deve essere libera. Per essere veramente libera, non può essere imbavagliata o limitata nel trattare solo argomenti comodi. Credo fermamente nella funzione sociale dell’arte, che può analizzare e riflettere sulla società attraverso la musica e altre forme artistiche.

È fondamentale continuare a coltivare questo ruolo dell’arte nella vita delle persone e non arrendersi alle richieste del mercato, che spesso tende a uniformare e impoverire il discorso artistico. È vero che esistono diversi filoni artistici: da una parte c’è l’arte come intrattenimento, che è perfettamente legittima e che anch’io apprezzo e consumo. È importante avere qualcosa di semplice e leggero che permetta di staccare la mente, magari durante una cena con amici o cantando sotto la doccia.

Dall’altra parte, ci sono artisti e cantautori che, per scelta poetica o personale, affrontano temi più impegnativi. Per questi artisti è cruciale resistere alla seduzione del mercato che potrebbe suggerire di ammorbidire il messaggio, di evitare certi temi o di modificare parole ritenute troppo forti o controverse. Cedere a queste pressioni porta inevitabilmente a un appiattimento e a un impoverimento del discorso artistico. Mantenere un pluralismo di opinioni, avere un coro di voci diverse, anche in disaccordo tra loro, è essenziale. Questo arricchisce il dialogo, favorisce la riflessione e rafforza la democrazia. In questo contesto, l’arte può continuare a svolgere il suo ruolo critico e riflessivo, contribuendo al benessere della società nel suo complesso.

Raccontaci quale idea volevi che trasparisse dal videoclip del brano

Per il videoclip: https://youtu.be/F4Nw8gA21Fw?si=ld_mSKOTAyOkW12G

Il lavoro con Antonietta Elia è stato fondamentale per visualizzare le tematiche del brano in modo efficace. Antonietta ha realizzato anche il videoclip del mio brano precedente, e insieme abbiamo cercato di mantenere quell’equilibrio di cui parlavo, cioè dare una veste fresca e appetibile a un discorso che in realtà è ironico, drammatico e pedante, poiché si parla di temi seri. Per questo video abbiamo deciso di inscenare una gigantesca partita di palla prigioniera con una palla a forma di mondo. Io e Antonietta abbiamo collaborato alla scrittura dello storyboard e abbiamo scelto di girare al Lido di Venezia, un luogo a cui sono molto legato e dove ho scritto il mio primo disco. Conosco bene questa location, il che ci ha permesso di ottimizzare i tempi sul set. Inoltre, il Lido è iconico, essendo il luogo dove si svolge la Mostra del Cinema e dove si trovano grandi hotel di lusso come l’Excelsior. Questo setting ci ha permesso di sfruttare il contrasto tra la violenza insita nel gioco e l’apparente leggerezza e lusso del luogo.

L’idea era quella di rappresentare una dinamica violenta con estrema leggerezza, evocando la cattiveria quasi inconsapevole dei bambini che fanno del male senza rendersene conto. Nel video, il gioco tra me e Luca (che ha curato la parte musicale) e le due ragazze sfocia nella violenza, osservata da partecipanti esterni che non reagiscono, enfatizzando l’indifferenza e l’apatia sociale. Questo ci è sembrato un modo efficace per tradurre in immagini il messaggio della canzone.

L’art work scelto per la copertina del singolo è molto particolare

La cover della canzone è stata scattata da Lucrezia Testa Iannilli, una fotografa con cui ho lavorato spesso in passato, anche più che con Antonietta. Lucrezia è una persona straordinaria, con un’incredibile capacità di connettersi con le persone e ha una vasta rete di contatti grazie ai suoi frequenti viaggi. È stata lei ad invitare un suo amico designer, un personaggio fantastico, per una birra e per ascoltare la canzone. Questo amico è arrivato con due maschere indiane degli anni ’30, usate nel teatro tradizionale indiano per camuffare il volto. Le maschere hanno occhi finti sopra che distorcono i lineamenti in modo analogico, perfetto per il titolo del brano “Ti somiglia ma non sei tu”. L’idea era di rappresentare qualcosa di umano ma non del tutto, simile alle immagini generate dall’intelligenza artificiale che a volte risultano imperfette. Questo concetto si lega al tema del brano, che si interroga sull’identità: se mi guardo allo specchio, mi riconosco ancora? Sono contento dell’immagine riflessa?

Lucrezia ha un approccio molto hippy al lavoro, basato sulla filosofia che le cose accadono naturalmente e che le persone giuste si trovano al posto giusto al momento giusto. In questo caso, ha avuto assolutamente ragione: quelle maschere erano perfette per rappresentare graficamente il brano. È incredibile come, per pura casualità, siamo riusciti a trovare un oggetto così difficile da reperire ma che si adatta perfettamente al messaggio della canzone.

di Federico Arduini

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