Le polemiche su Geolier e la musica da duri
Le polemiche su Geolier e la musica da duri
Le polemiche su Geolier e la musica da duri
Geolier non è Baby Gang. Però è napoletano. Sta qui il riassunto della polemica dei giorni scorsi sul secondo classificato a Sanremo. Lasciamo stare il dolore della mamma di Giovanbattista Cutolo, il musicista ucciso a Napoli al termine di una lite per un parcheggio. La rabbia e il dolore di questi genitori sono comprensibili. E sì, di sicuro Geolier nel look, negli atteggiamenti, richiama a un certo ‘stile Gomorra’. Ma Geolier è un ragazzo cresciuto a Secondigliano, un quartiere che non ha bisogno di descrizioni. Una periferia che non perdona. E però – che piaccia o meno la sua musica – il suo percorso personale è ben diverso da quello di altri cantanti altrettanto famosi, se non di più.
Parliamo di trapper come Baby Gang, Simba La Rue, Shiva. Gente che la violenza la canta ma la pratica anche. Gente che nei videoclip esibisce pistole e le usa. Ragazzi con una sfilza di precedenti penali, con una collezione di reati alle spalle. E che peraltro non mostrano alcuna intenzione di ravvedersi. Non è la stessa cosa. Non è lo stesso di un look che magari rimanda a certi ambienti o di atteggiamenti che possono anche risultare discutibili, ma che non hanno nulla a che fare con il commettere reati.
Non si tratta di voler difendere la napoletanità esibita né l’utilizzo del dialetto. Si tratta di non demonizzare a tutti i costi. Prendendo certo le distanze da alcuni atteggiamenti e da certi modelli che pure vengono veicolati non soltanto dalla musica (per la verità anche dalle serie televisive) e che possono essere presi a ispirazione da chi vuole delinquere. Ma di tutto questo non possiamo considerare i cantanti come i soli responsabili. Una volta c’erano i neomelodici, nelle cui canzoni abbondavano i riferimenti ai clan. Ma all’epoca ci si indignava di meno. Oggi la sensibilità è cambiata e questo è un fatto positivo. Ma senza esagerare.
Ricordando appunto che Geolier rappresenta chi è cresciuto in un quartiere difficile. Ma, al di là di quello che canta, è uno che ha iniziato a lavorare da giovanissimo e poi ha avuto successo con la musica. Non è andato in giro a fare rapine o a sparare, come altri ‘idoli’ degli adolescenti. Non canta l’odio nei confronti delle Forze dell’ordine, delle leggi, del Paese. Canta, a prescindere dai gusti. Di sicuro servirebbe una maggiore attenzione ai messaggi che si mandano, quando si diventa in qualche modo famosi. Ma è un discorso che andrebbe fatto a parecchi. Soprattutto a quelli che non si limitano a cantarle, alcune cose. Quelli sì, sono i veri cattivi maestri. Anche se non sono napoletani.
di Annalisa GrandiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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Tag: musica, sanremo2024
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