Giorgio Tirabassi: “Il cinema? Uno spazio più libero della tv”
Giorgio Tirabassi, da degno figlio della scuola del maestro Proietti, è un attore poliedrico e capace sempre di reinventarsi
Giorgio Tirabassi: “Il cinema? Uno spazio più libero della tv”
Giorgio Tirabassi, da degno figlio della scuola del maestro Proietti, è un attore poliedrico e capace sempre di reinventarsi
Giorgio Tirabassi: “Il cinema? Uno spazio più libero della tv”
Giorgio Tirabassi, da degno figlio della scuola del maestro Proietti, è un attore poliedrico e capace sempre di reinventarsi
Giorgio Tirabassi, da degno figlio della scuola del maestro Proietti, è un attore poliedrico e capace sempre di reinventarsi
Dal cinema al teatro, dalla tv alla musica: se c’è un aggettivo che meglio descrive la carriera di Giorgio Tirabassi quello è di certo poliedrico. D’altronde, come poteva essere diversamente per uno cresciuto nella scuola del maestro Gigi Proietti, imparando dal mattatore ad essere “Uno, Nessuno, Centomila”, calandosi perfettamente in ogni ruolo senza mai risparmiarsi.
Nell’ultimo film di Paolo Genovese, “Il primo giorno della mia vita”, Giorgio interpreta Max, uno dei protagonisti di una pellicola che sembra quasi complementare a “La vita è una cosa meravigliosa” di Frank Capra. Insieme a lui un cast d’eccezione, da Toni Servillo a Valerio Mastrandrea e Margherita Buy, scelto da uno dei registi più interessanti del cinema italiano, dall’innata capacità di esplorazione dei sentimenti umani, anche quelli più difficili da scandagliare.
“Volevamo lavorare insieme da tantissimo tempo”, ci racconta, “da quando Paolo lavorava nei primi anni 2000 ad un corto chiamato “Miracolo napoletano” e io ero regista del mio “Non dire gatto”. Ci incontravamo ai festival, una volta vincevo io e una volta lui e ora eccomi in un suo film”.
Un instancabile amore per il proprio lavoro guida Giorgio Tirabassi anche nei momenti più bui della sua vita personale. Di quella paura seguita all’infarto che lo ha colto nel 2019 proprio in occasione della presentazione del suo film “Il grande salto”, non v’è traccia. C’è ancora la stessa voglia di fare e di reinventarsi ma anche di guardare indietro alle interpretazioni tv che lo hanno reso celebre come in “Distretto di Polizia” o nella fiction su Salvatore Borsellino.
“Il cinema è uno spazio più libero rispetto alla tv che, rivolgendosi ad un pubblico più ampio, prevede una serie di scelte narrative leggermente più rigide. Il teatro poi, laddove per me tutto è cominciato, è stimolante perché la risposta del pubblico è immediata ma anche molto faticoso”.
Si passa da un ruolo e un ricordo all’altro, con la serenità di chi è consapevole della propria bravura ma anche della fortuna di amare il proprio lavoro. “La vera soddisfazione”, conclude, “si ha con i personaggi che si interpretano e le storie che si raccontano, al di là del canale utilizzato. È il mestiere dell’attore stimolante, sempre”.
di Raffaela Mercurio
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