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Gli anni Settanta e le canzoni feuilleton

Le canzoni feuilleton: canzonette “strappacuore” strutturate in forma di dialogo retto da un orchestrato sostegno musicale che ha al centro della narrazione elementi conflittuali
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Gli anni Settanta e le canzoni feuilleton

Le canzoni feuilleton: canzonette “strappacuore” strutturate in forma di dialogo retto da un orchestrato sostegno musicale che ha al centro della narrazione elementi conflittuali
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Gli anni Settanta e le canzoni feuilleton

Le canzoni feuilleton: canzonette “strappacuore” strutturate in forma di dialogo retto da un orchestrato sostegno musicale che ha al centro della narrazione elementi conflittuali
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Le canzoni feuilleton: canzonette “strappacuore” strutturate in forma di dialogo retto da un orchestrato sostegno musicale che ha al centro della narrazione elementi conflittuali
Chi ricorda gli anni Settanta? Ovviamente chi c’era e ha l’età per ricordarli. Di certo, di quel decennio particolare non tutti conserveranno uguale memoria. Qualcuno racconterà di anni fecondi, creativi, pieni di cambiamenti e trasformazioni sociali, di traguardi giuridicamente importanti come il divorzio, la riforma penitenziaria, l’aborto. Altri parleranno di anni difficili, ‘di piombo’, di gioventù bruciata e sprangata, di P38 e coprifuoco. La maggior parte dirà l’una e l’altra cosa. Un decennio vivo e doloroso, creativo e distruttivo. Dolce di calore sociale e intossicato dalla droga. In mezzo al fuoco incrociato di questi due estremi, l’affiorare improvviso di un bisogno impellente di leggerezza, orecchiabilità, sentimentalismo sfrenato. Così, quasi all’insaputa di tutti, sono arrivate loro: le canzoni feuilleton, canzonettestrappacuorestrutturate in forma di dialogo (in genere tra un uomo e una donna) retto da un orchestrato sostegno musicale (alcune volte anche di alta qualità) che ha al centro della narrazione elementi conflittuali, in qualche modo ispirati dal riformato diritto di famiglia: separazioni, divorzi, aborti, infedeltà, relazioni amorose complicate. Le canzoni vengono presentate da artisti di grido: Mina, Domenico Modugno, Adriano Celentano, Toto Cutugno e altri. Sono brani rigorosamente a 45 giri, formato destinato al largo consumo. E il fenomeno esplode. Buona parte delle produzioni feuilleton finisce in testa alla hit parade. Accade per esempio nel 1975 a “Piange il telefono” (cover di “Telephone Pleure”, un pezzo francese risalente all’anno prima): un dialogo al telefono tra un padre (Domenico Modugno) e una figlia (Francesca Guadagno) inconsapevole di esserlo rispetto a quel signore che appunto si lamenta all’altro capo del filo. Insomma, la lacrimosa celebrazione di una separazione e di una prole concepita fuori dal matrimonio. Splendido poi il blues dell’infedeltà di “Buonasera dottore” (musica di Shel Shapiro e testo di Paolo Limiti), anche in questo caso una telefonata: un’amante dalla voce sensuale (Claudia Mori) e un marito (Adriano Celentano) che finge di parlare con un medico per sviare la sospettosa moglie lì vicino a lui. Capolavoro bossa nova è il dialogo fra Mina e Alberto Lupo in “Parole, parole”, chiarimento duettato di una coppia di amanti in crisi. Ancora Modugno a svettare in classifica con “Maestro di violino” (dialogo de visu di un amore impossibile fra un insegnante di violino e la sua giovane allieva). Anche Toto Cutugno ha il suo pezzo feuilleton: “Volo AZ 504”: lo presenta all’edizione 1976 del Festival di Sanremo in qualità di cantante e autore degli Albatros. La trama? Una donna che, al termine di una travolgente storia d’amore, è costretta (complice un aborto) a lasciare il fidanzato (Toto Cutugno, che se ne dispera) e a prendere il primo aereo verso l’oblio. Certo, in un decennio musicalmente esplosivo che ha regalato al mondo glam rock, rock progressivo, cantautorato impegnato, punk rivoluzionario, certa intellighenzia musicale non poteva che storcere naso e bocca di fronte a scritture musicali con questi eccessi melodrammatici e strappalacrime. Il pubblico italiano l’ha pensata in maniera diversa: ha ascoltato, ha premiato quei brani, ne ha conservato il ricordo in un angolo ancora vivo della propria memoria. Anche questo sono stati gli anni Settanta. di McGraffio La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

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