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100 anni Corrado Mantoni

I 100 anni di Corrado Mantoni, il papà dei presentatori

Gli esordi del grande Corrado Mantoni. Voce inconfondibile, unita a una presenza autorevole ma bonaria, che ha accompagnato l’Italia

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I 100 anni di Corrado Mantoni, il papà dei presentatori

Gli esordi del grande Corrado Mantoni. Voce inconfondibile, unita a una presenza autorevole ma bonaria, che ha accompagnato l’Italia

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I 100 anni di Corrado Mantoni, il papà dei presentatori

Gli esordi del grande Corrado Mantoni. Voce inconfondibile, unita a una presenza autorevole ma bonaria, che ha accompagnato l’Italia

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Gli esordi del grande Corrado Mantoni. Voce inconfondibile, unita a una presenza autorevole ma bonaria, che ha accompagnato l’Italia

È il 25 aprile 1945. Un ragazzo con un foglio in mano si appresta a sedere dinanzi al microfono negli studi della Eiar, l’Ente italiano per le audizioni radiofoniche (papà della futura Rai). Sul pezzo di carta che quel giovane tiene in mano è riportata una notizia che milioni di italiani stanno attendendo con ansia. Lui si siede, schiarisce la voce, guarda il regista davanti a sé e, non appena la luce rossa indica l’inizio della diretta, fa un respiro profondo e comincia a parlare: «Interrompiamo le trasmissioni per comunicarvi una notizia straordinaria. Le Forze armate tedesche si sono arrese agli angloamericani. La guerra è finita. Ripeto: la guerra è finita». Quella voce appartiene a un 21enne che negli anni successivi cambierà la storia della televisione italiana. Il suo nome è Corrado Mantoni. Nato a Roma il 2 agosto di cento anni fa, inizialmente destinato a una carriera da avvocato, il giovane Mantoni viene rapito dal fascino della radio e ben presto abbandona lo studio del diritto per entrare nel mondo dello spettacolo. Grazie a un profondo timbro naturale e a una dizione perfetta, diviene prima annunciatore dell’emittente di Stato e poi, dopo il conflitto mondiale, presentatore. Nell’Italia del dopoguerra, a caccia di sogni e di speranze, Corrado (come diverrà noto al grande pubblico) è amato in quanto personaggio familiare. Anche perché i suoi show radiofonici – da “Rosso e nero” (in cui è affiancato da una giovane Sophia Loren) a “Radio Naja” – conquistano il grande pubblico. Nella seconda metà degli anni Cinquanta la neonata Rai Tv vorrebbe portarlo sullo schermo, ma i vertici della radio si oppongono. Così Corrado si consola con il cinema: interpreta sé stesso in alcuni film e si cimenta anche come doppiatore, sulle orme del fratello Riccardo. Poi, nel 1955, il meritato approdo sul piccolo schermo.

Corrado crea dal nulla una nuova concezione del ruolo del presentatore e, insieme a Mike Bongiorno ed Enzo Tortora, plasma il linguaggio televisivo in Italia. Non abbandona però la radio a cui, nel 1968, regala una delle sue creature di maggior successo: “La Corrida”, una sorta di talent show ante litteram. Nel 1976, con gli italiani obbligati a trascorrere le proprie domeniche in casa per colpa dell’austerity, la Rai cerca un format per intrattenere il pubblico nel giorno di festa. Corrado concepisce allora un happening a metà fra il varietà e il talk show – inframmezzato da momenti dedicati a scienza, teatro e arte – che possa abbracciare l’audience più ampia possibile. Nasce così “Domenica in”, di cui il conduttore sarà il volto fino all’inizio degli anni Ottanta, quando passa alla Fininvest dove – oltre al primo ‘contro-quiz’ della nostra televisione (“Il Pranzo è servito”) – porterà sul piccolo schermo quella “Corrida” che tanto successo aveva riscosso in radio. La sua ultima apparizione in tv è del 1998. Poi, complici una serie di gravi problematiche di salute, lascia le scene. Era solito dire: «Ho la paura, penso umana, di stancare la gente. Allora cerco di capire il momento in cui l’ho stancata, in modo da andarmene via un minuto prima». L’8 giugno 1999, alla notizia della sua scomparsa, il mondo dello spettacolo lo celebra come uno dei padri della televisione. La sua inconfondibile voce, unita a una presenza autorevole ma bonaria, ha accompagnato un’Italia che nella seconda metà del secolo scorso doveva riscoprirsi. Un Paese che guardava avanti con entusiasmo, ma capace anche di sorridere di sé. Proprio come faceva Corrado.

Di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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