Il lungo cammino di quei Nomadi, parla Beppe Carletti
“Siamo sempre rimasti fedeli a noi stessi. Augusto diceva che l’essere Nomadi fosse quasi una filosofia: essere coerenti, prima di tutto”
Il lungo cammino di quei Nomadi, parla Beppe Carletti
“Siamo sempre rimasti fedeli a noi stessi. Augusto diceva che l’essere Nomadi fosse quasi una filosofia: essere coerenti, prima di tutto”
Il lungo cammino di quei Nomadi, parla Beppe Carletti
“Siamo sempre rimasti fedeli a noi stessi. Augusto diceva che l’essere Nomadi fosse quasi una filosofia: essere coerenti, prima di tutto”
“Siamo sempre rimasti fedeli a noi stessi. Augusto diceva che l’essere Nomadi fosse quasi una filosofia: essere coerenti, prima di tutto”
38 album in studio pubblicati, centinaia di concerti alle spalle e migliaia di fan. Ma soprattutto sessant’anni di carriera compiuti quest’anno che ne hanno fatto la seconda band più longeva al mondo dopo i soli Rolling Stones. In una parola? I Nomadi. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il leader dello storico gruppo Beppe Carletti, da sempre dietro le tastiere, che nel lontano 1963 li fondò con l’amico Augusto Daolio. Quando gli chiediamo di raccontarci il segreto di una simile carriera, così ci risponde: «Siamo sempre rimasti fedeli a noi stessi. Augusto diceva che l’essere Nomadi fosse quasi una filosofia: essere coerenti, prima di tutto, e sempre con i piedi ben appoggiati per terra».
Una coerenza indubbiamente premiata dal pubblico che da sempre, eterogeneo e plurigenerazionale, riempie le oltre sessanta date annuali della band. Quest’anno i fan potranno anche cantare le nuove canzoni raccolte nel disco “Cartoline da qui”, primo album totalmente autoprodotto, uscito soltanto in formato fisico dopo due anni dall’ultimo lavoro in studio. Il perché è presto spiegato: «La musica ha perso un po’ di valore» sottolinea Carletti. «Comprando un disco lo puoi tenere in mano, ti resta per ricordo ed è qualcosa di tangibile. Sarò all’antica, ma ora non rimane niente: è musica usa e getta». Un motivo d’orgoglio questo nuovo album, anche perché «di solito per degli anniversari si fa una raccolta con i grandi successi e un inedito. Noi abbiamo fatto il contrario, anche per dare un senso di continuità alla nostra storia. Come nel 1967 con “Per quando noi non ci saremo”, ho chiamato Francesco (Guccini, ndr.) chiedendogli se potesse scriverci una poesia. Ligabue ci ha mandato una canzone e ho ritrovato un testo di Faletti. Da qui è partita l’idea di questo Lp». Le parole di Guccini sono poi diventate due brani manifesto di cosa voglia dire essere i Nomadi, poste a inizio e fine della track list e affidate alla voce narrante di Neri Marcorè.
Per coronare i festeggiamenti è inoltre uscito qualche giorno fa il libro “Una voglia di ballare che faceva luce. Il romanzo di noi Nomadi”, scritto dallo stesso Carletti e da Gianluca Morozzi, in cui si ripercorrono sotto forma di romanzo le sei decadi di storia del gruppo. Impossibile non chiedere a Beppe cosa Augusto oggi avrebbe pensato della musica del 2023: «Ci siamo conosciuti sul palco e abbiamo passato trent’anni anni di vita assieme, ma di preciso non saprei: secondo me si spancerebbe dal ridere. Augusto era molto ironico, scimmiottava spesso i grandi successi del tempo. Aveva tante virtù: scriveva musica, testi, poesie, scolpiva e dipingeva. Mancava solo che ballasse e avrebbe saputo fare tutto». Infine, inevitabile, una domanda su Sanremo 2023 e sul mancato invito da parte di Amadeus: «Si vede che non ci considerano grandi, è la risposta che mi son dato. Sapevo da luglio che non ci saremmo andati, forse non siamo belli abbastanza. Festeggeremo là i prossimi sessant’anni di carriera. Uno un po’ male ci rimane ma viviamo lo stesso» osserva sorridendo Beppe. «Anche quest’anno faremo 70-80 date. Quando vai in una piazza e la trovi piena di persone che ti aspettano e ti abbracciano, vieni ripagato di qualsiasi Sanremo mancato».
Di Federico Arduini
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