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Il Torino Film Festival scommette sul rilancio

Coniugare tradizione e nuove frontiere, cinefilia e glamour, lasciando intatte ricerca e sperimentazione. Una scommessa necessaria quella di Giulio Base per il Torino Film Festival

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Il Torino Film Festival scommette sul rilancio

Coniugare tradizione e nuove frontiere, cinefilia e glamour, lasciando intatte ricerca e sperimentazione. Una scommessa necessaria quella di Giulio Base per il Torino Film Festival

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Il Torino Film Festival scommette sul rilancio

Coniugare tradizione e nuove frontiere, cinefilia e glamour, lasciando intatte ricerca e sperimentazione. Una scommessa necessaria quella di Giulio Base per il Torino Film Festival

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Coniugare tradizione e nuove frontiere, cinefilia e glamour, lasciando intatte ricerca e sperimentazione. Una scommessa necessaria quella di Giulio Base per il Torino Film Festival

Coniugare tradizione e nuove frontiere, cinefilia e glamour, lasciando intatta l’anima di ricerca e di sperimentazione. Una scommessa necessaria quella di Giulio Base per il Torino Film Festival, in programma da oggi e fino al 30 novembre. Reduce da edizioni fra luci (poche) e ombre (parecchie), la kermesse cinematografica celebra la storia del cinema e va alla scoperta del nuovo, spaziando fra generi e stili. In molti hanno infatti dimenticato le due funzioni principali di un festival: segnalare le novità più interessanti che prefigurano il cinema del futuro e promuovere i titoli attesi nelle sale.

Una delle principali novità è l’assottigliamento del numero delle opere in rassegna: si passerà dai circa 200 e più titoli delle passate edizioni a 120 film, divisi in sei sezioni ben distinte e di facile fruizione. Una scelta di buonsenso, che dà valore alle pellicole selezionate e limita il carattere dispersivo di certi cartelloni. Un altro cambiamento destinato a tracciare un solco è la presenza di ospiti di rilievo internazionale: da Ron Howard a Billy Zane, da Sharon Stone a Julia Ormond, da Emmanuelle Béart a Rosario Dawson, fino a Alec Baldwin, Matthew Broderick e Vince Vaughn. Insomma, il Torino Film Festival potrà finalmente vantare un tappeto rosso che non ha nulla da invidiare agli altri festival ‘di serie A’. In altri termini, addio all’epoca snob.

All’interno dei titoli in programma nella rassegna c’è un po’ di tutto: ricerca, sperimentazione, approfondimento, denuncia. Fra i temi principali troviamo la politica, la storia e la maternità in tutte le sue declinazioni. L’anima del festival resta il concorso principale, composto da opere prime e seconde, che in passato ha rappresentato un trampolino di lancio per numerosi cineasti: fra i tanti, Damien Chazelle, Pablo Larrain, Tsai Ming Liang e Bong Joon-Ho. In lizza per il premio al miglior film troviamo due italiani: “Europa centrale” di Gianluca Minucci e “N-Ego” di Eleonora Danco.

Fra gli appuntamenti più attesi c’è il film d’apertura “Eden” di Ron Howard (in prima internazionale), attesissimo drama thriller con interpreti Jude Law, Ana De Armas, Vanessa Kirby, Daniel Brühl e Sydney Sweeney. Un altro grande protagonista di questa edizione è Marlon Brando: oltre a una retrospettiva con 24 titoli, l’indimenticabile attore verrà celebrato con la mostra immersiva “Brando’s touch” negli splendidi spazi di Gallerie d’Italia in piazza San Carlo, una delle più belle del nostro Paese.

Il successo del Torino Film Festival sarà decretato dalla qualità dei film e dalla presenza del pubblico, quindi i verdetti sono rimandati al 30 novembre. Le profezie sono un’esclusiva dei veggenti e dei tracotanti, ma una cosa è certa: per dare nuova linfa a un festival in difficoltà era necessaria una semi-rivoluzione come quella firmata da Base. Le critiche non mancheranno: i tafazzisti sono sempre in prima fila, gli stessi che accusano la Mostra di Venezia di essere troppo eclettica, come se questo fosse un difetto o una colpa.

di Massimo Balsamo

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