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“Io sono ancora qui” e il coraggio di un donna

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“Io sono ancora qui”, la nuova opera del regista brasiliano Walter Salles, è candidato come miglior film e miglior film straniero agli Oscar

“Io sono ancora qui” e il coraggio di un donna

“Io sono ancora qui”, la nuova opera del regista brasiliano Walter Salles, è candidato come miglior film e miglior film straniero agli Oscar

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“Io sono ancora qui” e il coraggio di un donna

“Io sono ancora qui”, la nuova opera del regista brasiliano Walter Salles, è candidato come miglior film e miglior film straniero agli Oscar

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Sorridere malgrado tutto. Giacomo Leopardi lo sapeva bene: «Chi ha coraggio di ridere è padrone del mondo». E così anche Eunice Facciolla: “Io sono ancora qui”, il nuovo film del regista brasiliano Walter Salles – candidato come miglior film e miglior film straniero agli Oscar – parla di lei, della sua vita e della sua famiglia, i Paiva.

Il Brasile nel 1971 è oppresso dalla dittatura militare. Eunice Facciolla Paiva (interpretata da Fernanda Torres e, dopo un salto cronologico al 2014, da Fernanda Montenegro) vive a Rio de Janeiro con suo marito Rubens Paiva (l’attore Selton Mello), ex deputato del Partito laburista brasiliano, assieme ai loro cinque figli. L’intera famiglia cerca di mantenere un fragile equilibrio in un climax di repressione nell’unico modo possibile: con convivialità, ironia e affetto, aprendo le porte di casa ad amici e parenti. La figlia più grande Veroca, appassionata di cinema e musica, filma ogni cosa con la sua piccola cinepresa. È vicina ai movimenti studenteschi contro la dittatura, così viene mandata per precauzione a Londra a studiare.

Intanto a Rio la pressione aumenta, Rubens viene prelevato dalle autorità per un interrogatorio ma scompare senza lasciare traccia. Eunice si ritrova improvvisamente sola, con il peso di proteggere i suoi figli e mantenere unita la famiglia. Mentre affronta il dolore e la paura, è in costante lotta per scoprire la verità sulla sorte di suo marito e reinventarsi un futuro diverso da quello imposto dalla società del tempo.

Tratto dal romanzo autobiografico di uno dei figli, Marcelo Rubens Paiva, il film mette in scena un lato ancora nascosto della recente storia brasiliana e il coraggio di una donna che non si è mai arresa. Visivamente la pellicola è avvolgente, calorosa con una grana capace di non rendere il racconto artefatto. L’alternanza tra le scene principali e quelle dei filmati girati da Veroca con la sua cinepresa crea un effetto nostalgico, rimanendo sempre elegante. La prima parte ricorda stilisticamente “The dreamers” di Bernardo Bertolucci. Poi necessariamente il registro cambia insieme a periodi storici lungo i quali la trama si snoda: 1971, 1996, 2014.

Oltre all’impegno sociale e politico, l’opera pone una profonda riflessione sulla famiglia, sull’amore, su una saudade per il tempo che scorre e per la bellezza della vita presente. Proprio per la sua appassionante e commovente interpretazione, Fernanda Torres ha vinto il Golden Globe come migliore attrice in un film drammatico – la prima attrice brasiliana a vincerlo – ed è giustamente candidata agli Oscar come miglior attrice. Qui la storia dei desaparecidos (le persone strappate alle loro vite dalla dittatura brasiliana) viene raccontata dal punto di vista di chi è ancora lì. Lo spettatore sa quello che sanno la mamma, la moglie, Eunice. Nulla più, nulla meno. Una focalizzazione interna all’esperienza di una donna che racconta una storia profondamente intima di dolore, simbolo di una nazione ferita. Un film che risulta autentico e commovente perché insieme al racconto c’è il vissuto, passato e presente.Lo stesso regista Selles conosce la famiglia, la meravigliosa casa dei Paiva è impressa nella sua memoria. E ora, nella lavorazione del lungometraggio durata sette anni, la vita politica in Brasile è cambiata vorticosamente evocando in qualche tono quella degli anni Settanta. Il che rende la storia ancora necessaria cronaca

di Edoardo Iacolucci

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