Jago, lo scultore del coinvolgimento
Alla scoperta di Jago, il 35 enne italiano mago del marmo, che annulla la distanza con gli ammiratori coinvolgendoli nel processo creativo
Jago, lo scultore del coinvolgimento
Alla scoperta di Jago, il 35 enne italiano mago del marmo, che annulla la distanza con gli ammiratori coinvolgendoli nel processo creativo
Jago, lo scultore del coinvolgimento
Alla scoperta di Jago, il 35 enne italiano mago del marmo, che annulla la distanza con gli ammiratori coinvolgendoli nel processo creativo
Alla scoperta di Jago, il 35 enne italiano mago del marmo, che annulla la distanza con gli ammiratori coinvolgendoli nel processo creativo
La definizione di social artist gli va decisamente stretta. Jago, alias Jacopo Cardillo, 35enne scultore da Frosinone, è un mago del marmo che mette gli strumenti comunicativi digitali al servizio della sua arte. Centinaia di migliaia di follower sui suoi profili social per un intreccio di tradizione e tecnologia: gli ammiratori sono sempre coinvolti nel processo creativo grazie ai video creati dallo scultore, visibili sul suo sito per opere come “Habemus Hominem – Il papa è nudo” (un busto in marmo che ritrae Benedetto XVI completamente spogliato della veste papale all’indomani della rinuncia al soglio pontificio) oppure “Il Figlio Velato”, ispirata al “Cristo Velato” di Napoli, realizzata a New York e in seguito collocata nel Rione Sanità del capoluogo campano.
«Utilizzo i mezzi che oggi mi permettono di comunicare, avverto sempre la necessità di mostrare il dietro le quinte, di far arrivare le informazioni che sottendono al risultato finale anche solo attraverso uno smartphone, rendendo partecipe l’osservatore di quello che produce l’artista» spiega Jago. Un lavoro intenso di disintermediazione che punta direttamente al pubblico «ma senza perdere l’intimità con me stesso, vitale per la produzione creativa» aggiunge lo scultore, il primo ad avere una sua opera in marmo nella Stazione Spaziale Internazionale. È stato premiato dal Vaticano con la medaglia pontificia e una delle sue opere è stata esposta anche a Dubai. Popolare, tradizionale (per l’uso del marmo) e moderno, mai banale. Senza filtri.
Qualche settimana fa è stata deturpata una delle sue creazioni, dal titolo “Sono pronto al flagello”, collocata in agosto sul Ponte degli Angeli a Roma e da subito divenuta meta di attrazione turistica: un giovane profugo addormentato in strada, una scultura a grandezza naturale, un potente messaggio contro il razzismo. «Preferisco pensare che gli autori del gesto siano come bambini che rompono le cose per carpirne il significato» riflette Jago. «Nel comfort delle nostre case spesso non mettiamo a fuoco cosa significhi viaggiare verso Paesi che sembrano la terra promessa e che tali non si rivelano. Eppure noi italiani abbiamo vissuto queste sensazioni, in America e in altri posti siamo stati emigranti».
Tim Cook, il numero uno di Apple, è passato al suo studio al Rione Sanità in occasione della recente visita a Napoli per ricevere dall’Università Federico II la laurea honoris causa in Innovation and International Management. «È la persona con più capacità di ascolto che abbia mai incontrato» rivela Jago. «È curiosissimo, avido di conoscenza e di bellezza. D’altronde dove altro poteva recarsi se non a Napoli, la città con più fermento culturale in Italia?».
Di Nicola Sellitti
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