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Kento: “Con la musica si può e si deve immaginare un mondo diverso”

Kento è salito sul palco dell’Ariston in occasione della consegna del premio Yorum al rapper iraniano Toomaj Salehi, attualmente in carcere dopo aver rischiato l’impiccagione

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Kento: “Con la musica si può e si deve immaginare un mondo diverso”

Kento è salito sul palco dell’Ariston in occasione della consegna del premio Yorum al rapper iraniano Toomaj Salehi, attualmente in carcere dopo aver rischiato l’impiccagione

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Kento: “Con la musica si può e si deve immaginare un mondo diverso”

Kento è salito sul palco dell’Ariston in occasione della consegna del premio Yorum al rapper iraniano Toomaj Salehi, attualmente in carcere dopo aver rischiato l’impiccagione

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Kento è salito sul palco dell’Ariston in occasione della consegna del premio Yorum al rapper iraniano Toomaj Salehi, attualmente in carcere dopo aver rischiato l’impiccagione

Nella cornice del Premio Tenco 2024 è stato assegnato anche Il Premio Yorum, istituito nel 2020 dal Club Tenco in collaborazione con Amnesty International Italia. Quest’anno il premio è andato al rapper iraniano Toomaj Salehi, attualmente in carcere dopo aver rischiato l’impiccagione.

l Premio Yorum è nato con l’obiettivo di dare visibilità a quegli artisti che, spesso mettendo a rischio la propria vita, lottano per la libertà e i diritti umani in tutto il mondo. Il premio prende il nome dalla band turca Grup Yorum, perseguitata dal governo di Erdogan, che vietò i loro concerti e arrestò alcuni dei suoi membri. Tre di loro persero la vita dopo quasi un anno di sciopero della fame.

Toomaj Salehi è un fervente sostenitore delle proteste antigovernative scoppiate in Iran dopo la morte di Mahsa Jina Amini, una giovane curda iraniana deceduta mentre era sotto custodia per non aver indossato correttamente il velo. Nei suoi brani, già da prima del 2022, Salehi invoca la libertà per i detenuti ingiustamente incarcerati e la fine della repressione. Le sue canzoni affrontano anche temi come la povertà e la corruzione, denunciando le ingiustizie sociali.

Tra i partecipanti alla cerimonia, oltre a Parisa Nazari, attivista del movimento Woman Life Freedom for Peace and Justice, da sempre vicina ad Amnesty International e insignita nel 2023 del premio “Human rights defenders” di Amnesty International Sicilia, e Francesca Bisiani, responsabile di Amnesty International Liguria, c’era anche il rapper Kento, tra i più attivi sostenitore di Salehi. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui

Com’è tornare al Tenco, dopo una targa, per un’iniziativa così importante?

Per me è sempre un grande piacere tornare al Tenco. La prima volta è stata nel 2016, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Luigi Tenco. Ho poi incrociato nuovamente il mio percorso con il Tenco l’anno scorso, nel 2023, partecipando a un album che ha vinto la Targa Tenco come miglior album collettivo.

Questa è la mia terza volta ed è ancora più importante e significativa, perché mi trovo a dare voce a chi non ne ha. In particolare, attraverso il mio nuovo singolo “Free Toomaj”, voglio portare l’attenzione su Toomaj Salehi, un rapper iraniano che è stato condannato a morte e che è tuttora detenuto per i suoi testi. È una situazione che grida ingiustizia e vendetta. Sono qui per testimoniare ancora una volta che, con la musica, si può e si deve immaginare un mondo diverso: un mondo di libertà di parola, libertà di espressione e di critica, anche molto aspra. E credo che il palco del Tenco sia il luogo più opportuno e giusto per riflettere su questi temi

E pensare che ancora c’è chi pensa che la musica non si debba occupare di certi argomenti…

Guarda, innanzitutto trovo che questo sia un dibattito piuttosto datato. Siamo qui sotto gli stendardi e le locandine delle vecchie edizioni del Premio Tenco, e sono decenni che si affronta questo discorso. Credo che chiunque prenda in mano un microfono abbia una grande responsabilità. Ogni microfono funziona da megafono, e anche non dire nulla è comunque una dichiarazione. Spesso, il silenzio finisce per fare un grande favore a chi detiene il potere.

Com’è nata  “Free Toomaj”?

La canzone è nata in collaborazione con Amnesty International, che già da questa primavera mi ha coinvolto nella campagna per la liberazione di Toomaj. Ovviamente il percorso non si conclude qui: grazie a una grande mobilitazione internazionale, a cui anche noi abbiamo contribuito, siamo riusciti a fermare la condanna a morte. Tuttavia, purtroppo, Toomaj è ancora in carcere. Come dicevo prima, il motivo per cui si trova in prigione è qualcosa di vergognoso. La mobilitazione continuerà sicuramente fino a quando non sarà liberato e non avremo la possibilità di salire insieme su un palco.

Rispetto a quando hai iniziato, come pensi sia cambiata la tua musica?

Quello che è cambiato è che ora ho la possibilità di accedere a palchi più grandi e importanti, di fare molte più interviste e di avere un’eco mediatica che, da esordiente, non avevo. Mi fa piacere pensare di essere migliorato, di essere più bravo, ma mi fa altrettanto piacere sapere di aver mantenuto lo stesso spirito, la stessa fame e la stessa voglia di far sentire la mia voce che avevo quando ho iniziato a scrivere.

Sai, se pensassi di non avere più nulla da dire, la cosa più onesta sarebbe smettere di fare musica. Continuo a scrivere, a viaggiare per l’Italia e all’estero, a fare laboratori con i ragazzi in carcere, a produrre dischi, libri e tutto il resto, perché credo che ci sia ancora, e forse ancor più di prima, la necessità di alzare la voce attraverso la musica e farsi sentire.

Raccontaci qualcosa di più di questi laboratori con i ragazzi in carcere

Sono ormai 15 anni che tengo laboratori di scrittura con ragazzi detenuti, una realtà dalla quale ho tratto un libro e un’infinità di canzoni. Tra tutte le attività che svolgo, questa è sicuramente la più impegnativa, ma anche quella che mi offre i maggiori spunti di riflessione. Il carcere non è mai un’esperienza da cui si esce esattamente come si è entrati. Le sbarre fanno paura, anche se sai che alla fine uscirai. Non è un’esperienza che può lasciarti indifferente, anzi.

Il giorno in cui dovessi davvero rimanere indifferente al fatto che ci siano ragazzi di 14 anni dietro le sbarre, sarà il giorno in cui dovrò seriamente preoccuparmi.

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