Stato di diritto?
Kevin Spacey resta un innocente fino a prova contraria, ma forse non avrà mai più la carriera e la vita di prima
Stato di diritto?
Kevin Spacey resta un innocente fino a prova contraria, ma forse non avrà mai più la carriera e la vita di prima
Stato di diritto?
Kevin Spacey resta un innocente fino a prova contraria, ma forse non avrà mai più la carriera e la vita di prima
Kevin Spacey resta un innocente fino a prova contraria, ma forse non avrà mai più la carriera e la vita di prima
Kevin Spacey è tornato, ma non può tornare. L’attore due volte premio Oscar, finito triturato nel “metoo” americano, è stato premiato lunedì a Torino per la sua carriera e ha tenuto una masterclass affollatissima anche di giornalisti.
La sua visita italiana e il premio ricevuto al Museo del Cinema – “Ci vogliono le palle per invitarmi e premiarmi”, ha esclamato dal podio Spacey – sono inevitabilmente finiti nel mirino della critica.
Non passa e non passerà il ciclone causato dalle accuse di molestie che hanno devastato la carriera del Frank Underwood di “House of Cards”.
Kevin Spacey – giova ricordarlo – negli Stati Uniti è stato prosciolto nel processo intentato in seguito alle dichiarazioni del ‘padre’ di tutti i suoi numerosi accusatori a scoppio ritardatissimo, Anthony Rapp, mentre è ancora sotto processo in Gran Bretagna per violenza sessuale. Procedimento in cui si è dichiarato “non colpevole”.
Per chiunque abbia un minimo di consapevolezza di cosa sia la presunzione di innocenza e lo Stato di diritto, una persona uscita “pulita” da un processo e accusata in un altro appena iniziato è un innocente.
A meno di non aver già emesso la sentenza davanti al “tribunale del popolo”, il più terribile e spietato che ci sia. Quello che non ha bisogno di prove, testimonianze, riscontri, si accontenta dell’accusa, ignora la difesa e distrugge vite in ossequio alla moda del momento.
Difendere Kevin Spacey non significa attaccare il “metoo” o tantomeno voler sminuire pratiche scadenti, vergognose e non di rado dai rilievi penali come emerso negli ultimi anni. Significa chiedere di mantenere un approccio razionale, saper distinguere le vittime dagli approfittatori di un fenomeno divenuto globale.
Significa distinguere comportamenti deplorevoli e vergognosi, ma pienamente consapevoli e voluti per ricavarne un tornaconto economico o professionale, dalle molestie e dalle violenze. Per le quali non esistono mezze misure, giustificazioni o accondiscendenze possibili.
Nel mentre, Kevin Spacey resta un innocente fino a prova contraria che non ha più la vita e la carriera di prima e forse non l’avrà mai più. Anche se quegli Usa, che lo hanno giubilato a tempo di record senza farsi troppe domande sul suo grande accusatore, dovessero costruire l’epica del “grande ritorno“ in puro stile hollywoodiano. Pur sempre sulla sua pelle e alle sue spalle.
Aspetteremo cosa accadrà nel processo inglese, ma le devastanti conseguenze della ‘caccia al mostro’ sono davanti ai nostri occhi. Ne scriviamo sul numero di oggi.
Di Fulvio Giuliani
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