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La Forza di John Williams

La Forza di John Williams

Tra i giganti della musica del Novecento impossibile non annoverare John Williams, che ha festeggiato i suoi 90 anni anni con un debutto sul pulpito del Teatro alla Scala di Milano. Standing ovation.
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La Forza di John Williams

Tra i giganti della musica del Novecento impossibile non annoverare John Williams, che ha festeggiato i suoi 90 anni anni con un debutto sul pulpito del Teatro alla Scala di Milano. Standing ovation.
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La Forza di John Williams

Tra i giganti della musica del Novecento impossibile non annoverare John Williams, che ha festeggiato i suoi 90 anni anni con un debutto sul pulpito del Teatro alla Scala di Milano. Standing ovation.
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Tra i giganti della musica del Novecento impossibile non annoverare John Williams, che ha festeggiato i suoi 90 anni anni con un debutto sul pulpito del Teatro alla Scala di Milano. Standing ovation.
Ci sono nomi incisi a fuoco nel firmamento del Novecento, geni irripetibili le cui opere hanno rivoluzionato le nostre vite, ognuno nella propria sfera di competenza. Quando si pensa all’arte cinematografica è ormai impossibile scinderla dal sonoro, dalla “musica da film” tanto spesso divisiva: c’è chi la ama e chi, invece, senza una reale ragione la sminuisce per partito preso. Tra i giganti di questo genere è impossibile non annoverare John Williams, ieri sera a 90 anni compiuti al debutto in Italia sul pulpito del Teatro alla Scala di Milano, dopo aver tenuto un concerto speciale in prova il giorno prima per il pubblico under 35. Chi scrive ha avuto la fortuna – perché di questo si tratta – di assistere a quest’ultimo. È impresa ardua descrivere a parole la magia creatasi mentre l’Orchestra Filarmonica della Scala suonava le melodie immortali di Williams, nel silenzio e nella sospensione generale, mentre il Maestro dipingeva con la bacchetta le sfumature del proprio quadro. I sei secondi contati di silenzio alla fine dell’esecuzione del tema di “Schindler’s List”, divinamente eseguito dal primo violino Francesco De Angelis. L’esplosione di gioia dei circa 2mila presenti al bis a sorpresa della “Marcia imperiale” in “Star Wars”, unico momento in cui il pubblico, attento e rispettoso, si è sbottonato prima della fine di un’esecuzione. Delle standing ovation ho perso il conto. 5 premi Oscar, 52 candidature (con 25 vittorie) ai Grammy Awards, al secondo posto in assoluto tra i più nominati (il primo va nientemeno che a Walt Disney). In tutto John Williams è stato premiato 182 volte e nominato 321. Sue anche le musiche, tra gli altri, di capolavori quali “Lo Squalo”, “Superman”, “Indiana Jones”, “Hook”, “Harry Potter”. Eppure questo elenco di numeri e nomi non è in grado di quantificare l’apporto che ha saputo dare alla storia del cinema e della musica. Basti pensare all’impulso vitale ridato a quella sinfonica presso il grande pubblico dopo il successo planetario della saga di “Star Wars”, le cui partiture furono eseguite (fin dal debutto nei cinema) dalle orchestre di mezzo mondo. A concorrere alla creazione dell’alchimia unica delle sue musiche – oltre alle diverse contaminazioni e influenze, da Holst a Wagner – è l’utilizzo del leitmotiv, una delle chiavi di volta emozionali: tecnica che associa un gesto musicale (sia esso una melodia o una progressione di accordi) a un personaggio, a un luogo o a un concetto. Si pensi al tema della Forza, impalpabile sullo schermo ma così chiara e definita nell’universo emotivo degli spettatori. Un tempo la musica classica – opera o concerto che fosse, quando i compositori dirigevano le proprie composizioni davanti a teatri pieni di gente di ogni estrazione sociale – era sempre capace di emozionare nel profondo. Lo si ricordi a chi avrà storto il naso leggendo il nome di Williams associato alla Scala. «La calunnia è un venticello», facciamolo tacere.   di Federico Arduini

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