La libertà di Poor Things di Lanthimos
“Poor Things” di Yorgos Lanthimos ci offre uno sguardo non stereotipato attraverso le vicende di Bella, una bambina nel corpo di donna
La libertà di Poor Things di Lanthimos
“Poor Things” di Yorgos Lanthimos ci offre uno sguardo non stereotipato attraverso le vicende di Bella, una bambina nel corpo di donna
La libertà di Poor Things di Lanthimos
“Poor Things” di Yorgos Lanthimos ci offre uno sguardo non stereotipato attraverso le vicende di Bella, una bambina nel corpo di donna
“Poor Things” di Yorgos Lanthimos ci offre uno sguardo non stereotipato attraverso le vicende di Bella, una bambina nel corpo di donna
Il cammino di Bella Baxter è un viaggio verso la più acuta forma di libertà. Libertà di pensiero, di esplorazione del corpo e dei luoghi con l’ingenuità e la purezza di un bambino. Proprio perché presenta delle dinamiche irrazionali e oscure rispetto alla forma mentis degli adulti, così distante dalle strutture di carattere sociale, le persone (in particolare gli uomini che si affacciano alla sua vita) ne rimangono profondamente coinvolte e sconvolte.
“Poor Things” (Leone d’oro all’80esima Mostra del cinema di Venezia) è l’ultima lodata opera di Yorgos Lanthimos – regista greco di “The Lobster” e “La favorita” – una fiaba gotica candidata a undici premi Oscar, tratta dall’omonimo romanzo di Alasdair Gray, eclettico e visionario scrittore scozzese.
Emma Stone torna a lavorare con il regista vestendo i panni di una delle più straordinarie eroine che siano mai state raccontate e si supera in un’interpretazione che la vede candidata all’Oscar come migliore attrice protagonista. Bella Baxter è una bambina nel corpo di una donna, un esperimento del dottor Godwin Baxter che per farla rivivere – dopo il suo suicidio – le trapianta il cervello del bambino che la ragazza porta in grembo.
Bella impara a parlare, scopre il mondo e le persone, conosce il suo corpo e con quello – nell’andare avanti del tempo – conosce il piacere. Tutto sotto lo sguardo attento di Max McCandles, uno studente di Godwin Baxter che – dietro indicazione di questi – deve monitorarla, seguirla nella sua crescita quotidiana, appuntare di lei ogni cosa: le parole che impara, il cibo che mangia, la crescita dei capelli… Intanto se ne innamora.
Bella è curiosa, vuole uscire dalla sua casa, vuole partire. Comincia così il suo viaggio con Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo) che le dà accesso al mondo, a un miraggio d’indipendenza, diventa il mezzo attraverso cui Bella può godere dell’esplorazione. Ma Duncan cerca di dominarla, controllarla, possederla e in questo tentativo di conquista si sforza anche di capirci qualcosa su questa donna assurda che gli restituisce affermazioni spiazzanti e frastornanti. Completamente incarcerato dalla magnificenza della loro attività sessuale – dove Bella si esprime con stupore e instancabile passionalità («Non capisco perché le persone non facciano questo per tutto il tempo» dice) – lui perde il senno.
Viaggiamo da Lisbona ad Alessandria, da Marsiglia a Parigi intanto che Bella indaga il mondo, prende quello che vuole, si muove libera alla ricerca di appagamento. Si scopre anche nella veste di prostituta, si vende senza mai giudicarsi, il giudizio non è contemplato. Mangia e sputa ciò che la disgusta: «Perché tenerlo nella mia bocca se è rivoltante?». E lo fa anche seduta a tavola con persone altolocate. Bella non adotta un comportamento conforme alla morale collettiva, neppure lo conosce. Assapora la vita nel suo significato più puro e semplicemente si esprime catturata dalla bellezza, ma anche dalla miseria del mondo.
«Trovo che essere vivi sia affascinante», punto. Quale genere di presa si può esercitare sulla vita di Bella Baxter? Una soltanto: l’assenza di qualsiasi forma di costrizione, la separazione da ogni volontà di dominio. Ancora una volta Lanthimos si esprime in quello che è già considerato un cult, ci regala un capolavoro capace di un punto di vista mai stereotipato.
di Hilary Tiscione
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Tag: Cinema, spettacoli
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