La presenza di Egonu farà bene al Festival di Sanremo
La presenza di Egonu farà bene al Festival di Sanremo
La presenza di Egonu farà bene al Festival di Sanremo
È un passaggio importante la presenza dell’atleta forse più rappresentativa dello sport italiano al femminile degli ultimi anni, assieme a Sofia Goggia, dopo l’addio alle scene di Federica Pellegrini. Egonu è diventata un simbolo negli anni. Personalità forte, anche divisiva, ingombrante. Ai Mondiali, dove l’Italvolley ha centrato la medaglia di bronzo, c’è stato il suo sfogo dopo la sconfitta in semifinale con il Brasile, l’annuncio dell’ultima partita con la nazionale, la denuncia di aver subito l’ennesima offesa razzista. Alcune considerazioni sono state rilasciate a caldo dalla fuoriclasse veneta. Hanno fatto assai rumore, prima del suo trasferimento nel campionato turco, al Vakifbank di Istanbul.
Serve Paola Egonu sul palco di Sanremo, con la sua storia di successo nel volley italiano? Sì, serve. Forse non alla 24enne fuoriclasse della pallavolo italiana, la più forte del mondo e con una potenzialità mediatica che la kermesse sanremese può solo aiutare a moltiplicare, ma che già esiste. Forse, neppure al volley italiano, femminile e maschile, che negli anni, con trofei, medaglie, storie, si è preso il pubblico generalista. Si è preso le dirette televisive sui canali Rai per Europei e Mondiali.
Certo, Egonu a Sanremo è un rafforzativo sul peso specifico dello sport italiano all’interno del sistema-paese. Ci è andato Zlatan Ibrahimovic, due anni fa, ora trova spazio qualcosa di diverso dal calcio ed è solo un aspetto positivo.
Servirà soprattutto ricordare la storia di Paola. Dall’inizio alla fine, per tenere viva la questione dell’integrazione. Anche se ne venisse fatto un uso strumentale, non all’altezza del personaggio o del peso del Festival. Serve proprio per quello, per non lasciare andare via certi temi dal dibattito pubblico avvolto da accise, caro energia, il Reddito, la crescita economica. Per non dimenticare il doloroso percorso personale di chi, atleta o meno, è cresciuto in Italia da genitori stranieri, ha frequentato le scuole italiane dall’asilo, poi elementari, medie, licei, istituti professionali o altro, per poi dover attendere i 18 anni per quella cittadinanza. Che parla in italiano o in dialetto come o meglio dei nostri figli. Quel foglio di carta tardivo che spesso arriva dopo delusioni, bocconi da ingoiare, offese quotidiane da provare a dimenticare. Non ce ne sarebbe bisogno, nel 2023? Purtroppo nel nostro paese, c’è, eccome.
Sale sul palco del Festival, nulla le sarà perdonato. Sarà più sovraesposta di due anni fa, quando il CIO la scelse come portabandiera per i Giochi olimpici di Tokyo 2020, Egonu assieme ad altri quattro atleti, generando una tempesta di polemiche in Italia. Scelta per il colore della pelle, questa era la sintesi. In Italia, è risaputo, il Festival di Sanremo è come o più la nazionale italiana di calcio. È un pezzetto di tutti, costruito, realizzato con soldi pubblici. Ognuno si sentirà autorizzato a esprimersi, soprattutto dall’anonimato di una tastiera. Forse Paola sarà oggetto di offese, impossibile non ne sia consapevole. È avvenuto di recente, più volte, di certo in pochi mesi non siamo migliorati o si è fatto un passo in avanti sul tema dell’integrazione. Tra l’altro, il tema della cittadinanza italiana a chi è nato in Italia da genitori stranieri oppure che ha iniziato e chiuso in Italia il suo percorso di studi non è all’ordine del gioco del governo in carica. Non lo sarà certamente in futuro.
In Rete si leggono già commenti acidi, da chi si lamenta del presunto politically correct sulla scelta di Amadeus, oppure chi trova una contraddizione tra l’addio di Egonu all’Italia e la sua presenza all’Ariston. Forse andrà anche peggio. Anche per questo ricordare la sua storia da quel palco servirà. Eccome.
Di Nicola Sellitti
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