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Il cinema non è più sotto i riflettori

Le grandi produzioni puntano tutto sullo streaming mentre le sale cinematografiche annaspano. Scelta strategica o si è perso davvero il gusto di andare al cinema?
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Il cinema non è più sotto i riflettori

Le grandi produzioni puntano tutto sullo streaming mentre le sale cinematografiche annaspano. Scelta strategica o si è perso davvero il gusto di andare al cinema?
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Il cinema non è più sotto i riflettori

Le grandi produzioni puntano tutto sullo streaming mentre le sale cinematografiche annaspano. Scelta strategica o si è perso davvero il gusto di andare al cinema?
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Le grandi produzioni puntano tutto sullo streaming mentre le sale cinematografiche annaspano. Scelta strategica o si è perso davvero il gusto di andare al cinema?
Siamo davvero arrivati agli albori del cinema? Alcune dinamiche del panorama nazionale lo lasciano pensare. Ma andiamo per gradi. Il cinema, nel senso più tradizionale del termine, non si sta impegnando al massimo per mantenere il suo status di settima arte. Ma le ragioni di questo calo a tratti evidente, dove vanno ricercate? La riflessione parte da tutti quei film che per forza di cose, in epoca Covid, non hanno potuto veder la luce di un proiettore ma solo di un monitor nelle nostre case. La programmazione cinematografica è totalmente slittata. Sono molti i film usciti tenacemente nelle sale ma con estremo ritardo rispetto alla tabella di marcia, produzioni interrotte e ancora di più i film che hanno invece “ripiegato” su piattaforme streaming. Prime fra tutte Disney+ e Netflix.

Le scelte di Disney+

La prima ha prodotto e diffuso l’italianissimo “Luca”, il primo cartone animato in cui le vicende del protagonista si svolgono nel nostro Bel Paese, nella Riviera Ligure nello specifico. Trasmesso in prima il 18 giugno su Disney+ non ha mai messo piede nelle sale cinematografiche ma ha scelto di essere fruibile solo previo abbonamento. Sulla pagina Facebook del colosso statunitense non sono mancate le critiche sulla scelta di bypassare le sale cinematografiche, a prova del fatto che per alcuni prodotti ci si aspetti una tradizionale uscita in sala e, solo in un secondo momento, modalità diverse di fruizione come DVD e streaming, appunto.

L’avanzata di Netflix

La seconda è Netflix che negli ultimi anni ha optato per uno slancio esponenziale non solo nell’acquisto di diritti di serie tv (da cui è partito il suo ingresso nel mercato dal 2008) o film ma per una produzione autonoma di quelli che vengono poi schedati come “originali Netflix”. Piani di vera e propria conquista del territorio. Fra questi figurano – per citarne solo alcuni: “Roma” di Alfonso Cuarón, vincitore del Leone d’Oro al Festival del Cinema di Venezia nel 2018; “The Irishman” (2019), ultimo film di Martin Scorsese con Robert De Niro, Joe Pesci e Al Pacino; “I due Papi”(2019) con Jonathan Pryce e Anthony Hopkins; “Storia di un matrimonio” (2019) con Adam Driver e Scarlett Johansson. Prodotti di finissima qualità e con budget da capogiro.

“È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino è firmato Netflix 

Tra i film in gara al Festival del Cinema di Venezia, tra più attesi c’è sicuramente “È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino: un film definito da lui stesso autobiografico e che lo riporta a Venezia dopo 20 anni esatti da “L’uomo in più”. La produzione, nonché la distribuzione, è di Netflix Italia. Ciò significa che il film sarà proiettato nelle sale per un tempo limitato per “gentile concessione” della casa di produzione The Apartment Netflix. A conti fatti, i colossi streaming guidano l’intero mercato audiovisivo non più acquistando unicamente ex post prodotti per rimpinguare la propria lista e far gola ai nuovi utenti ma procedendo all’ideazione, creazione e produzione ex ante di film e serie tv.

Il cinema oggi

Un po’ come la carta stampata, qualcuno lo dà per spacciato già da anni. La pandemia lo ha ridotto ad una condizione di stasi: sale cinematografiche medie o piccole chiuse per mesi in balia di decreti e di produzioni rallentate e/o ferme. Ma la pandemia non può né dev’essere un alibi. Il cinema soffre già da anni perché non riesce a seguire il cambiamento del mondo moderno. Non è in grado di attirare i giovani con proposte al passo coi tempi; non è in grado di coinvolgere le famiglie, scoraggiate da un prezzo complessivo per i biglietti davvero troppo elevato. Certo, come in tutte le cose, bisognerebbe informarsi: i costi fissi per il mantenimento base di un cinema sono elevatissimi, per non parlare di quelli di produzione di un prodotto cinematografico. Molte sale medio-piccole hanno ottenuto un discreto successo puntando su film di vecchia produzione, sui grandi classici o produzioni indipendenti. Gli incassi dei film proiettati nelle sale e già acquistati dalle piattaforme streaming risultano comunque confortanti: ciò significa che per la stragrande maggioranza delle persone le due esperienze di visione non sono in competizione. Ma il mercato è guerra, si sa. Il medium cinematografico dev’essere però salvato a tutti i costi: fa parte della nostra cultura al pari di un’opera d’arte. Sembra impossibile pensarlo oggi come un hobby elitario se pensiamo invece che, per la sua potenza e forza persuasiva, è stato utilizzato agli albori del fascismo in Italia come strumento di propaganda delle masse. Il cinema è, prima di tutto, un’esperienza che nessuno schermo casalingo potrà sostituire: è aggregazione, concentrazione, socializzazione. È il momento magico dell’incontro fra l’uomo e la pellicola. Fa parte però di un mercato, mercato con le sue regole basate sulla logica del più forte che uccide il più debole: non c’è altro modo di sopravvivere al futuro che accettarlo e cavalcarlo. L’auspicio è che il cinema resti quello magistralmente descritto da Giuseppe Tornatore nel suo “Nuovo Cinema Paradiso” (1988); fu grazie a quella pellicola che ne capii il potere e la fascinazione. “Qualunque cosa farai, amala, come amavi la cabina del Paradiso” diceva Alfredo in quel capolavoro senza tempo di Tornatore. Direi che è giunto anche il momento che il cinema inizi ad amare un po’ più se stesso.  

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