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La Scala apre la stagione con la “Lady Macbeth”: l’opera messa al bando da Stalin

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Quando Dmitrij Šostakovič compose “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, probabilmente non immaginava che quell’opera avrebbe continuato a scuotere sensibilità e istituzioni per quasi un secolo

Lady Macbeth

La Scala apre la stagione con la “Lady Macbeth”: l’opera messa al bando da Stalin

Quando Dmitrij Šostakovič compose “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, probabilmente non immaginava che quell’opera avrebbe continuato a scuotere sensibilità e istituzioni per quasi un secolo

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La Scala apre la stagione con la “Lady Macbeth”: l’opera messa al bando da Stalin

Quando Dmitrij Šostakovič compose “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, probabilmente non immaginava che quell’opera avrebbe continuato a scuotere sensibilità e istituzioni per quasi un secolo

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Quando Dmitrij Šostakovič compose “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, probabilmente non immaginava che quell’opera (un vortice di desiderio, violenza, ribellione femminile e critica sociale) avrebbe continuato a scuotere sensibilità e istituzioni per quasi un secolo. Oggi, quell’esplosione drammatica torna al centro della scena inaugurale della Scala, scelta che segna un punto di svolta nella programmazione del teatro milanese.

Oggi, per la prima volta da quando è stato nominato sovrintendente, Fortunato Ortombina assisterà all’inaugurazione della stagione 2025/2026. E non nasconde il proprio entusiasmo: «Sottoscrivo pienamente questa decisione. È un’opera che avrei sicuramente scelto per un 7 dicembre: una novità assoluta per la Prima di Sant’Ambrogio e un cambio di registro importante». Una dichiarazione che fotografa bene la portata culturale della scelta: proporre Šostakovič alla Scala nella serata più simbolica dell’anno significa scommettere su un linguaggio potente, politico, moderno.

L’opera sarà diretta da Riccardo Chailly, con la regia di Vasily Barkhatov, trasmessa in diretta su Rai1 e proiettata in 30 luoghi della città grazie alla collaborazione con Edison. Il pubblico ha già decretato il successo: sold out da settimane, quasi duemila spettatori attesi e un incasso record di 2,8 milioni di euro, superiore a quello dello scorso anno nonostante i prezzi siano rimasti invariati. L’anteprima riservata agli under 30 ha confermato l’interesse delle nuove generazioni, spesso considerate lontane dal repertorio del Novecento più duro.

Katerina Izmajlova, icona tragica di una Russia violenta

Al centro della vicenda c’è Katerina Izmajlova, giovane donna prigioniera di un matrimonio senza amore e delle prepotenze di un suocero violento. La passione clandestina per il garzone Sergej innesca una spirale di omicidi e vendette che travolge tutti, fino al finale disperato. Šostakovič, che firmò anche il libretto tratto da Leskov, pensò quest’opera come la prima parte di un trittico dedicato alla condizione femminile nella storia russa: un progetto interrotto bruscamente dalla censura staliniana.

Alla sua doppia prima del 1934 a Leningrado e Mosca, “Lady Macbeth” esplose come un fenomeno. Il realismo crudo, le scene erotiche trattate senza filtri, l’energia orchestrale, l’ironia e la critica sociale conquistarono il pubblico. In due anni si contarono duecento recite: un successo che le memorie di Galina Vishnevskaya definiscono “clamoroso e scandaloso”.

Ma il vento politico cambiò rapidamente. Alla metà degli anni Trenta il regime chiedeva arte edificante, eroi positivi e finali ottimistici. L’opera di Šostakovič, al contrario, rivelava la brutalità del potere, l’oppressione sociale, la violenza domestica. Dopo una rappresentazione alla quale Stalin assistette personalmente, il colpo di grazia arrivò: un breve ma micidiale articolo sulla “Pravda” bollò l’opera come “pornofonia”, ordinandone la rimozione dal repertorio. Il compositore entrò così in un lungo periodo di isolamento artistico.

Solo nel 1963, in epoca kruscioviana, Šostakovič accettò di supervisionare una versione emendata, “Katerina Ismailova”: meno aspra, più conciliatoria, epurata degli elementi più scandalosi. Una versione che molti critici considerano più docile, priva dell’urgenza tragica e dell’impatto che avevano reso l’originale un capolavoro scomodo.

Portare alla Scala l’opera nella sua forma originaria non è solo un omaggio al genio di Šostakovič: è una scelta precisa. “Lady Macbeth” racconta una donna che si ribella al potere patriarcale e un artista che sfida la censura del regime. È un’opera che parla di oppressione, abuso, responsabilità, desiderio di libertà. Un’opera che, oggi come allora, ha il merito di non lasciare indifferenti.

Con questa scelta, la Scala inaugura la stagione guardando avanti: non con il rassicurante, ma con il necessario. E ribadisce che il teatro d’opera ha ancora il potere di dialogare con la storia e con il presente, tenendo viva quella tensione critica che è il cuore stesso dell’arte.

di Federico Arduini

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