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Hanno ucciso l'Uomo Ragno

La serie “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”, un tuffo negli anni ’90

“Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883” (disponibile su Sky e Now Tv) si è rivelata una serie adorabile e magnetica

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La serie “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”, un tuffo negli anni ’90

“Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883” (disponibile su Sky e Now Tv) si è rivelata una serie adorabile e magnetica

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La serie “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”, un tuffo negli anni ’90

“Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883” (disponibile su Sky e Now Tv) si è rivelata una serie adorabile e magnetica

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“Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883” (disponibile su Sky e Now Tv) si è rivelata una serie adorabile e magnetica

La maggior parte delle persone nate tra gli anni Settanta e Ottanta conosce gli 883 e probabilmente ha apprezzato alcune delle loro canzoni. Nessuno però desiderava vedere una serie tv sulla loro vita perché sì, sono bravi, ma la storia di quei due ragazzi di Pavia non sembra così straordinaria da meritare una rappresentazione cinematografica. Invece no, l’inattesa “Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883” (disponibile su Sky e Now Tv) si è rivelata una serie adorabile e magnetica, un racconto di amicizia, passioni, sentimenti, sogni e delusioni; una storia a suo modo eccezionale e allo stesso tempo abbastanza normale da potercisi riconoscere.

Siamo nella Pavia di fine anni Ottanta, Massimo Pezzali (impersonato da Elia Nuzzolo) è un impacciato studente di liceo che è appena stato bocciato, un ragazzo con la passione per la musica punk e il sogno di suonare, pur non essendo bravo con nessuno strumento e non conoscendo persone con cui formare un gruppo. Tra una sfiga e l’altra le cose cominciano a cambiare quando incontra Mauro Repetto (Matteo Oscar Giuggioli), un ragazzo anche lui impacciato ma molto più disinvolto e a suo modo intraprendente, animato dal sogno di fare il deejay. I due sono acerbi ma hanno talento e, stimolandosi a vicenda, riusciranno a creare delle canzoni in grado di mettere la noia della vita giovanile della provincia di Pavia in sintonia con quella di tutta Italia, diventando gli 883.

Intorno alla dinamica dell’avventura di Max e Mauro ruotano una serie di personaggi secondari che portano lo spettatore all’interno del mondo dei due protagonisti, a comprendere i tormenti, i desideri e le aspirazioni delle persone che li circondano. Elementi che diventeranno il nucleo della poetica che ha reso unici gli 883; quel misto di sfiga assoluta e sogni, di cazzeggio provinciale ed entusiasmo ingiustificato, che ha dato vita a canzoni rimaste nella memoria di un’intera generazione. Il creatore della serie è Sydney Sibilia, sceneggiatore e regista della trilogia “Smetto quando voglio” e di “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose”. L’autore ha colto alla perfezione l’essenza degli 883 riempiendo la serie di piccoli elementi evocativi che diventano parte del racconto: la birra scura presente nel testo di “Non me la menare”, l’amico Cisco con le sue grezze perle di saggezza (un ottimo Davide Calgaro), l’incontro di Max e Mauro con Claudio Cecchetto e altri artisti poi diventati famosi.

L’effetto nostalgia su cui gioca Sibilia non consiste nel riprodurre una dietro l’altra le canzoni degli 883 ma nel mettere in scena le dinamiche di un’epoca senza Internet e cellulari, in cui ragazzi e ragazze si facevano telefonate a casa senza sapere chi avrebbe risposto, si cercavano in giro, aspettavano mesi per ascoltare o vedere un artista comprando un disco o rimediando una videocassetta. Nelle otto puntate della serie la rievocazione dei momenti iconici del successo degli 883 è ridotta al minimo indispensabile, tant’è che prima di ascoltare le hit più importanti passano diversi episodi. Una scelta azzeccata, che amplifica l’impatto del momento in cui arrivano.

L’unico vero difetto può essere identificato nella recitazione un po’ sopra le righe dei due protagonisti, che a volte li rende troppo grotteschi e ripetitivi, senza tuttavia rovinare nessun momento del racconto. “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” è una splendida commedia che può piacere a tutti, quasi una fiaba, con i suoi toni leggeri e un’anti-epica che risulta universale nel linguaggio, esattamente come le canzoni degli 883.

di Federico Bosco

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