La strano caso dei “The Monkees” e della loro “I’m a Believer”
Storia del quartetto anti-Beatles, nato grazie a un annuncio sui giornali, e di un successo lungo 50 anni con lo zampino dell’orco Shrek
La strano caso dei “The Monkees” e della loro “I’m a Believer”
Storia del quartetto anti-Beatles, nato grazie a un annuncio sui giornali, e di un successo lungo 50 anni con lo zampino dell’orco Shrek
La strano caso dei “The Monkees” e della loro “I’m a Believer”
Storia del quartetto anti-Beatles, nato grazie a un annuncio sui giornali, e di un successo lungo 50 anni con lo zampino dell’orco Shrek
Storia del quartetto anti-Beatles, nato grazie a un annuncio sui giornali, e di un successo lungo 50 anni con lo zampino dell’orco Shrek
A metà degli anni ‘60 il mondo della discografia statunitense era alle prese con una vera e propria rivoluzione portata avanti con forza da 4 ragazzi di Liverpool. Mentre alcuni avevano già preso coscienza che nulla sarebbe più stato come prima, furono in molti ad essere letteralmente presi in contropiede dalla “Beatlemania”. Tra questi c’era Don Kirshner, un produttore attivo dalla seconda metà degli anni ‘50 che aveva lavorato con artisti del calibro di Carole King e Gerry Goffin.
Nonostante il primo momento di smarrimento, Kirshner decise di reagire e iniziò a pensare ad una possibile alternativa, ad una risposta, ai Beatles. Riunì quindi una schiera di giovani e promettenti autori come Neil Diamond e Bobby Hart e tramite una serie di annunci sui giornali formò il suo quartetto anti-Beatles, puntando soprattutto sul bell’aspetto di questi ragazzotti che chiamò i “The Monkees”, formati da Mike Nesmith (voce e chitarra), Micky Dolenz (voce e batteria), Peter Tork (basso e voce) e Davy Jones (voce e percussioni).
L’ascesa
La prima parte della sfida si giocò in televisione. Per rispondere ai film come “A Hard Day’s Night” o “Helpǃ” vennero prodotti dei telefilm, trasmessi dalla NBC, che furono subito un successo, rivelandosi un metodo perfetto per lanciare i nuovi singoli del quartetto. Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare però, in questa fase, i membri della band recitavano sì nella serie, ma non suonavano nei dischi: a registrare i brani erano degli sconosciuti session man. A contare era solo l’aspetto commerciale dell’operazione. Serviva però un brano, una canzone che potesse scalare le classifiche e consolidare il successo dei Monkees. Ed è qui che la penna di Neil Diamond si rivelò decisiva. Tra i brani che aveva scritto anni prima ce n’era uno che nelle mani dei The Monkees sarebbe diventato un successo planetario: “I’m a Believer”. La canzone, pubblicata a fine dicembre 1966, raggiunse la prima posizione della Billboard Hot 100 e ci rimase per ben 4 settimane, diventando uno dei pochi singoli nella storia ad aver venduto almeno 10 milioni di copie. Molti ricorderanno la versione cantata dagli Smash Mouth insieme ad Eddie Murphy per la colonna sonora del film “Shrek” del 2001. In quell’occasione venne scelta per via della frase iniziale “thought love was only true in fairy tales” (Pensavo che l’amore vero esistesse solo nelle fiabe), perfetta per la trama del film. Insieme ad “All Star” ed “Hallelujah” , “I’m a Believer” visse una vera e propria seconda giovinezza! di Federico ArduiniLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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