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Giorgio Scorza

La “zona franca” di Zerocalcare, parla Giorgio Scorza

“Questo mondo non mi renderà cattivo”, la seconda serie firmata Zerocalcare su Netflix, è stata un successo. Ne parliamo con il co-produttore e co-regista Giorgio Scorza
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La “zona franca” di Zerocalcare, parla Giorgio Scorza

“Questo mondo non mi renderà cattivo”, la seconda serie firmata Zerocalcare su Netflix, è stata un successo. Ne parliamo con il co-produttore e co-regista Giorgio Scorza
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La “zona franca” di Zerocalcare, parla Giorgio Scorza

“Questo mondo non mi renderà cattivo”, la seconda serie firmata Zerocalcare su Netflix, è stata un successo. Ne parliamo con il co-produttore e co-regista Giorgio Scorza
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“Questo mondo non mi renderà cattivo”, la seconda serie firmata Zerocalcare su Netflix, è stata un successo. Ne parliamo con il co-produttore e co-regista Giorgio Scorza
Ancora successo per Zero – insieme a Sarah, Secco, l’Armadillo e al nuovo personaggio Cesare – in “Questo mondo non mi renderà cattivo”, serie trasmessa su Netflix e prodotta da Movimenti Production in collaborazione con Bao Publishing. La seconda stagione pensata da Michele Rech (alias Zerocalcare) affronta temi politici importanti con maggiore libertà. «Non si poteva soffocare la voce di Michele» dice Giorgio Scorza, ceo di Movimenti Production, co-produttore e co-regista insieme a Davide Rosio. «È un autore che parla liberamente delle sue posizioni politiche attraverso lo sguardo di un cittadino che fa dell’impegno sociale una parte consistente della sua vita. Durante il lavoro sulla sceneggiatura e sugli storyboard eravamo nel periodo immediatamente precedente all’invasione russa dell’Ucraina, gli argomenti trattati li respiravamo ogni giorno. L’attualità riesce a essere più fantasiosa dell’invenzione». Scorza osserva che il linguaggio dell’animazione «ti permette di trattare gli argomenti con una certa libertà iperbolica, senza che questo contraddica il messaggio di fondo. Per esempio, per la scena dell’arrivo dei migranti a Tor Sta Ceppa abbiamo scelto un linguaggio in stop motion lavorando su pacchi da trasporto veri (le persone vengono trattate come pacchi, dice la voce di Zerocalcare): questo ci serve a far passare dei messaggi ‘pesanti’ con una lingua di natura quasi didascalica, anche infantile, che aiuta ad affrontare certe tematiche». Oggi è sempre più complesso parlare in maniera semplice, gli autori si autocensurano nella paura di essere disapprovati. «Il prodotto artistico non può essere sempre compromesso dal fatto che qualcuno si offenderà a seconda di come le cose vengono dette. L’equilibrio è complicato e Michele è molto bravo in questo, riesce a mettere le parole in bocca ai personaggi giusti. Se si analizza in modo più ampio il mondo dell’audiovisivo non soltanto italiano – penso anche e soprattutto a quello americano – colpisce come tutte le serie in cui il linguaggio sia più volgare e sboccato siano quasi sempre in animazione. Come se ci fosse una “zona franca” quando si tratta di animazione, come se si tendesse a pensare “intanto non è vero”. Invece le persone si immedesimano in queste serie, non le guardano perché amano i cartoni animati». Nel doppiaggio torna la voce di Valerio Mastandrea (che interpreta l’Armadillo, imprescindibile coscienza di Zerocalcare) e si affaccia Silvio Orlando nella parte del detective della Digos. «Michele fa le ‘vocette’ di ogni singolo personaggio e ci permette di capire ognuno di loro. Una volta approvato il materiale degli animatic, andiamo in sala di doppiaggio e registriamo le voci definitive» spiega Scorza. Non manca un grande lavoro sulla musica; nei sei episodi che danno vita alla serie sono state fatte delle scelte importanti: dai Counting Crows agli Hanson, dagli 883 ai Cigarettes After Sex. «Michele Rech scrive in sceneggiatura già i brani che immagina per certe scene, io da produttore cerco in tutti i modi di ottenerli. Per esempio non ho voluto rinunciare agli Oasis, così come a “Perfect Day” di Lou Reed». Più di trecento persone hanno lavorato a questo progetto. «Non siamo mai in disaccordo» sorride Scorza con un certo orgoglio. «C’è vicinanza dal punto di vista culturale e anagrafico. Michele è decisamente unico: sa fare bene tante cose, così come è capace di riconoscere la professionalità degli altri. La stessa cosa la applica anche rispetto al lavoro che abbiamo fatto io e Davide Rosio in regia. Ha una grande qualità, fra le altre: è capace di lasciar fare, poi guarda alla fine. Lavorare con una persona di grande talento fa tirar fuori il meglio a tutti quanti». di Hilary Tiscione

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