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Liam e Noel, una vita supersonica

Ritorna al cinema il documentario “Oasis: Supersonic” di Whitecross a partire da domani 16 settembre

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Liam e Noel, una vita supersonica

Ritorna al cinema il documentario “Oasis: Supersonic” di Whitecross a partire da domani 16 settembre

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Liam e Noel, una vita supersonica

Ritorna al cinema il documentario “Oasis: Supersonic” di Whitecross a partire da domani 16 settembre

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Ritorna al cinema il documentario “Oasis: Supersonic” di Whitecross a partire da domani 16 settembre

A giugno scorso Liam Gallagher lo aveva promesso: «Se il Manchester City vince la Champions League chiamo mio fratello e riporto la cazzo di band insieme». Il City ovviamente ha vinto e, non meno ovviamente, ad agosto la promessa è stata mantenuta. «È così, sta succedendo», firmato: Oasis.

A 15 anni dallo scioglimento, Liam e Noel Gallagher saranno di nuovo insieme sul palco in 14 date tra Inghilterra e Irlanda. L’annuncio del tour nel 2025 è diventato un fenomeno sociale. File interminabili, siti per i biglietti in tilt, prezzi gonfiati. Sul tema si sono esposti persino il primo ministro inglese Keir Starmer, la ministra della Cultura Lisa Nandy e addirittura la Commissione europea per considerare l’introduzione di nuove norme sul ticketing. Ma la band ha spiegato di non sapere del prezzo ‘dinamico’. Gli Oasis ovunque si muovono travolgono tutto.

Per prepararsi alla reunion, ritorna in molti cinema solo il 16 settembre (in altri anche 17 e 18) il primo documentario ufficiale sui fratelli Gallagher, del 2016: “Oasis: Supersonic” del regista Mat Whitecross. Il lungometraggio racconta Noel e Liam negli anni Novanta ripresi durante la loro rapida e tumultuosa ascesa verso il successo mondiale. «Condivido il punto di vista di Umberto Eco, secondo cui Noel Gallagher è un poeta e Liam un banditore cittadino (town crier) e questa per me è una combinazione perfetta». Riassume così gli Oasis un giovanissimo e sconosciuto Peter Doherty (per anni fidanzato di Kate Moss, fondatore dei Libertines) intervistato per caso da Mtv mentre è in fila per comprare il loro terzo album, “Be Here Now”.

Una definizione perfetta, la cui precisione emerge dal documentario di Whitecross. Sobborghi di Manchester, risse, droga e alcol. Gli Oasis sono come una Ferrari che va fuori strada. Sono Caino e Abele, Romolo e Remo. Liam e Noel creano e distruggono. Noel alza quel muro sonoro che esplode appena Liam inizia a cantare.

Un film crudo che non addolcisce la realtà di quei tre anni in cui, da ennesima rock band britannica emergente, gli Oasis diventano un culto di massa. Filmati amatoriali, disegni animati, backstage e le voci fuori campo dei Gallagher – senza le solite interviste all’interno di qualche bel salotto – lasciano intatta le loro energia e aggressività artistica (e non solo) e riescono così a emergere momenti intimi, anche dolci e inediti. Viene affrontato il non rapporto con un padre violento, una mamma sola a crescere tre figli (c’è un terzo fratello, Paul), «di cui uno è Liam…» precisa lei.

Facendo rivivere l’atmosfera musicale e sociale di quegli anni, pre-talent, ancora sporca e genuina, la pellicola si concentra principalmente sugli esordi, dal 1993 al 1996. Da quel quartiere popolare di Manchester a uno più grandi concerti di tutti i tempi a Knebworth, con oltre 250mila spettatori in due date e altri 2 milioni di persone in cerca di biglietti. Ma prima di arrivare su quel palco in neanche tre anni, gli Oasis è come se avessero vissuto cento vite. Dall’Irlanda, per il Giappone, fino ai quasi fatali Stati Uniti e di ritorno nella loro Manchester con il concerto a Maine Road, il vecchio stadio ormai demolito del loro Manchester City. E infine, Knebworth. Dopo quel concerto la band si chiede se quella sarebbe stata la fine di tutto, il punto più alto, e dove sarebbe stata tra qualche decennio. La risposta è arrivata.

di Edoardo Iacolucci

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