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Licorice Pizza, il film antidoto all’ipocrisia made in Hollywood

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Passato in sordina agli ultimi Oscar, Licorice Pizza, ambientato durante la crisi energetica degli anni ‘70, sembra parlare proprio della Hollywood dei tempi andati, di un’epoca fatta di possibilità e meno ipocrisia. Nel cast anche Bradley Cooper e Sean Penn.

Licorice Pizza, il film antidoto all’ipocrisia made in Hollywood

Passato in sordina agli ultimi Oscar, Licorice Pizza, ambientato durante la crisi energetica degli anni ‘70, sembra parlare proprio della Hollywood dei tempi andati, di un’epoca fatta di possibilità e meno ipocrisia. Nel cast anche Bradley Cooper e Sean Penn.
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Licorice Pizza, il film antidoto all’ipocrisia made in Hollywood

Passato in sordina agli ultimi Oscar, Licorice Pizza, ambientato durante la crisi energetica degli anni ‘70, sembra parlare proprio della Hollywood dei tempi andati, di un’epoca fatta di possibilità e meno ipocrisia. Nel cast anche Bradley Cooper e Sean Penn.
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Gli Oscar 2022 avrebbero dovuto intrattenere, provare ad alleggerire gli animi, in momenti così bui e tormentati come quelli che stiamo vivendo. E invece abbiamo assistito a una Hollywood ipocrita, in preda a istinti animaleschi, in contrasto con una patinata visione della classe elitaria che applaude sorridente e segue le regole del gioco. Eppure, quando ancora non erano così noti, quegli stessi volti facevano la coda ai provini per ricevere rifiuti uno dopo l’altro, pagandosi gli studi in una delle facoltose scuole di recitazione, lavorando come camerieri “solo fino a quando non ottengo la parte”. Molti di loro, non proprio tutti. Quella Hollywood sembra essersi dimenticata da dove si comincia, cosa sia diventata negli ultimi 40 anni, quale sia il vero scopo di fare cinema, ovvero narrare una realtà fedele o possibile.  Sarà per questo che il regista Paul Thomas Anderson (Magnolia, The Master, Il filo nascosto) ha voluto ricordarlo nel suo film, offrendo la visione di una periferia oggi quasi inesistente. Licorice pizza, candidato nelle categorie miglior film, miglior sceneggiatura originale e miglior regia, è passato quasi inosservato in questa edizione.  Ambientato nella San Fernando Valley degli anni 70, uno dei quartieri residenziali al di là delle colline di Hollywood – che certamente ne subisce il fascino e ne condivide spesso le personalità – osserviamo due personaggi, Alana e Gary (gli esordienti Alana Haim e Cooper Hoffman, figlio del talentuoso e rimpianto Philip Seymour Hoffman) che iniziano a condividere esperienze di vita insieme Lei 25 anni, lui 15 e follemente innamorato a prima vista della giovane più grande di dieci anni. Lei statica nel suo smarrimento da ventenne, accompagnato da una famiglia ebrea particolarmente giudicante, lui fin troppo maturo e determinato, sfacciato e ottimista con appena alle spalle una carriera da attore bambino. Nessuna possibilità che i due finiscano insieme: l’età, l’attitudine, la coinvolgente routine degli anni 70, dove la musica padroneggia le strade e la voglia di cambiamento rende essenziale l’attivismo. Eppure qualcosa c’è e tutti sembrano notarlo tranne i protagonisti. Una commedia delicata, essenziale, capace di mostrare l’amore e i suoi stratagemmi senza offrire una chiave, ma solo il percorso.  A renderla speciale però, è quella determinata nostalgia che ti riporta a pensare a quando il mondo potevi davvero cambiarlo. Osservando Gary reinventarsi con faccia tosta e risolutezza, passando dal lavoro come attore, fino a improvvisarsi imprenditore tra materassi ad acqua e sale giochi, viene voglia di mandare tutto all’aria. Si sorride tanto, a tratti viene da chiudere gli occhi e lasciarsi semplicemente travolgere dal ritmo incessante, dai colori di quei sobborghi ancora poco ingombrati da costruzioni e catene di fast food, dalla necessità di fare qualcosa per davvero perché altrimenti non ha senso esistere. Quei sobborghi però sono gli stessi dove si rischia di rimanere incastrati quando nel 1973 la crisi energetica porta a un aumento sostanzioso del prezzo al barile e l’embargo petrolifero limitando gli spostamenti della popolazione.  Un episodio delicato diventa un pretesto per parlare di possibilità – spesso improbabili come ritrovarsi a trasportare un materasso nella casa di Barbara Streisand – guidando un furgone senza benzina semplicemente facendolo scivolare dalle colline (divertentissima la partecipazione di Bradley Cooper che in pochi minuti porta in scena un personaggio atroce ma difficile da dimenticare). Oppure recitare in un film accanto a Sean Penn che interpreta un attore di successo decisamente egocentrico forse proprio in riferimento a quella tanto ambita e odiata Hollywood.  Quello che è certo è che Paul Thomas Anderson sa perfettamente cosa manca a questo mondo e ce lo mostra con nostalgia ma anche autenticità in un film che è un piccolo gioiello e che forse, in questa stagione di diamanti, lo scopriremo tra qualche tempo quando riaprendo il portagioie avremo voglia di una piccola e discreta perla. di Elena Bellanova

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