Live Aid: il suono di un’era nel libro di Gabriele Medeot
I 40 anni dal leggendario Live Aid, probabilmente il più grande evento musicale del secolo scorso

Live Aid: il suono di un’era nel libro di Gabriele Medeot
I 40 anni dal leggendario Live Aid, probabilmente il più grande evento musicale del secolo scorso
Live Aid: il suono di un’era nel libro di Gabriele Medeot
I 40 anni dal leggendario Live Aid, probabilmente il più grande evento musicale del secolo scorso
Fra gli anniversari musicali più significativi di quest’anno è impossibile non ricordare quello che cade proprio domani, 13 luglio: i 40 anni dal leggendario Live Aid, probabilmente il più grande evento musicale del secolo scorso. Oltre 16 ore di musica non-stop, due palchi (a Londra e Philadelphia) collegati fra loro da 16 satelliti, più del 90% delle televisioni mondiali sintonizzate e un cast di oltre 70 artisti: da Paul McCartney ai Queen, da David Bowie ai Led Zeppelin, passando per Madonna, U2 e tanti altri. Praticamente tutto il meglio che la musica internazionale potesse offrire in quel momento si era riunito per raccogliere fondi a favore dell’Etiopia, devastata da una terribile carestia. Un affresco potente di un’epoca in cui la musica sembrava davvero poter cambiare il mondo.

Per celebrare questo anniversario, lo scorso 4 luglio è uscito “Live Aid: Il suono di un’era. Gli anni Ottanta e il sogno di un mondo migliore” (Tsunami Edizioni), il nuovo libro di Gabriele Medeot, musicista e storyteller con oltre trent’anni di esperienza. Un volume che va a fondo non soltanto nella cronaca di quel giorno irripetibile, ma anche nella cultura, nella musica e nello spirito di un decennio. Spiega Medeot: «Il Live Aid fu un punto di svolta. Lo è stato per me, per la musica e per quel periodo storico. Dopo quella sera, nulla fu più come prima». Il libro mescola racconti, ricordi e riflessioni personali: «Se guardo al me stesso di allora, sognavo il pianoforte da sempre. La musica era una presenza naturale nella mia vita. Eppure quel bambino rimase folgorato davanti al televisore. Non capivo esattamente cosa stesse succedendo, ma percepivo che era qualcosa di enorme. Col tempo ho capito che quella cosa mi apparteneva. Gli artisti del Live Aid, l’energia, la musica, l’esempio sono diventati fari. Mi hanno sempre ‘tenuto in bolla’, come si dice».
Non fu soltanto un concerto, ma un vero giro di boa per un’epoca intera. «Gli anni Ottanta iniziano davvero soltanto alla metà di quel decennio, perché fino al 1983 in fondo eravamo ancora dentro gli anni Settanta. E si chiudono già un paio d’anni dopo: da lì in poi eravamo di fatto già negli anni Novanta» ragiona Medeot. Durante la scrittura del libro l’autore è rimasto colpito da molte scoperte: «Scrivere è stata una terapia. Come in un percorso terapeutico, mi sono confrontato con il me stesso di allora, con gli occhi di oggi. Ho scoperto per esempio che il Live Aid era inizialmente previsto per un’altra data, ma anche tutte le difficoltà tecniche che ci furono quel giorno. Tantissimi artisti ebbero problemi tecnici seri, eppure nessuno si fermò, nessuno si lamentò: penso a Paul McCartney che canta e suona due minuti ‘al buio’, senza che nessuno possa sentirlo perché il suo microfono non funziona. Nessuna scenata, nessun ego. Soltanto musica. Soltanto messaggio».

Inevitabile il confronto con l’oggi, con un mondo che fatica a produrre un evento del genere, nonostante i mezzi e le emergenze globali non manchino. Perché non c’è stato un nuovo Live Aid? La risposta di Medeot è chiara e lucida: «Viviamo una crisi profonda, sociale, culturale e umana. Eppure non riusciamo a fare qualcosa di davvero determinante. Perché? Perché credo che il momento storico sia maturo per qualcosa di grande. Ma noi esseri umani non lo siamo. E non so se torneremo a esserlo, anche se spero di sbagliarmi». E l’invito va a chi oggi ha l’età che avevano gli artisti di allora: «Nel 1985 avevano tra i 28 e i 40 anni. Erano giovani, consapevoli, capaci di sognare. I grandi della musica furono capaci di radunarsi e hanno fatto la storia. Chi dovrebbe farlo oggi? Gli artisti della nostra epoca, quelli che rappresentano i giovani. Ma qui qualcosa si è incrinato. Non per colpa loro, sia chiaro, ma perché siamo figli del nostro tempo. E oggi abbiamo e produciamo la musica che ci meritiamo».
di Federico Arduini
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