Lo streaming suona male, intervista a Donatella Rettore
Donatella Rettore non ha dubbi, per molti artisti italiani è difficile avere successo all’estero: “La colpa è dello streaming”
Lo streaming suona male, intervista a Donatella Rettore
Donatella Rettore non ha dubbi, per molti artisti italiani è difficile avere successo all’estero: “La colpa è dello streaming”
Lo streaming suona male, intervista a Donatella Rettore
Donatella Rettore non ha dubbi, per molti artisti italiani è difficile avere successo all’estero: “La colpa è dello streaming”
Donatella Rettore non ha dubbi, per molti artisti italiani è difficile avere successo all’estero: “La colpa è dello streaming”
Ironica, pungente, controcorrente. Potrebbero esser molti gli aggettivi adatti a descrivere Donatella Rettore, consapevoli che difficilmente si riuscirebbe a inquadrare completamente una personalità come la sua, così ricca di sfumature e complessa. Davanti a un folto pubblico di studenti, appassionati e addetti ai lavori, Rettore ha ricevuto qualche giorno fa in Iulm il diploma honoris causa del Master universitario in management delle risorse artistiche e culturali. Per l’occasione ha parlato a lungo della sua carriera e della sua vita privata.
Simbolo degli anni Ottanta, fu anticipatrice di tematiche e tendenze, sintetizzando uno stile pop decisamente innovativo per il nostro Paese ma fruibile e diretto, diventando un punto di riferimento culturale per le donne dell’epoca nelle loro battaglie alla ricerca d’indipendenza e parità di genere. Autrice della quasi totalità dei suoi testi, si scontrò con la censura per l’irriverente “Kobra” – autentica hit senza tempo, ancora oggi ballata nelle discoteche di mezzo mondo – ma anche con la Ricordi, per cambiare il testo del brano “Amore stella” che le era stato assegnato: «Non avrei mai messo in bocca a una donna le parole “Io che sono niente, nullità”. Avevo cambiato quel testo, ma per contratto fui costretta a cantarlo».
Una voce unica quella di Dada, capace di una forte espressività impersonificando ruoli diversi, con la spiccata ironia di chi scherzando ti dice le cose come stanno. In piena antitesi con la serietà (a volte al limite del caricaturale) di alcuni artisti odierni, nell’epoca dell’omologazione da tecnologia. «Quando i computer hanno fatto il loro esordio nelle sale di registrazione si è perso tantissimo» ha raccontato Rettore. «Negli anni Novanta presi il computer che c’era nella sala d’incisione e lo gettai dalla finestra, dicendo ai produttori che non dovevano usare per me suoni e parti pensate per altri. Da allora abbiamo assistito a un’involuzione».
Un problema, quello dell’appiattimento a uno standard di dubbio livello artistico, non soltanto limitato alla produzione ma anche alla personalità vocale di molti interpreti odierni: «La cosa bella nei dischi degli anni Settanta e Ottanta era che contenevano l’errore, l’imprecisione, la stonatura che non si poteva sistemare con l’autotune. Battisti deve il suo successo proprio al fatto che con le sue imperfezioni profondamente musicali riusciva a comunicare tantissimo, molto di più di un cantante di voce».
Quando le abbiamo chiesto a margine della cerimonia come mai per gli artisti italiani odierni sia così difficile avere successo all’estero, Rettore – che esplose in Germania prima ancora che nello Stivale – non ha avuto dubbi: «La colpa è dello streaming. Non c’è più bisogno che il pubblico ti ascolti dal vivo: ti ascoltano e ti vedono sul telefono e immediatamente ti bocciano con uno swipe. Se invece ti rechi sul posto e ci suoni è una cosa ben diversa».
Di Federico Arduini
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