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L’ultima canzone con il nastro rosa

L’ultima canzone con il nastro rosa

“Con il nastro rosa” è, simbolicamente, l’ultima canzone dell’ultradecennale sodalizio Battisti-Mogol. Cosa è accaduto fra i due?
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“Con il nastro rosa” di Lucio Battisti fu pubblicata dalla casa discografica Numero Uno come lato b dell’Lp “Una giornata uggiosa”. Fu inclusa in posizione finale nell’omonimo album che uscì nel febbraio 1980. Si tratta quindi, simbolicamente, dell’ultima canzone firmata dall’ultradecennale sodalizio fra il cantautore di Poggio Bustone e Mogol, il più celebre paroliere di quegli anni.

Nel libro “Con il nastro rosa. L’ultima canzone di Mogol e Battisti” (GM Press, 2020) Donato Zoppo racconta passo dopo passo la «fine del sogno»: le registrazioni nel 1979 a Londra «con Geoff Westley e uno staff di grandi musicisti inglesi», la «copertina piovosa divenuta un’icona pop», l’ultima intervista rilasciata da Battisti «in una camera d’albergo di Zurigo», la strada artistica con Mogol che lentamente si biforca fino alla silenziosa faglia di divisione.

Cosa è accaduto fra i due? Il segreto dell’addio è forse racchiuso in quegli stessi versi che parlano altresì di un matrimonio incipiente, di un passato che si rompe, di frasi con «doppi sensi» che allarmano e, specialmente, della «paura» sopraggiunta all’apparir del vero sentimento: la speranza è tutta dalla parte della sincerità, di quell’allegorica «libellula» in un «prato» di libertà e slanci. Ma ecco che nel (montaliano) “sciame dei pensieri” arrivano i dubbi e le incertezze del refrain: «Chissà, chissà chi sei… / chissà che sarai… / chissà che sarà di noi: / lo scopriremo solo vivendo».

In un pezzo del 1984, “Come mi vuoi”, Paolo Conte esprime le identiche perplessità per il futuro degli amanti («Dove mi porti tu? / Mi piacerai? / Mi capirai? / Sai come prendermi?»), ma la memorabilità del sigillo aforistico la imprime proprio Mogol con «lo scopriremo solo vivendo», che è ormai una locuzione proverbiale a tutti gli effetti (simile al dantesco «fatti non foste a viver come bruti» o al manzoniano «la sventurata rispose»). In ogni rapporto – che sia d’amicizia o d’amore – c’è il rischio della rottura o la possibilità dell’happy ending: il senso è nel vivere la scoperta e la scoperta è in fin dei conti la vita stessa.

La seconda strofa di “Con il nastro rosa” gioca con le astuzie della lingua per instaurare una pregnante metafora: le «casse» del «magazzino» sono tante e le opzioni possono paralizzare l’uomo nel kierkegaardiano punto zero dell’esistenza. «Il magazzino che contiene tante casse, / alcune nere, alcune gialle, alcune rosse, / dovendo scegliere e studiare le mie mosse / sono all’impasse. // Mi sto accorgendo che son giunto dentro casa / con la mia cassa ancora con il nastro rosa / e non vorrei aver sbagliato la mia spesa / o la mia sposa».

La coppia minima spesa-sposa (due parole distinte soltanto dal valore fonematico della vocale centrale) sottolinea la portata, esigua o gigantesca, dell’errore: cosa succede se, invece di sbagliare la spesa, si sbaglia la sposa? È troppo tardi per chiederselo. L’urgenza dell’attimo ha già chiamato a una scelta.

di Alberto Fraccacreta

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