“U.S. Palmese” dei Manetti Bros, una stella cadente in provincia
C’è qualcosa di antico e teneramente ingenuo nel sogno che attraversa “U.S. Palmese”, il nuovo film dei Manetti Bros

“U.S. Palmese” dei Manetti Bros, una stella cadente in provincia
C’è qualcosa di antico e teneramente ingenuo nel sogno che attraversa “U.S. Palmese”, il nuovo film dei Manetti Bros
“U.S. Palmese” dei Manetti Bros, una stella cadente in provincia
C’è qualcosa di antico e teneramente ingenuo nel sogno che attraversa “U.S. Palmese”, il nuovo film dei Manetti Bros
Una favola sportiva moderna, agrodolce e surreale, che affonda le radici nella provincia calabrese per parlare di riscatto, umanità e ritorno a sé stessi. Sullo sfondo, il contrasto eterno tra l’effimero luccichio del successo e la rude, autentica bellezza delle cose semplici. C’è qualcosa di antico e teneramente ingenuo nel sogno che attraversa “U.S. Palmese”, il nuovo film dei Manetti Bros. (al secolo i fratelli Marco e Antonio Manetti): una palla sgonfia che rotola lungo i vicoli assolati di un paese del Sud, tra bambini che giocano per strada e anziani signori che parlano di calcio con la “Gazzetta dello sport” in mano.
La storia
I Manetti Bros. accendono il motore di questa rom-com sportiva con l’Ape-car di Don Vincenzo, agricoltore in pensione (impersonato da Rocco Papaleo). Con entusiasmo contagioso e una missione visionaria, l’uomo lancia volantini per le strade di Palmi, raccoglie donazioni, accende cuori. Il suo sogno? Ingaggiare per la derelitta squadra locale un fuoriclasse della Serie A, Etienne Morville (interpretato da Blaise Afonso), talentuoso ma arrogante, cresciuto nella banlieue parigina e in caduta verso l’oblio mediatico. Così si consuma l’assurdo miracolo di provincia. Il film diventa un cross sbilenco che, contro ogni logica, finisce in porta. Il racconto di un Sud che profuma di ulivi, salsedine e malinconia, dove il calcio torna a essere ciò che dovrebbe: pallone in strada, cuore, sogno condiviso.
Etienne arriva da Milano, mandato a Palmi per risanare la sua immagine. Dalla mondanità all’essenzialità. Il viaggio è più interiore che geografico. Immerso nella quotidianità del paese, nel silenzio rurale, tra compagni dilettanti e sguardi sinceri, emerge l’uomo sotto la stella. All’inizio osserva con distacco e snobismo ma poi inciampa nell’umanità semplice, nei compagni scalcagnati, nella giovane infermiera Concetta (impersonata da Giulia Maenza), figlia di Don Vincenzo e anima fiera dell’ospedale locale oramai in rovina. Il volto della cura, della dolcezza che rompe i muri emotivi.
Lo stile dei Manetti Bros.
Lo stile dei Manetti Bros. ondeggia fra realismo e cartone animato: trovate visive ispirate agli anime, gag e dialoghi a tratti grotteschi che però spesso funzionano. E anche quando inciampa la pellicola resiste, proprio come una squadra solida nel corso dei 90 minuti. Il film può ricordare in qualche modo la meravigliosa serie tv “Ted Lasso” (con meno slancio british). Etienne ricorda invece Mario Balotelli ed è un caso (forse neanche troppo) che nel film appaia anche Giancarlo Marocchi, commentatore di Sky Sport e protagonista di un celebre diverbio con “Super Mario”. Il contrasto tra metropoli e provincia gioca col cliché, ma con dolcezza: a Palmi la caricatura diventa affetto e nostalgia.
Nella sua interpretazione Rocco Papaleo è misurato, scaltro, malinconico e umano. Massimiliano Bruno e Gianfelice Imparato aggiungono strati di comicità necessari, Claudia Gerini – anche se in scena per pochi minuti – lascia un’impronta luminosa, come un assist improvviso che cambia la partita. La musica trap-hip hop aggiorna i codici del racconto popolare, tra volti segnati e verità che emergono sotto la trama. La rappresentazione sportiva può lasciare interdetto chi si aspetta una partita reale, ma la leggerezza compensa le défaillance tecniche: non è un film sul calcio ma su cosa il calcio può evocare. Alla fine non resta il gol, ma l’abbraccio. Il calcio è pretesto: il vero centro sono il gruppo, l’amicizia, la lealtà.
L’opera più personale dei fratelli Manetti Bros.
È l’opera forse più personale dei fratelli Manetti, un omaggio alla loro infanzia, alla Calabria, a una certa idea di cinema popolare e sincero. Una commedia che sa parlare al cuore. In un mondo in cui lo sport è business, ritrovarsi in un campetto spelacchiato, sotto il sole di Calabria, è forse la felicità.
di Edoardo Iacolucci
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Tag: Cinema, spettacoli
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