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Marco D'Amore non solo Ciro di Marzio

Marco D’Amore, non solo Ciro di Marzio

Marco D’Amore si racconta oltre il suo celebre personaggio Ciro di Gomorra: i progetti e il rapporto con Napoli e con Toni Servillo
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Marco D’Amore, non solo Ciro di Marzio

Marco D’Amore si racconta oltre il suo celebre personaggio Ciro di Gomorra: i progetti e il rapporto con Napoli e con Toni Servillo
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Marco D’Amore, non solo Ciro di Marzio

Marco D’Amore si racconta oltre il suo celebre personaggio Ciro di Gomorra: i progetti e il rapporto con Napoli e con Toni Servillo
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Marco D’Amore si racconta oltre il suo celebre personaggio Ciro di Gomorra: i progetti e il rapporto con Napoli e con Toni Servillo
Ciro Di Marzio ma anche molto di più. Quarantadue anni appena compiuti, Marco D’Amore rientra di diritto nell’elenco degli attori e autori più interessanti d’Italia. Tanta gavetta, il teatro, il cinema (impossibile non citare il bellissimo “Una vita tranquilla”) e poi “Gomorra – La serie”: l’exploit definitivo, un prodotto che ha scardinato le regole della serialità. Lui però non si è fermato, anzi ha rilanciato: si è messo alla prova con la regia, prima de “L’immortale” e poi di “Napoli magica”. «Il mio è un percorso fortunato, segnato da molti incontri proficui. Appena maggiorenne ebbi la fortuna di entrare in compagnia con Toni Servillo: fu uno spartiacque. L’incontro con Toni mi ha spinto ad alzare l’asticella dei miei desideri» ci racconta da Catanzaro, dove è fra i protagonisti della ventesima edizione del Magna Graecia Film Festival. Se si ripercorre la carriera di D’Amore, vi compare Napoli in tutte le sue forme. Il suo rapporto con la città partenopea è sempre stato particolare: «Sostanzialmente di grandissima distanza: sono andato via a diciott’anni, tornandovi tredici anni dopo per “Gomorra”. Sono uno di quei figli della città andati via per studiare e raccogliere esperienze. A un certo punto ho sentito il dovere di restituire alla città quanto avevo appreso. “Gomorra” mi ha dato una grandissima opportunità in questo senso, così come i tre prodotti cinematografici che ho curato: “L’immortale”, una costola di “Gomorra”; poi “Napoli magica”, un progetto assolutamente mio, voluto e desiderato; infine “Caracas”, che ho appena finito di girare con Servillo e col quale ho chiuso la mia ideale trilogia su Napoli». Tratto dall’opera letteraria “Napoli Ferrovia” di Ermanno Rea, “Caracas” arriverà nelle sale nel 2024. Una sfida stuzzicante per D’Amore, che avrà al suo fianco il già citato Servillo: «Toni per me rappresenta molte cose. Innanzitutto è un maestro inconsapevole: non ha nessuna pretesa di insegnare, ma lo fa quotidianamente con il suo impegno e il suo esempio. Mi ha insegnato l’importanza della cultura e del confrontarsi su temi diversi. Ma soprattutto Toni è la persona che mi ha complicato la vita: quando sei al fianco di un artista così enorme ti senti davvero piccolo. E questo mi ha sempre spinto ad andare avanti, a migliorarmi e a studiare. Gliene sono molto grato». Un film da interprete e un altro da regista e sceneggiatore, D’Amore si muove con destrezza nei diversi ambiti della settima arte ed è conscio dei doveri di un autore: «Bisogna assumersi molte responsabilità. Se ci guardiamo intorno, lo scenario è abbastanza triste: non siamo più capaci di chiamare in sala il pubblico, mentre i titoli americani continuano a mietere risultati. A mio avviso dobbiamo caricarci sulle spalle tre necessità: primo, sviluppare un linguaggio contemporaneo; secondo, interrogarci su temi che facciano sentire allo spettatore la necessità di tornare in sala; terzo, il nostro cinema deve diventare un sistema, con un continuo confronto fra addetti ai lavori». di Massimo Balsamo

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