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Marco Ligabue

Marco Ligabue e “Toc Toc Ecologico”: “Il volume della passioni oggi è più basso”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Marco Ligabue sulla sua carriera e sul nuovo singolo “Toc Toc Ecologico”

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Marco Ligabue e “Toc Toc Ecologico”: “Il volume della passioni oggi è più basso”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Marco Ligabue sulla sua carriera e sul nuovo singolo “Toc Toc Ecologico”

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Marco Ligabue e “Toc Toc Ecologico”: “Il volume della passioni oggi è più basso”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Marco Ligabue sulla sua carriera e sul nuovo singolo “Toc Toc Ecologico”

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Marco Ligabue sulla sua carriera e sul nuovo singolo “Toc Toc Ecologico”

Dopo aver festeggiato i primi dieci anni da cantautore, Marco Ligabue è pronto per ripartire con tanta nuova musica e un nuovo progetto. L’ultimo singolo, “Toc Toc Ecologico, tocca un tema molto importante per il presente e il futuro: il rispetto per il nostro pianeta. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui per farci raccontare com’è nato questo brano, il nuovo percorso e il rapporto con suo fratello Luciano

Com’è nato “Toc Toc ecologico?”

Scrivo sempre di cose che vivo o che mi toccano da vicino. Negli ultimi mesi, scrollando spesso sui social, leggo notizie sempre più allarmanti sullo stato del nostro pianeta. Ma cosa sta succedendo? Nonostante gli allarmi che ci arrivano, non siamo così consapevoli della salute della nostra Terra. Ci fermiamo morbosamente su notizie di gossip, sugli influencer e su cose di questo tipo, ignorando la nostra vera casa. Questo non va assolutamente bene, non è una cosa corretta. Ho pensato: come potrei trovare una chiave per una canzone che faccia riflettere su questo? Mi è venuta in mente l’idea di bussare alla mia coscienza, e alla coscienza di chiunque voglia ascoltare, con questo “toc toc” ecologico. Siamo sicuri di voler lasciare andare le cose come le stiamo lasciando andare? È una tematica che sembra lontana, ma che forse affronteremo solo quando saremo ad un punto di non ritorno, in un’emergenza tale da doverla affrontare per forza.

Con questa canzoni scegli di esporti su tematiche che troppo spesso gli artisti odierni ignorano. Non trovi che ci sia poca voglia di esporsi?

Sono cresciuto con la scuola dei cantautori: a 15 anni, nell”85, quando imparai a suonare la chitarra e sfogliavo il Canzoniere, trovavo artisti come De Gregori, De André, Battisti, Vecchioni, Rino Gaetano. Erano cantautori che affrontavano molte tematiche sociali. Negli ultimi anni, invece, ci si concentra molto sulla quotidianità, sull’effetto immediato, sugli amori, che funzionino o no. Fa un po’ strano anche a me che non ci siano altri cantautori, band o artisti che si espongano su tematiche più impegnate. C’è una cosa curiosa che mi ha colpito: ho ricevuto centinaia di commenti davvero belli per questo nuovo singolo, ma uno in particolare descriveva la canzone come una “bella paraculata”. Ma dove sarebbe la paraculata? Sono argomenti che funzionano poco, che non sono accattivanti. Canzoni come questa non vanno neanche in radio, quindi dove sarebbe la grande furbata?

Com’è cambiato negli anni il rapporto con il pubblico?

Ciò che ho visto cambiare moltissimo nel tempo è la soglia di attenzione. Per fare un video accattivante ti dicono che deve esserlo soprattutto nei primi 5 secondi, altrimenti la gente cambia video… e questo fenomeno sta toccando anche la musica, stagione dopo stagione. Amo molto esibirmi nelle piazze e alle feste di paese, ma noto che se non offri uno spettacolo eccezionale, se non inventi qualcosa di speciale, la gente si distrae dopo qualche pezzo. Undici anni fa, quando ho iniziato, non era così: potevo fare concerti di due ore e la gente rimaneva attenta. Certo, un pezzo poteva piacere più di un altro, ma l’attenzione del pubblico era costante. L’anno scorso ho fatto 95 date e ho un polso abbastanza preciso della situazione. Probabilmente siamo talmente bombardati da informazioni mediatiche e stimoli continui che ogni cosa deve colpirci subito. Conta più il titolo, lo strillo, che l’approfondimento. Con queste guerre intorno a noi, c’è anche una disillusione di fondo molto forte a cui ci stiamo abituando. Anche il volume delle passioni e dei sogni sembra essere un po’ più basso.

Un atteggiamento che probabilmente è figlio anche della nostra capacità di abituarsi un po’ a tutto

Ho pubblicato a marzo “Anima in fiamme”, un brano proprio su questo tema: un promemoria a non abituarsi, a non adeguarsi. Le nostre emozioni, le nostre passioni devono essere al centro, devono avere sempre un volume importante, sia nei momenti sì che nei momenti no.

Ascoltando la tua produzione e questi ultimi singoli è evidente come ci siano diverse influenze nella tua musica. Qui però c’è tanto folk e rock

Esatto, questi sono i due filoni che amo di più. La musica folk, per me, comprende sia il folk country americano e quello irlandese, sia il nostro folklore italiano. Ho sempre nutrito un affetto profondo per questo tipo di musica, perché arriva dalla tradizione, ha origini lontane, quasi contadine, di provincia, proprio come me. L’altra chiave per me è sempre stata il rock. A 13, 14, 15 anni ascoltavo i Clash, i Ramones e i Police, band con un approccio molto istintivo. È un tipo di musica più grezzo e duro, ma che secondo me arriva al succo della questione e va dritto al cuore di ciò che si vuole raccontare. E dato che “Toc toc ecologico” vuole essere un grido d’allarme, ho pensato che non servissero fronzoli, ma un linguaggio che arrivasse diretto, nudo e crudo.

A che punto del tuo percorso sei oggi? Ci sarà un disco? Qualche live futuro?

Diciamo che ci sono due corsie: quella discografica e quella dei live. Dal punto di vista discografico, quest’anno ho chiuso i miei primi dieci anni da cantautore. Lo scorso anno avevo pubblicato una raccolta e mi sono chiesto: come posso ripartire, da dove, per il prossimo decennio da cantautore? Ho scritto tante nuove canzoni e sto cercando di costruire un percorso diverso rispetto a quello in cui sono cresciuto, dove c’erano solo i dischi in vinile nei negozi e si scoprivano le canzoni pian piano, una dopo l’altra. Ora siamo nel 2024 ed è un po’ difficile capire cosa siano oggi gli album, per cui ho deciso di fare il contrario: pubblicherò tante canzoni e poi, a fine anno, le racchiuderò tutte in un contenitore. Per quanto riguarda i live, sono già ripartito con i primi concerti all’aperto e porterò avanti un doppio tour, come sto facendo da qualche anno. Il mio primo libro è stato venduto sorprendentemente bene, oltre ogni più rosea aspettativa. Quindi, ci sarà il mio spettacolo elettrico con la band, il “Sempre tutto bene tour”, e poi “Salutami tuo fratello”, che è uno spettacolo fatto di racconti, aneddoti e canzoni eseguite in acustico.

Come vivi i paragoni con tuo fratello Luciano? Nonostante alcuni elementi comuni, siete molto diversi l’uno dall’altro come stile musicale, ma anche ciò che raccontate

I paragoni me li fanno sempre, ma è normale. Essere il fratello e avere lo stesso cognome di un artista importante come Luciano tende a dar vita a questo tipo di paragoni. Ma penso anch’io che siamo due persone con caratteri molto diversi sotto certi aspetti. Io sono molto più solare di Luciano e ho un mio gusto personale che a volte coincide con quello di Luciano e altre volte no. Capisco che abbiamo una voce simile, ma quello è un fatto di DNA. La timbrica può ricordare quella di Luciano, e questo è normale, siamo cresciuti insieme. L’ho sempre vissuta molto bene perché, in realtà, Luciano mi ha permesso di entrare nel mondo della musica. Io venivo da un paesino, Correggio: lui, con la sua carriera, ha stravolto la mia vita, quella della nostra famiglia e forse anche di un intero paese. Se vogliamo trovare un punto un po’ delicato, è stato quando ho deciso di lanciarmi come cantautore: ho trovato tanto pregiudizio all’inizio. Mi sono complicato la vita perché prima, facendo parte di una band, stavo un po’ più in disparte, suonavo la chitarra. Ma da quando mi sono messo davanti a un microfono, la gente è rimasta incuriosita e c’erano tanti pregiudizi. È un’attitudine un po’ superficiale di affrontare le cose.

di Federico Arduini

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