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Mick Jagger

80 anni da Mick Jagger

Mick Jagger, ottant’anni domani (dei quali più di 60 vissuti sul palco) e una forma fisica di natura insondabile
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80 anni da Mick Jagger

Mick Jagger, ottant’anni domani (dei quali più di 60 vissuti sul palco) e una forma fisica di natura insondabile
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Mick Jagger, ottant’anni domani (dei quali più di 60 vissuti sul palco) e una forma fisica di natura insondabile
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Mick Jagger, ottant’anni domani (dei quali più di 60 vissuti sul palco) e una forma fisica di natura insondabile

Lultimo figlio (ha sei anni ed è lottavo) si muove come lui: ancheggiamenti e mossette. Daltronde soltanto una traccia genetica consente di assomigliare a Mick Jagger, ottant’anni domani (dei quali più di 60 vissuti sul palco) e una forma fisica di natura insondabile.

In giro si leggerà che il frontman dei Rolling Stones ha fatto un patto con il diavolo. Mica vero. È complicato scendere a patti con sé stessi, figurarsi per una rockstar come Jagger. Anche perché Mick – anzi, sir Mick – non ha avuto soltanto simpatie per il diavolo: è stato il diavolo, prima della conversione. Simbolo della rivoluzione sessuale e icona della controcultura inglese, il fantastico blues degli Stones è stato la colonna sonora di quel ribellismo giovanile. Oltraggioso e sovversivo, Mick è rimasto avvolto dalla fase bohémienneall’inizio degli anni Settanta (anche se la palma dell’anima decadente, scanzonata e pericolosa del gruppo è sempre andata a Keith Richards).

Sir Mick ha invece da tempo messo la testa a posto. A parte il sesso, ovviamente. Il campanello dell’ultimo giro degli eccessi è suonato oltre mezzo secolo fa, quando gli Stones si rinchiusero in una villa nel Sud della Francia per la composizione – fra droghe visionarie, fumo e alcol – di Exile on Main Street”, uno dei capolavori della leggendaria band britannica. Sei settimane di devastazioni e magie. Sei settimane pericolose. Poi Mick ha girato pagina. Da icona dell’anti, nel 2002 è divenuto addirittura Cavaliere della Regina.

È un concentrato di poco più di 50 chili che non ha mai smesso di dominare sul palco. Il suo grado di confidenza con la scena, la vicinanza corporea (espressa in corse, salti, mosse, danze, ammiccamenti con il pubblico e con i musicisti), quel fluido naturale emanato su chiunque si trovi all’interno dello stadio o del palazzetto dell’esibizione degli Stones non hanno sinora trovato eguali. Come lui, di questo livello, forse un altro paio. Forse. Mick che corre, Mick che conosce ogni fase del concerto a memoria, che governa, che traccia traiettorie inspiegabili con le mani, mentre Keith (anche lui 80 a dicembre, eh) ondeggia, divaga: ecco il patto della longevità degli Stones – idealmente sottoscritto quando i due si sono incontrati a Londra all’inizio degli anni Sessanta per la comune passione per il blues – assieme alla costruzione di un brand unico nella storia della musica. Un patto messo a dura prova certo dalla fase tossica di Richards e dall’anima inquieta e litigiosa di entrambi: si sono dati a carriere soliste, fra dischi e collaborazioni fortunate e meno, prima di tornare a casa. Negli Stones Jagger rappresenta ancora la professionalità portata all’estremo, da testimone della tradizione del rock & roll. Sul palco lascia andare tutto: sudore, forze, sensazioni, emozioni. E si dà tutto anche nelle prove: voce e balletti, poi corsa, ciclismo e yoga per tenere il palco per oltre due ore.

In questo modo ha recuperato anche dalla sostituzione della valvola cardiaca, avvenuta quattro anni fa. Il video dei suoi passi di danza a poco più di un mese dall’operazione lo trovate su YouTube. Tutto ovvio, per Mick Jagger.

di Nicola Sellitti

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