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Mission: Impossible – The Final Reckoning

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In sala l’ultimo capitolo di “Mission: Impossible” diretto da Christopher McQuarrie e interpretato da Tom Cruise

Mission Impossible - The Final Reckoning

Mission: Impossible – The Final Reckoning

In sala l’ultimo capitolo di “Mission: Impossible” diretto da Christopher McQuarrie e interpretato da Tom Cruise

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Mission: Impossible – The Final Reckoning

In sala l’ultimo capitolo di “Mission: Impossible” diretto da Christopher McQuarrie e interpretato da Tom Cruise

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Ogni saga ha una sua fine, forse. “Mission: Impossible – The Final Reckoning” è l’ultimo sospiro di una storia leggendaria, epica, trattenuta in volo o sul bordo di un abisso, mentre la terra sotto i piedi trema e l’aria è di fuoco. Si tratta dell’ottavo capitolo della lunga corsa di Ethan Hunt. Il film (co-scritto e diretto da Christopher McQuarrie) è un addio in missione. Un commiato visivo in cui il pericolo è sì una bomba a orologeria pronta a esplodere, ma anche l’idea stessa di una realtà che scivola via fra le dita.

L’Entità, intelligenza artificiale spietata e intangibile, è l’antagonista definitivo: non ha corpo, non ha volto, ma tutto vede e tutto riscrive. È un nuovo dio d’acciaio e codici che non distrugge con la forza, ma con il dubbio. Una potenza che si insinua nel potere di manipolare e indirizzare la realtà. Ed è così che il protagonista Ethan (cresciuto insieme al suo leale interprete Tom Cruise, in questa veste più mito che attore) si lancia affrontando una prova totale, quasi esistenziale. Più che per salvare il mondo, per preservarne il senso e l’umanità.

Il film si apre dove “Dead Reckoning – Parte Uno” si era interrotto: l’Imf (Impossible Mission Force, unità speciale dei servizi segreti che svolge missioni ad alto rischio) è divisa, le alleanze sono fragili e le lancette corrono verso la catastrofe. Stanco ma ostinato, Hunt si ritrova in un inseguimento che è anche un viaggio nella memoria della saga. Ogni luogo è un frammento di identità, un’eco di chi è stato, di chi e cosa ha perso. Accanto a lui un cast che non si può definire meramente secondario. Benji (impersonato da Simon Pegg), nevrotico e devoto. Luther (interpretato da Ving Rhames), saggio silenzioso che accetta il sacrificio; soprattutto Grace (l’attrice Hayley Atwell), ladra redenta, ironica, libera e ambigua. Forse l’unica vera erede emotiva di Ethan. Le loro dinamiche non sono soltanto funzionali all’azione: fra battute e silenzi si costruisce una piccola umanità fragile, che resiste dove l’algoritmo fallisce.

McQuarrie dirige con mano sicura, ma rinuncia alla sintesi per abbracciare l’eccesso. “The Final Reckoning” è lungo, a volte ridondante, con una prosopopea da anni Novanta-Duemila che oggi ha un sapore vintage. Lo spettatore è inondato di spiegazioni e flashback, con una sovrabbondanza che ha il sapore di un addio non capace davvero di voltare le spalle e chiudere in fretta. Il film riprende i codici canonici del thriller, del war movie e a volte del western, trasportandoli a migliaia di metri d’altitudine. La sequenza più intensa si consuma però lontano da terra e cielo ed è nel ventre muto di un sottomarino abbandonato. In assenza di dialoghi, Ethan Hunt si muove tra relitti sommersi e lamiere corrosive, come un’ombra trattenuta nel buio: un momento emotivo e immersivo in cui il silenzio parla.

Ma dalle scene più meditative e da altre più seriose si passa poi a quelle di pura azione e ad altre ironicamente brutali che hanno un’atmosfera quasi slapstick in mezzo a una tensione sempre maggiore, che svela come anche nel caos ci sia spazio per l’assurdo e per l’umorismo sottile e improvviso come in ogni episodio della saga: un nemico malmenato da un tapis roulant, un dialogo secco in mezzo al caos, un sorriso condiviso. E poi infine una scura Londra, di notte. Trafalgar Square che giace immobile sotto le luci, tra i leoni di pietra, l’alta colonna di Nelson e l’insegna al neonChicken & chips” che emana la luce di un’inconsapevole e ritrovata normalità. In silenzio, uno sguardo che racconta tutto. Senza esplosione, senza stunt.

Forse è davvero l’ultimo volo. Chissà. Ma se il cinema sa ancora essere (anche) intrattenimento e uno spazio dove ci si aggrappa all’impossibile, questa lunga missione è ancora una volta compiuta.

Di Edoardo Iacolucci

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