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The Apprentice

Nelle sale da oggi “The Apprentice”, biopic su Trump

Il film ha ricevuto otto minuti di standing ovation alla sua anteprima al Festival di Cannes ma è flop al botteghino, mentre il tycoon ha già minacciato di agire per vie legali

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Nelle sale da oggi “The Apprentice”, biopic su Trump

Il film ha ricevuto otto minuti di standing ovation alla sua anteprima al Festival di Cannes ma è flop al botteghino, mentre il tycoon ha già minacciato di agire per vie legali

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Nelle sale da oggi “The Apprentice”, biopic su Trump

Il film ha ricevuto otto minuti di standing ovation alla sua anteprima al Festival di Cannes ma è flop al botteghino, mentre il tycoon ha già minacciato di agire per vie legali

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Il film ha ricevuto otto minuti di standing ovation alla sua anteprima al Festival di Cannes ma è flop al botteghino, mentre il tycoon ha già minacciato di agire per vie legali

Mancano poco meno di tre settimane alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, quale momento migliore per fare uscire in sala un controverso biopic su Donald Trump, già 45esimo presidente a stelle e strisce e ora candidato repubblicano? Deve essere stato questo il ragionamento della Briarcliff Entertainment, la casa di distribuzione che si è assicurata “The Apprentice”, diretto da Ali Abbasi e sceneggiato dal reporter Gabriel Sherman. Il film ha ricevuto recensioni entusiastiche e otto minuti di standing ovation dopo la sua anteprima al Festival di Cannes dello scorso maggio, ma non solo. Il tycoon ha minacciato a più riprese azioni legali per il contenuto dell’opera. Una promozione pressoché perfetta, eppure qualcosa non ha funzionato: gli incassi sono disastrosi. “The Apprentice” (nelle sale italiane con Bim Distribuzione) racconta l’ascesa di The Donald nel mondo degli affari. Siamo nella New York degli anni Settanta e il futuro presidente degli Stati Uniti (interpretato da Sebastian Stan) è un semplice imprenditore del settore immobiliare, disposto a tutto pur di uscire dall’ombra del potente padre. L’occasione per diventare un uomo ricco e di successo è rappresentata dall’incontro con il controverso e spietato Roy Cohn (l’attore Jeremy Strong), che gli insegna come accumulare ricchezza e potere con l’inganno, l’intimidazione e la manipolazione mediatica. Pur evitando l’effetto “Saturday Night Live”, Abbasi restituisce un’immagine brutale di Trump e del suo agguerrito avvocato-faccendiere. Dalle droghe alla chirurgia estetica, passando per il presunto stupro di cui fu accusato dalla prima moglie Ivana, il regista iraniano accende i riflettori sui lati oscuri della vita personale e pubblica del tycoon. Il ritratto spietato di Trump non era piaciuto al principale finanziatore del film, Kinematics, fondata dal produttore Mark Rapaport (genero di Dan Snyder, miliardario e noto donatore del candidato repubblicano). Pochi giorni dopo l’anteprima a Cannes, il team legale di The Donald inviò una lettera di diffida, minacciando di fare causa ai produttori e ai futuri distributori di “The Apprentice”. Intimidazioni mai concretizzate, ma sufficienti a intiepidire l’interesse nei confronti del film, quantomeno fino al blitz della già citata Briarcliff Entertainment di Tom Ortenberg, specializzata nella distribuzione di opere «che non volevano farvi vedere». Tra gli altri: “The Dissident” sull’omicidio di Jamal Khashoggi e “Il caso Spotlight” sull’ampia rete di pedofilia nella chiesa di Boston.

I tentativi di Trump di boicottare l’uscita del film sono dunque risultati vani, ma il clamoroso flop al botteghino certifica che non avrebbe dovuto preoccuparsi più di tanto: “The Apprentice” ha racimolato appena 1,6 milioni di dollari nel suo weekend di apertura negli Stati Uniti, superato da film come “Terrifier 3”, “Joker: Folie à Deux” e persino da “The Nightmare Before Christmas”, lungometraggio di trent’anni fa disponibile su qualsiasi piattaforma streaming. In realtà si tratta di un risultato piuttosto prevedibile: “The Apprentice” non racconta nulla di nuovo su di Trump. Gli elettori democratici non hanno interesse nel ricevere conferme di quello che pensano sul tycoon, mentre i repubblicani non sborseranno nemmeno un dollaro per un ritratto così ostile. Gli indecisi? Più attenti al Trump di oggi che a quello degli anni Settanta-Ottanta. Una riflessione che offre un altro spunto. Complice la campagna elettorale, Trump è in televisione e sui giornali ogni giorno, senza sosta. Perché mai un cinefilo dovrebbe cercare evasione in un film che parla del suo passato, del rapporto con il padre oppure dei suoi goffi tentativi di corteggiamento con Ivana? Del resto i film molto politici e controversi non sono sempre stati garanzia di successo al botteghino. Ricordiamo il boom di “Fahrenheit 9/11” di Michael Moore ma anche il disastro di “Vice” di Adam McKay su Dick Cheney o “W.” di Oliver Stone contro George W. Bush.

Risulta difficile immaginare un’inversione di tendenza negli incassi: il passaparola non funziona più come un tempo e gli esercenti sono sempre più orientati a occupare il grande schermo con i film più redditizi. L’unica persona che potrebbe risollevare le sorti di “The Apprentice” è proprio Trump, che nelle scorse ore è tornato a stroncare l’opera di Abbasi: «Un film falso e senza classe. […] Speriamo che esploderà. È un lavoro povero, diffamatorio, politicamente disgustoso e scadente, fatto uscire in sala prima delle elezioni presidenziali per cercare di colpire il più grande movimento politico nella storia del nostro Paese».

Di Massimo Balsamo

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