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Patrizia Laquidara e la sua “Assabenerica”, un esorcismo musicale

Patrizia Laquidara ci racconta il suo singolo “Assabenerica”, l’amore per la Sicilia e il progetto legato al suo romanzo di successo

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Patrizia Laquidara e la sua “Assabenerica”, un esorcismo musicale

Patrizia Laquidara ci racconta il suo singolo “Assabenerica”, l’amore per la Sicilia e il progetto legato al suo romanzo di successo

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Patrizia Laquidara e la sua “Assabenerica”, un esorcismo musicale

Patrizia Laquidara ci racconta il suo singolo “Assabenerica”, l’amore per la Sicilia e il progetto legato al suo romanzo di successo

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Patrizia Laquidara ci racconta il suo singolo “Assabenerica”, l’amore per la Sicilia e il progetto legato al suo romanzo di successo

Nel mare magnum della musica liquida sembrerebbe cosa facile trovare qualcosa di nuovo e interessante da ascoltare. Invece, non è propriamente così. Ogni tanto ci divertiamo a scavare per voi in questo universo in continua espansione per trovare artisti di valore, che meritano un ascolto attento. Poi starà all’ascoltatore scegliere se seguire l’artista in questione o veleggiare verso altri lidi.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Patrizia Laquidara, nata in Sicilia e adottata dal Veneto, riconosciuta come “una delle figure più enigmatiche e versatili della musica d’autore italiana”. Sin dal suo debutto alla 13ª edizione del Premio Città di Recanati, ha conquistato il plauso della critica. Oggi, dopo la pubblicazione del suo primo romanzo “Ti ho vista ieri” (edito da Neri Pozza), che ha ulteriormente rafforzato il suo status di talento eclettico e versatile, portandola in un tour letterario attraverso l’Italia e a vincere tre premi letterari internazionali, ci ha raccontato del suo nuovo singolo e di questa nuova fase della sua carriera.

Che cosa significa “Assabenerica”?

Si tratta di una forma di saluto che si usava molto in Sicilia fino a venti anni fa ed era rivolto soprattutto alle persone anziane, come segno di devozione e rispetto per l’età. In questa canzone, questo saluto è usato quasi come se fosse una formula magica. Mi piace pensarla così, questa parola sembra quasi un incantamento, una formula magica. Mi piaceva l’idea di inserirla in una canzone che avesse un andamento piuttosto moderno, che fondesse strumenti acustici con elettronica. C’è anche una parte parlata che si avvicina allo spoken word, grazie alla collaborazione con Lorenzo Marangoni, campione mondiale di Poetry Slam, che ha scritto una piccola parte per me.

Mi piaceva l’idea di combinare questo stile moderno con una parola antica e di parlare di una tradizione antica come la processione della Vara. La Vara è un evento molto importante per i cittadini di Messina, una processione che si tiene una volta l’anno.

Perché hai scelto proprio La Vara?

Diciamo che questa processione qui ne rappresenta tante altre in Italia e tante altre tradizioni. Ad esempio, a Vicenza, dove abito, c’è la Rua, una delle feste più antiche a livello nazionale. La Vara è molto significativa per me perché è un evento a cui assistevo quando ero molto piccola. Mio padre è di Messina e noi partivamo da Vicenza a metà agosto proprio per arrivare in tempo ad assistere a questa processione. Da bambina, rimanevo completamente stupefatta di fronte a questo immenso e maestoso carro votivo che attraversava le vie della città. Non solo l’immagine del carro, un omaggio all’Assunta, mi impressionava, ma anche i suoni della processione. Ricordo le urla e le grida degli uomini che tiravano la corda, qualcosa di molto arcaico e tribale. La processione, sebbene mariana, ha anche elementi quasi profani, quasi pagani, perché c’è qualcosa di molto forte e potente.

Rimanevo affascinata non solo dall’immagine del carro, ma anche dai suoni. Gli uomini gridavano “Viva Maria, viva Maria!” e noi ci univamo a questo coro di persone. Era un modo per sentirsi uniti e creare comunità. Questa sensazione l’ho percepita molto da piccola; non sapevo definirla, ma avvertivo già la forza e la potenza del rito popolare e tradizionale, che ti fa sentire un tutt’uno con le persone accanto a te e crea un senso di comunità. Inoltre, la Vara è una festa che non è stata ancora colpita dal consumismo e dal marketing su larga scala, e questo contribuisce a mantenerla autentica. 

Tutto questo è reso molto evidente dal video ufficiale del brano, che cattura tutte le sfumature di questa processione e della sinergia con il brano che hai scritto

Per il video: https://www.youtube.com/watch?v=mrgR6C_p-j0

Quando ho girato il video a Messina con il videomaker Marco Dodici, un giovane di 30 anni che ama profondamente la sua città, ho apprezzato molto il suo impegno nel far risaltare la bellezza di Messina e dello Stretto. Lo Stretto è un luogo particolarmente significativo per noi, e ho voluto girare alcune scene proprio lì per mostrare la sua bellezza e poesia, che restano intatte. Quello che mi ha colpito durante le riprese sono state le immagini catturate da Marco. Avevo scoperto il suo lavoro cercando video sulla Vara su YouTube e avevo trovato molte immagini d’archivio in bianco e nero. Poi mi sono imbattuta nei video a colori di Marco, che mostravano persone che trascinavano il carro votivo, alcune con una bottiglietta di plastica in mano, altre con un telefonino. Il lavoro di Marco riesce a unire il passato e il presente, mostrando come la tradizione della Vara coesista con la realtà moderna. Mi è piaciuto molto il suo approccio e l’ho contattato proprio per questo. Le sue immagini catturano la bellezza della tradizione e la sua evoluzione nel contesto attuale.

Il videoclip è un’altra forma di racconto. Tu oltre a scrivere canzoni ha anche scritto un romanzo di successo, “Ti ho vista ieri”, che mi raccontavi avere un profondo legame con questa canzone

Mi piace molto raccontare storie, sia quando canto sia quando scrivo. Questa canzone è nata anche dal libro che ho scritto, “Ti ho vista ieri”, edito da Neri Pozza e pubblicato l’anno scorso. Questo libro ha avuto molta fortuna, permettendomi di viaggiare tanto per l’Italia e fare molte presentazioni. Nel libro racconto la mia infanzia e l’Italia degli anni ’70 e ’80, muovendomi tra Nord e Sud. È un romanzo autobiografico e di formazione, con molti personaggi, luoghi, città e oggetti. C’è dentro molta Sicilia e molto Veneto, le due regioni che hanno segnato la mia vita, dato che sono nata in Sicilia e poi mi sono trasferita in Veneto con la mia famiglia. Un capitolo è dedicato alla Sicilia e c’è anche un paragrafo sulla Vara. Ho preso alcune sensazioni e suggestioni dal libro e le ho riportate nella canzone. Anche il videoclip contiene elementi che i lettori del libro riconosceranno. Le prime immagini del videoclip sono girate nella casa dei miei nonni paterni, chiamata da tutti “la baracca con l’anguilla”. Questa casa, ormai disabitata, è un luogo molto evocativo per me. Mi piaceva l’idea di collegare il libro e la canzone, permettendo ai lettori appassionati di ritrovare nel videoclip e nelle canzoni le storie e le immagini che hanno letto. Penso che questo possa creare un legame più profondo tra le diverse forme di espressione artistica che utilizzo.

Hai definito questa canzone come un esorcismo musicale, cosa pensi si debba esorcizzare oggi?

Penso che ci sia tantissimo da esorcizzare, basta guardarsi attorno. La musica ha una grande funzione in questo, perché può essere un rito che ci accomuna tutti, come il rito della processione della Vara o il ritrovarsi insieme a cantare. Esorcizzare la paura e tante altre cose è importante, specialmente in questi tempi difficili. Cantare e fare musica ha sempre avuto per me un effetto quasi salvifico.

La musica, come un rito, nasce dallo scambio continuo tra chi canta e chi ascolta, e può unire le persone. Mi piaceva l’idea che questa canzone potesse essere un esorcismo, qualcosa da cantare insieme. Per questo ho voluto creare un ritornello orecchiabile e facilmente memorizzabile. Non solo per un’operazione di marketing, ma soprattutto per la possibilità di comunicare e creare un legame con il pubblico.mPrima di incidere la canzone, l’ho testata durante i concerti, chiedendo alle persone di cantare con me. Questa partecipazione avveniva puntualmente, il che mi ha convinto della forza della canzone e della sua capacità di unire le persone attraverso il canto.

Ti vedremo dal vivo questa estate?

Quest’estate non farò molti concerti, a differenza degli altri anni, e questo va benissimo. Vengo da una tournée molto intensa con Marco Paolini, con cui abbiamo fatto 57 date in teatro, oltre a molte presentazioni del mio libro. Avevo bisogno di “scansarmi”, come si dice in portoghese, di far sedimentare tutta questa vita e lavoro.

Quest’estate suonerò comunque, inclusa l’apertura del concerto di Carmen Consoli al Festival di Verucchio Sabato 27 luglio, che mi sembra una cosa bella e curiosa perché si tratta ancora di Sicilia. A settembre inizierò un nuovo spettacolo con Marco Paolini, con quattro date in luoghi all’aperto e abbastanza importanti. Da ottobre porterò in giro il mio nuovo progetto, che include alcune canzoni nuove e brani del mio repertorio rivisitati con una strumentazione che prevede basso e live elettronica. Per me, è una novità usare l’elettronica dal vivo.

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