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Polemiche su Rosa Chemical dimenticando la realtà

Mentre si moltiplicano le polemiche su Rosa Chemical, ci si dimentica che alcuni salgono sull’Ariston proprio per far parlare di sé e aumentare la propria notorietà
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Polemiche su Rosa Chemical dimenticando la realtà

Mentre si moltiplicano le polemiche su Rosa Chemical, ci si dimentica che alcuni salgono sull’Ariston proprio per far parlare di sé e aumentare la propria notorietà
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Polemiche su Rosa Chemical dimenticando la realtà

Mentre si moltiplicano le polemiche su Rosa Chemical, ci si dimentica che alcuni salgono sull’Ariston proprio per far parlare di sé e aumentare la propria notorietà
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Mentre si moltiplicano le polemiche su Rosa Chemical, ci si dimentica che alcuni salgono sull’Ariston proprio per far parlare di sé e aumentare la propria notorietà
Di polemiche e discussioni è fatto da sempre il pre Festival di Sanremo. I giorni che precedono la kermesse sono accompagnati puntualmente da dibattiti più o meno accesi, più o meno sensati, che hanno però l’inevitabile effetto di accendere i riflettori su quella che resta una istituzione della tv italiana. E del Festival, ma soprattutto del tema gender, si è discusso nella puntata di ieri di “Password”, appuntamento in onda su Rtl 102.5 ogni venerdì dalle 17 alle 19 dove il direttore de “La Ragione” Fulvio Giuliani si confronta con due under 30, Cecilia Songini e Niccolò Giustini. Generazioni a confronto (o scontro) fra differenze di pensiero e, chissà, anche punti in comune. Non a caso il primo argomento affrontato è quello che la discussione sulla canzone di Rosa Chemical ha riacceso. Lanciata su OnlyFans, tra poliamore e gender fluid, c’è chi ne ha invocato (tardivamente) l’esclusione dal Festival. Per «proteggere i bambini» da quello che deve sembrare un modello diseducativo. Qui si vede, in modo chiaro, la differenza fra le generazioni: a nessun giovanissimo verrebbe da scandalizzarsi per certe tematiche e anzi il dibattito proprio non sussiste. Esiste invece fra quelli più adulti, come ovvio. Il boomer del programma di Rtl (Giuliani) si è peraltro mostrato molto più ‘sconvolto’ dalla ricerca della polemica e della visibilità a tutti i costi che dal look o dal messaggio di Rosa Chemical. A forza di discutere si rischia però di perdere di vista alcuni elementi: intanto è chiaro ed evidente che chi si presenta al Festival, soprattutto se non si tratta di un nome particolarmente noto al grande pubblico, abbia tutto l’interesse a far parlare di sé. E poi tanto scandalo è diventato quasi stucchevole perché in realtà negli ultimi anni di personaggi che hanno portato la provocazione e il gender fluid sul palco dell’Ariston ce ne sono stati molti. Ci siamo dimenticati Achille Lauro e i suoi costumi? In quel caso, dal polemizzare si è passati all’osannarlo e all’invitarlo come ospite. E ancora, l’accoppiata che ha vinto lo scorso anno – Mahmood e Blanco – ha giocato per tutto il Festival sull’ambiguità. Nel look, negli atteggiamenti, negli ammiccamenti. Si provoca, fa parte dello show e in fondo è sempre stato così. Non dimentichiamoci che Sanremo è soprattutto questo: uno spettacolo. Che poi sia utile per affrontare dei temi è indubbio, ma gridare allo scandalo sui testi delle canzoni è davvero eccessivo. Oltre a provocare l’effetto contrario, cioè dar loro maggiore visibilità. Tra l’altro se i problemi sono l’educazione dei bambini e il messaggio veicolato ai più piccoli, bisognerebbe intanto capire quanti bambini se lo guardano il Festival. Non è lo Zecchino d’Oro. Sanremo non ha proprio un target di pubblico di minorenni. Anche se proprio portando cantanti usciti dai talent si è tentato di avvicinare il pubblico giovane alla kermesse. Che rimane, comunque la si valuti e comunque la si pensi, un catalizzatore di pubblico senza pari, eccezion fatta per i grandi eventi calcistici. Settantatré edizioni, considerando anche quella ai nastri di partenza, e non c’è stata una volta che siano mancate le polemiche. Alla fine anche questo ormai fa parte dello show. Di Annalisa Grandi

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