La cancellazione di Prisma e lo sgretolamento dello streaming
La serie tv Prisma cancellata dal colosso Amazon ha scatenato le polemiche social e sollevato la questione di uno streaming generalista che non convince più
La cancellazione di Prisma e lo sgretolamento dello streaming
La serie tv Prisma cancellata dal colosso Amazon ha scatenato le polemiche social e sollevato la questione di uno streaming generalista che non convince più
La cancellazione di Prisma e lo sgretolamento dello streaming
La serie tv Prisma cancellata dal colosso Amazon ha scatenato le polemiche social e sollevato la questione di uno streaming generalista che non convince più
La serie tv Prisma cancellata dal colosso Amazon ha scatenato le polemiche social e sollevato la questione di uno streaming generalista che non convince più
La cancellazione di Prisma voluta da Amazon, forse l’unica serie tv tutta italiana che ha avuto il coraggio di raccontare le tematiche giovanili queer con tatto e sincerità, è l’ennesimo tassello di uno sgretolamento progressivo delle piattaforme streaming di cui si sta discutendo da tempo.
A darne l’annuncio il regista Lodovico Bassegato, che ha annunciato ai fan la notizia con amarezza considerato anche che la terza stagione era già pronta al lancio. I motivi non sono stati chiariti: “Non condivido ma accetto la scelta. Purtroppo, non ho i dati ufficiali ma sono sicuro che la seconda stagione sia andata abbastanza bene. Probabilmente non così bene come Amazon avrebbe voluto”.
Persino la recente Mostra del Cinema di Venezia ha dimostrato quanto la serialità abbia perso quell’aurea di prodotto di serie B, da guardare sonnecchianti e svogliati sul divano, per diventare prodotto d’eccellenza in cui a tempo a disposizione maggiore corrisponde un’attenzione ai dettagli e una maestria non sempre praticabile nel formato classico del film. In rete, infatti, è più facile trovare articoli e recensioni esaltanti su “M. Il figlio del secolo” e “Disclaimer” che del vincitore del Leone d’Oro Pedro Almòdovar, ad esempio.
Eppure il regista di Prisma, seppur con estremo garbo, ha esposto il suo disappunto: “Le serie costano tanto e la sensazione è che siano cambiate le policy delle piattaforme. Se prima si tendeva a cercare prodotti che si differenziassero soprattutto dalle serie che vanno in onda sulle televisioni generaliste, la sensazione è che negli ultimi due anni le piattaforme stiano cercando di allargare il pubblico a scapito di prodotti più sperimentali”, ha dichiarato.
E la sensazione è collettiva. Lo streaming (e la sua diffusione capillare) avevano come ragion d’essere la libertà di proporre contenuti vari e diversificati, diversi dai prodotti tv o cinematografici per tematiche, generi e anche linguaggi. Prisma è un’analisi, approfondita e crudele per tanti versi nella sua verità, delle abitudini queer, delle dinamiche socio-culturali della nuova generazione, messe in scena combinando intelligentemente contenuto e forma, strizzando l’occhio ai generi musicali preferiti dagli adolescenti e alle loro abitudini comunicative (vedi, un utilizzo costante di suoni tipici della messaggistica istantanea) ma dando anche voce alle paure e i gap degli adulti, tentando di colmarli, laddove possibile.
Certo, il mercato è mercato e se un prodotto non funziona inutile intestardirsi. Ma stando alla pioggia di critiche e petizioni per evitarne la cancellazione, sembra le cose stiano diversamente: l’hashtag #SavePrismaLaSerie è balzato in trending su X e una petizione è stata lanciata su Change.org per chiedere il proseguo della produzione.
“Per certe serie ci vuole tempo” ha concluso Bassegato, riferendosi ad un altro caso che lo ha visto protagonista: quello della serie da lui curata Skam Italia che, cancellata dopo tre stagioni, ha avuto una seconda vita più che florida su Netflix. A prova del fatto che non sempre economia e settima arte vanno sempre a braccetto.
di Raffaela Mercurio
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