Quando il rock cambiava il mondo
Voglio parlarvi di un tempo che ebbe nel rock, cioè, nelle corde della Stratocaster di Hendrix, e in quelle di mille altre chitarre, la cifra di un neo Rinascimento

Quando il rock cambiava il mondo
Voglio parlarvi di un tempo che ebbe nel rock, cioè, nelle corde della Stratocaster di Hendrix, e in quelle di mille altre chitarre, la cifra di un neo Rinascimento
Quando il rock cambiava il mondo
Voglio parlarvi di un tempo che ebbe nel rock, cioè, nelle corde della Stratocaster di Hendrix, e in quelle di mille altre chitarre, la cifra di un neo Rinascimento
Mi è capitato di sentire – mio malgrado – un programma con diversi canterini, rapper ovviamente supportati da iTunes, proprio nel giorno del 55° anniversario della scomparsa di Jimi Hendrix. Anche lui, appartenente al Club dei 27, il club dei musicisti morti all’età di 27 anni. Ne fanno parte, oltre al più grande chitarrista mai esistito, anche Janis Joplin, Jim Morrison, Brian Jones, Kurt Cobain, Amy Winehouse. Penserete che stia per lasciarmi sedurre dalla sirena del passatismo, sempre pronta a stimolare il rimpianto, la nostalgia. Nostalgia che per i greci era “dolore del ritorno”, cioè di tornare con la mente a quel che si amava e che non c’è più. E invece no.
Voglio invece parlarvi di un tempo che ebbe nel rock, cioè, nelle corde della Stratocaster di Hendrix, e in quelle di mille altre chitarre, la cifra di un neo Rinascimento. La cifra della generazione dei cosiddetti baby boomers nati in tanti (troppi?) nel dopoguerra della ricostruzione. Una rinascita che aveva ridisegnato i contorni delle società postcapitalistiche, da Roma a Milano, a Parigi, Londra, fino a quegli Stati Uniti così importanti come centro di gravità e propulsore di nuove istanze per quelle generazioni segnate da una nuova guerra combattuta a migliaia di chilometri, e non in quell’Europa dei tanti nonni, ma in quel Sud Est asiatico di cui molti disconoscevano perfino l’esistenza: il Vietnam, crocevia politico/culturale che tanta roba ha generato.
Le generazioni dell’Occidente atlantico precedenti alla guerra mondiale erano cresciute fra dittature e democrazie fragilissime perché giovanissime, ma avevano altresì goduto di un costante miglioramento economico: quello che permetteva ai figli di vivere una vita migliore della loro.
Le generazioni successive hanno avuto dalla loro la primaria soddisfazione dello stomaco: condizione necessaria per pensare a soddisfare la testa. La guerra di chi nacque nel dopoguerra fu il Vietnam. Ci formò culturalmente oltre che politicamente, con il rock a scorrere come colonna sonora, e i Rolling Stones a essere identificata come la rock’n roll band del Vietnam. I versi di Dylan arrivati alle nostre orecchie erano una autentica scoppiettata che dava il via a una corsa verso un futuro in cui nulla sarebbe stato come prima. Fu tutto molto veloce; con gli occhi che si aprivano su un tempo nuovo, e di colpo apparve tutto polveroso, rachitico.
La musica era una saetta che ti spaccava il cuore. Chitarre e tamburi scavavano visceri e anime, lanciando al cielo anche devozioni d’amore, ché nei testi, l’amore, non mancava di certo (che sarebbe la musica senza l’amore?), ma nell’aria (di cui non a caso il titolo del primo album di Alan Sorrenti) correvano veloci pure pensieri elettrici che luccicavano fra raggi psichedelici e lingue di fuoco che spargevano papille rosse contaminate di memorie. Ricordi antichi e recenti ballavano sul pentagramma. Tutti con i loro versi al posto giusto, tutti stendibili sulle note della vita.
Fra parole che sdrucciolavano sui calendari del futuro, che era lì, a portata di sogno. Saranno per lungo tempo versi nuovi e riff e assoli e ugole d’oro, ma pure molotov e lacrimogeni e limoni strizzati e stragi. Fra il pane e le rose. Nulla di simile prima, nulla di replicabile, se non come parodia. Adesso, leggere tutte quelle cose sugli anni Settanta suona come una chitarra scordata, mentre già si annuncia il prossimo Sanremo con la celebrazione del nulla con il niente attorno. Ché la musica, no. La musica è un’altra cosa. Buon anniversario, Jimi.
di Pino Casamassima
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- Tag: musica
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