Quei bravi ragazzi nella storia del cinema
Neanche il più ispirato Francis Ford Coppola avrebbe messo in scena un agguato del genere: nel giro di due mesi il destino ha tirato un durissimo colpo alla storia dei gangster movies. Uno dopo l’altro ci hanno lasciato alcuni tra i più grandi interpreti del genere
Quei bravi ragazzi nella storia del cinema
Neanche il più ispirato Francis Ford Coppola avrebbe messo in scena un agguato del genere: nel giro di due mesi il destino ha tirato un durissimo colpo alla storia dei gangster movies. Uno dopo l’altro ci hanno lasciato alcuni tra i più grandi interpreti del genere
Quei bravi ragazzi nella storia del cinema
Neanche il più ispirato Francis Ford Coppola avrebbe messo in scena un agguato del genere: nel giro di due mesi il destino ha tirato un durissimo colpo alla storia dei gangster movies. Uno dopo l’altro ci hanno lasciato alcuni tra i più grandi interpreti del genere
AUTORE: Giacomo Chiuchiolo
L’ultimo è stato Paul Sorvino, 83 anni, morto il 25 luglio. È stato Paul Cicero, Paulie, nel capolavoro “Quei bravi ragazzi” (“Goodfellas”) del 1990. Nel film di Martin Scorsese era un boss intransigente: non accettava chiamate e dava solo ordini a voce. A lui si ispirava il giovane Henry Hill, il protagonista, interpretato da Ray Liotta. Anche a lui è toccata la stessa sorte poche settimane fa: l’attore è morto nel sonno all’età di 67 anni, mentre si trovava nella Repubblica Domenicana per lavoro. Ancora prima era stato il turno di Tony Sirico, il Paulie Gualtieri della serie tv “I Soprano”. Nell’opera televisiva un malavitoso originario di Ariano Irpino, provincia di Avellino; nella vita reale un passato da criminale vero. James Caan è stato il primo di questa lunga serie di addi dolorosi. L’attore, morto a 82 anni a inizio luglio, è stato soprattutto Sonny Corleone nel primo “Il padrino” del 1972, il violento figlio di Don Vito Corleone, morto in un agguato ordito da una famiglia rivale.
È la fine di un’era, quella della prima generazione di “bravi ragazzi” formato pellicola. Del sogno americano (e non solo) raccontato attraverso le vite di chi non ce l’ha fatta diversamente. Del fascino della violenza e dei soldi facili. Delle belle macchine e dei segnali in codice, dei tradimenti e degli omicidi a sangue freddo. L’epica del male che trova prima dignità e poi si contorce su sé stessa. È il finale, quasi univoco, a rimettere le cose a posto, a dare un senso a quel male: il protagonista – cioè il cattivo – muore solo, senza niente. Spesso tradito. È successo a tutti: da Tony Montana in “Scarface” a Carlito Brigante in “Carlito’s Way”, da Lefty di “Donnie Brasco” al Sonny di “Bronx”.
Non si sfugge a una vita così. Eppure, il racconto di queste storie tormentate ha da sempre appassionato. Per questo per il ruolo di protagonisti sono stati sempre scelti attori di primo piano. Spesso invece sono stati film del genere a lanciare vere e proprie star: Al Pacino, nel primo “Il Padrino”, era appena alla sua terza prova da attore. Venne scartato per il ruolo di Sonny – toccato a James Caan – per poi essere scelto per interpretare Michael Corleone. Un giovane Robert De Niro si è fatto le ossa in “Mean Streets” di Martin Scorsese prima di diventare il protagonista de ‘Il padrino parte II’, dove interpreta Don Vito Corleone.
Il gangster movie deve tanto anche all’Italia. Con il suo “Cera una volta in America”, Sergio Leone lo ha elevato allo stato di opera d’arte. Uno dei primi film di successo è ispirato a un romanzo di Leonardo Sciascia, “Il giorno delle civetta”. Ancora oggi il fascino dei film di gangster non ha mai smesso di ammaliare. L’ultimo capolavoro del genere targato Scorsese, “The Irishman”, è del 2019. Il regista statunitense per l’occasione ha scelto il meglio per il cast. Tutti e tre insieme: Al Pacino, De Niro e Joe Pesci. Loro sì, ancora testimoni della florida generazione di “bravi ragazzi” da film. E che il dio dei gangster movies li preservi a lungo.
Di Giacomo Chiuchiolo
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- Tag: Cinema
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