“Report” ci ricasca. È curioso che chi si proclama difensore degli interessi del diritto in generale e dei diritti dei singoli in particolare, incappi regolarmente nell’imbarazzo della contraddizione. In dubio pro reo? Seee. “Report” indaga, processa e condanna. E poche storie. Non importa che le crociate siano spesso sostanziate dal nulla. «È del poeta il fin la maraviglia» per Marino. Pure per “Report”.
Fa niente se le inchieste annunciate con roboanti promo si rivelino poi scoop da rotocalco rosa. Montaggi taglia e cuci riescono a ottenere l’effetto che si vuole. Del sensazionalismo “Report” ha fatto la sua cifra identitaria. Gli uffici legali della Rai ne sanno qualcosa (molto, in realtà).
Limitandomi alle puntate da me viste e ancor più specificamente a quelle su casi della lunga stagione del terrorismo, da queste colonne avevo avuto già modo di segnalare più scivoloni. Vedi quelli sul caso Moro, sulla trattativa Stato-mafia e sulla strage di Capaci. Nel primo caso, in via Fani ci sarebbe stato pure – oltre ai servizi di tutto il mondo – Antonio Nirta, lo ’ndranghetista chiamato “due nasi” nell’ambiente mafioso non per curiose malformazioni facciali, ma per la nota predilezione per i fucili a canne mozze (il tutto ovviamente senza uno straccio di prova). Il colonnello Mori (assolto dalla magistratura, ma non da “Report”) fu fatto accomodare sulla croce della trattativa Stato-mafia.
Poteva mancare Capaci? Questa volta, la fake news era il nome di Stefano Delle Chiaie: sarebbe stato infatti il leader di Avanguardia Nazionale a volerla. Congetture, come da tradizione. Last but not least (temo) canne mozze contro Nessuno Tocchi Caino, l’associazione dove lavorano anche Fioravanti e Mambro, oltre a Ciavardini, tutti ex Nar condannati per la strage di Bologna. Prima, però, non manca una stoccata al 41bis così in auge per Cospito.
Fra le sue storture, anche quella di poter leggere e studiare (Marco De Amici – rimasto imbrigliato nella strage di Brescia fino al riconoscimento della sua estraneità – mi raccontò di come, nei pochissimi minuti concessigli nella biblioteca del carcere, arraffasse a casaccio tutti i libri che riusciva a contenere nelle sue braccia per portarseli in cella). L’avesse saputo Ranucci…
Ma è sulla coppia Nar che s’infilano le peggiori falsità: dai soldi di Gelli per una casa alla figlia (comprata dal nonno) a quelli mai versati nonostante la condanna di risarcimento allo Stato e alle famiglie delle vittime (ogni mese, come da legge, ai due viene trattenuto un quinto dello stipendio). Ce n’è pure per Ciavardini. L’ex Nar è infatti reo di presiedere una cooperativa su cui si adombrano sospetti da malaffare (prove? Zero). Avanti, c’è posto anche per Totò Cuffaro e dei pizzini ricevuti in carcere (prove? zero). E insomma, “Report” lo tocca Caino, eccome. Pure senza prove.
Di Pino Casamassima
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