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Risate americane del sabato sera

Arriverà nelle sale l’11 ottobre il film “Saturday Night” dedicato allo show americano rimasto ancora oggi leggenda per milioni di americani e non solo

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Arriverà nelle sale l’11 ottobre il film “Saturday Night” dedicato allo show americano rimasto ancora oggi leggenda per milioni di americani e non solo

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Arriverà nelle sale l’11 ottobre il film “Saturday Night” dedicato allo show americano rimasto ancora oggi leggenda per milioni di americani e non solo

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Arriverà nelle sale l’11 ottobre il film “Saturday Night” dedicato allo show americano rimasto ancora oggi leggenda per milioni di americani e non solo

Questa storia inizia ad Harvard, prosegue a New York circa cento anni dopo, per divenire poi conosciuta in tutto il mondo ed è legata da un’unica componente: la comicità. Gli inizi prendono forma sulle pagine di “Harvard Lampoon”, prima rivista satirica in assoluto, fondata dagli studenti dell’ateneo statunitense nel 1876. Concepita come un divertissement, “Lampoon” si trasforma in una palestra per aspiranti scrittori comici, al punto da diffondersi a livello nazionale. Ma bisogna aspettare il 1970, in piena controcultura, affinché il magazine (che nel frattempo ha cambiato il proprio nome in “National Lampoon”) si affermi anche al di fuori della versione cartacea.

Il merito è di Michael O’Donoghue, editor della testata, il quale prima dà alle stampe un disco composto da brevi parodie e sketch (intitolato “Radio Diner”) e poi lancia nel 1974 uno show radiofonico che diviene uno dei programmi più seguiti, nell’airplay di seconda serata, in tutto il Paese. Del resto il talento non fa certo difetto ai componenti della dissacrante banda di O’Donoghue: ci sono i fratelli Bill e Brian Murray, Chevy Chase, Dan Aykroyd e uno strano tipo di nome John Belushi.

La svolta arriva nel 1975. La rete televisiva Nbc è alla ricerca di un programma da mandare in onda il sabato sera, per rimpiazzare il “Tonight Show” di Johnny Carson. Lorne Michaels, produttore canadese, concepisce allora un varietà composto da sketch comici, satira politica e numeri musicali. E decide di affidarlo a quelli del “National Lampoon”. Alla Nbc non sono convintissimi. Portare sul piccolo schermo le sfrenate dinamiche del programma radiofonico, per di più in diretta, può rivelarsi una trappola. Così, quando l’11 ottobre 1975 dallo studio 8H al numero 30 di Rockefeller Plaza a New York la voce di Chevy Chase pronuncia la frase «Live from New York, it’s Saturday Night», in pochi sono consapevoli di assistere alla nascita di una leggenda.

Il “Saturday Night Live” (come verrà intitolato il programma) conquista immediatamente il pubblico. È completamente fuori dagli schemi rispetto a quanto visto sino ad allora, rivoluzionario e soprattutto divertente. Da lì in poi sarà un appuntamento fisso per milioni di americani, rimasto tale ancora oggi. Assumendo un valore che supererà la dimensione strettamente televisiva per giungere sia al cinema (con “The Blues Brothers” e “Animal House” su tutti) che in teatro e influenzando la società americana, della quale per quasi mezzo secolo parodierà senza alcun filtro gli aspetti più surreali. Sarà soprattutto una palestra per intere generazioni di artisti (da Billy Crystal a Eddie Murphy, da Will Ferrell a Tina Fey) che diverranno poi noti a livello internazionale.

Una grande storia che ovviamente non poteva non finire sul grande schermo. Avverrà proprio l’11 ottobre con un film intitolato “Saturday Night” e del quale, pochi giorni fa, è stato diffuso il primo trailer. Diretta da Jason Reitman (già regista di “Juno”, “Young Adult” e “Ghostbusters Legacy”), la pellicola racconta i 90 minuti precedenti la prima messa in onda dello show. Quegli istanti nei quali ancora non si conosceva il destino di quello spettacolo e dei suoi squinternati protagonisti, divisi a metà fra chi credeva di finire in un’imboscata televisiva e chi al contrario voleva soltanto far ridere il pubblico. Tutti però ugualmente ignari che quella sera si stava per compiere una piccola grande rivoluzione. Che, fortunatamente, ancora non conosce fine.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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