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sgarbi e sala pietà

Scontro Sgarbi-Sala su la Pietà Rondanini di Michelangelo

La Pietà Rondanini è l’esaltazione del concetto di “non finito” di Michelangelo. Un’autentica icona sacra che Vittorio Sgarbi vorrebbe ricollocare, sempre all’interno del Castello Sforzesco di Milano. Il neo sottosegretario alla Cultura ha definito “illegittima” l’attuale collocazione dell’opera. Ipotesi respinta decisamente dal sindaco di Milano Beppe Sala: “finché sarò sindaco, rimarrà lì”. 
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Scontro Sgarbi-Sala su la Pietà Rondanini di Michelangelo

La Pietà Rondanini è l’esaltazione del concetto di “non finito” di Michelangelo. Un’autentica icona sacra che Vittorio Sgarbi vorrebbe ricollocare, sempre all’interno del Castello Sforzesco di Milano. Il neo sottosegretario alla Cultura ha definito “illegittima” l’attuale collocazione dell’opera. Ipotesi respinta decisamente dal sindaco di Milano Beppe Sala: “finché sarò sindaco, rimarrà lì”. 
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Scontro Sgarbi-Sala su la Pietà Rondanini di Michelangelo

La Pietà Rondanini è l’esaltazione del concetto di “non finito” di Michelangelo. Un’autentica icona sacra che Vittorio Sgarbi vorrebbe ricollocare, sempre all’interno del Castello Sforzesco di Milano. Il neo sottosegretario alla Cultura ha definito “illegittima” l’attuale collocazione dell’opera. Ipotesi respinta decisamente dal sindaco di Milano Beppe Sala: “finché sarò sindaco, rimarrà lì”. 
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La Pietà Rondanini è l’esaltazione del concetto di “non finito” di Michelangelo. Un’autentica icona sacra che Vittorio Sgarbi vorrebbe ricollocare, sempre all’interno del Castello Sforzesco di Milano. Il neo sottosegretario alla Cultura ha definito “illegittima” l’attuale collocazione dell’opera. Ipotesi respinta decisamente dal sindaco di Milano Beppe Sala: “finché sarò sindaco, rimarrà lì”. 
Michelangelo Buonarroti scompare a Roma il 18 febbraio 1564 lasciandoci un patrimonio culturale, storico e artistico dal valore inestimabile, quasi interamente conservato in Italia. Oggi se ne torna a parlare in virtù di un’ipotetica nuova collocazione della meravigliosa Pietà Rondanini, il cui carico simbolico ed espressivo dovrebbe imporre a tutti noi di rivolgersi alla scultura con il rispetto che si riserva a un’autentica icona sacra. Son passati quasi cinque secoli da quando Michelangelo iniziò a lavorare al capolavoro che ancora oggi possiamo ammirare. Dodici anni di lavoro interrotto, ripreso e poi nuovamente interrotto bruscamente quando morì, lasciando insieme all’opera incompiuta un alone di misteriosa spiritualità legata proprio al concetto di “non finito” che caratterizza e identifica ancor più questo capolavoro. La tensione emotiva appartiene alla scelta rappresentativa del più alto momento del sacrificio cristiano, elevato al massimo grado di dolore che una madre possa provare: quello per la perdita del proprio figlio. Michelangelo aveva scolpito poco più che ventenne (1497-99) la celeberrima Pietà esposta nella Cattedrale di San Pietro nella Città del Vaticano. Fa impressione pensare che cinquant’anni dopo, in chiusura del suo lungo percorso umano ed espressivo, abbia voluto cimentarsi in una nuova Pietà. La forza creativa dello scultore evoca pensieri ed emozioni che vanno oltre ogni giudizio critico. Il suo scalpello lavorò fino a pochissimi giorni prima della sua dipartita, in un periodo in cui – anche per motivi anagrafici – la fatica di liberare le forme dai blocchi di marmo era diventata un’azione sempre più rara. La Pietà Rondanini prese comunque forma mostrando una sorta di ritorno alla madre, dove il corpo del figlio si abbandona fondendosi con quello della genitrice in una posizione che amplifica la sensazione di un amore immenso ed eterno tra due corpi arresisi al dolore. Michelangelo si racconta attraverso l’idea del “non finito”, espressione che cela inevitabilmente ciò che lo scultore non ci ha rivelato, suggerendoci forse di credere in ciò che non è visibile agli occhi ma che può essere compreso dalla nostra sensibilità e ascoltato soltanto con il cuore. Tutto ciò stride inevitabilmente con le diatribe politiche tanto quanto con il burocrate che ritrovò l’opera abbandonata nello studio di Michelangelo e che scrisse quasi con disprezzo parole che non possono far parte di questa storia straordinaria: «Statua principiata per un Cristo et un’altra figura di sopra, attaccate insieme, sbozzate e non finite». Di Alberto Moioli

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