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Springsteen a Ferrara, silenzio insopportabile

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Tre ore di concerto per Bruce Springsteen a Ferrara. Non una parola sulla tragedia dell’alluvione a pochi passi. Un silenzio inspiegabile
Springsteen a Ferrara

Springsteen a Ferrara, silenzio insopportabile

Tre ore di concerto per Bruce Springsteen a Ferrara. Non una parola sulla tragedia dell’alluvione a pochi passi. Un silenzio inspiegabile
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Springsteen a Ferrara, silenzio insopportabile

Tre ore di concerto per Bruce Springsteen a Ferrara. Non una parola sulla tragedia dell’alluvione a pochi passi. Un silenzio inspiegabile
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Sull’(in)opportunità di organizzare un concerto a una manciata di chilometri da una tragedia immane ci siamo già abbondantemente espressi. Non aggiungeremo una riga sul tema, ma proveremo a ragionare sul perché tanti appassionati e fan di un artista di rara poetica e dal carisma smisurato – noi fra questi – si siano sentiti profondamente delusi dalla doppia scelta prima di suonare regolarmente a Ferrara (diciamolo, come se nulla fosse) e poi dall’inspiegabile silenzio nel corso delle tre ore di concerto. Bruce Springsteen non è un cantante come un altro, non è neppure un rocker come un altro: è l’emblema stesso di un certo tipo di musica militante, non nel senso strettamente politico del termine. Di una musica animata da una coscienza di classe – si sarebbe detto in un’altra epoca – che l’uomo di Freehold, New Jersey, ha sempre saputo declinare con un’attenzione speciale alla sue principali fonti di ispirazione: gli ultimi, i dimenticati, i sofferenti, gli sconfitti, i reietti e reprobi del sogno americano. Chi ama Springsteen lo ama per la sua impareggiabile capacità di cogliere la poesia nel nulla di una disperante provincia americana, la forza nella debolezza della sconfitta, l’ansia della luce nel buio più presto. Che un artista di questo calibro, l’uomo che ha realizzato una splendida riflessione sui valori e la vita – molto prima che sulla musica – con l’ex presidente Barack Obama non riesca a dire una parola su una tragedia come quella che abbiamo davanti ai nostri occhi è totalmente inspiegabile. Ci verranno a dire che ha aperto il concerto con No Surrender, un inno alla vita da portare avanti sempre e comunque. Come se potesse bastare a noi che abbiamo quell’idea di uno dei più grandi poeti americani del XX secolo. No, non ci basta e questa è anche frustrazione, pensando agli insopportabili cinici che ci hanno sempre un po’ preso in giro per questo amore incondizionato. Pensare che sotto sotto possano avere persino un po’ di ragione è intollerabile. Perché essere diversi è una responsabilità. Sempre. di Fulvio Giuliani

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