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Stona racconta “Ci Faremo Bastare i Ricordi”: “Ho voluto raccontare ciò che vedo intorno a me”

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il cantautore Stona sul suo nuovo disco “Ci faremo bastare i ricordi

Stona

Stona racconta “Ci Faremo Bastare i Ricordi”: “Ho voluto raccontare ciò che vedo intorno a me”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il cantautore Stona sul suo nuovo disco “Ci faremo bastare i ricordi

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Stona racconta “Ci Faremo Bastare i Ricordi”: “Ho voluto raccontare ciò che vedo intorno a me”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il cantautore Stona sul suo nuovo disco “Ci faremo bastare i ricordi

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Dopo il successo all’Imperia Unplugged Festival, il cantautore piemontese Stona tornerà dal vivo domenica 5 ottobre a Faenza, sul Palco Crescendo del MEI – Meeting degli Indipendenti, la principale rassegna della musica indipendente italiana, giunta quest’anno alla sua trentesima edizione.

Stona presenterà alcuni brani del suo nuovo album “Ci Faremo Bastare i Ricordi (prodotto da Lorenzo Morra), un progetto che esplora il presente tra crisi sociale, libertà individuale e fragilità umana, raccontando storie di redenzione e rinascita, dalla realtà carceraria alla vicenda di Gaspare Mutolo. Con un sound ricercato e intenso, che spazia dalle ballad intime ai riff incisivi fino a sperimentazioni strumentali originali, Stona conferma il suo percorso di cantautorato fuori dagli schemi. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui per conoscere meglio l’origine di questo progetto

Quest’album è parecchio denso di argomenti. Puoi raccontarci come è nato?

Allora, un passo indietro. Ho lavorato per tanti anni con Guido Guglielminetti, produttore e bassista di Francesco De Gregori, e insieme abbiamo fatto un percorso bellissimo, pubblicando album e singoli. A un certo punto abbiamo dovuto prendere strade diverse, per motivi di impegni suoi e miei, e mi sono ritrovato senza la mia guida più classica degli ultimi anni.

Mi sono preso una pausa lunga per capire quale direzione prendere, cosa scrivere, come scrivere, insomma per reimpostare un po’ di cose. Mi sono avvicinato, quindi, a livello di produzione e sonorità, a un altro produttore, Lorenzo Morra, che è sempre stato il mio pianista. Abbiamo iniziato a lavorare insieme, e io non avevo materiale nuovo. Prima del 2024, quindi, ho iniziato con lui a lavorare su un brano in particolare, “Uragani“, che poi sarebbe diventato il nuovo singolo, quello trainante del disco. Lo abbiamo usato come brano test per capire su quali sonorità muoverci e di cosa stavamo parlando.

Come è nato “Uragani” nello specifico?

Il brano in sé è nato durante un’intervista radiofonica in cui si parlava di libertà. Io ho fatto una serie di considerazioni su cosa significhi la libertà, sulle conseguenze delle nostre azioni e sull’impatto che esse possono avere sulla vita degli altri: sia a livello individuale, nel nostro piccolo, sia a livello dei leader e dei politici, quei pochi che possono decidere per molti. Da lì è nato questo brano.

Da questo pezzo sono nate altre riflessioni, che mi hanno fatto muovere la penna sul foglio bianco. Mentre lavoravamo a “Uragani“, come spesso succede quando ci si lancia in un progetto, le idee sono arrivate in maniera naturale. Partendo dal concetto di libertà, sono arrivate altre considerazioni e riflessioni, facendo un bilancio di ciò che vedo intorno a me. Ovviamente non è stata una visione del tutto positiva: quello che vediamo oggi non è bellissimo, parliamo di guerre, crisi sociale, crisi generazionale e ambientale.

E il titolo dell’album, “Ci Faremo Bastare i Ricordi“, da dove arriva?

Questi testi di canzoni si sono poi raggruppati in quello che volevo comunicare. Da qui è nata l’idea – amara, quasi di resa, ma provocatoria – del titolo “Ci Faremo Bastare i Ricordi“. Vista la situazione attuale, nella mia testa è comparsa l’idea di fermarci un attimo e farci bastare i ricordi, guardando con nostalgia al passato, forse migliore, in attesa di capire se le cose potranno migliorare. Questo è, in sintesi, il succo dell’album.

L’album tocca tantissimi argomenti: dalla libertà, alla crisi sociale, alla depressione, fino a storie come “Puntine“, dove racconto della situazione carceraria in Italia, o di un personaggio particolare legato alla mafia. Sono argomenti importanti per me e credo che meritino attenzione.

Hai pensato all’album come a un concept?

Ho anche pensato all’idea del concept, che oggi è quasi in disuso, perché i supporti fisici come il vinile sono meno presenti e con le piattaforme digitali l’ascoltatore spesso non segue l’ordine delle tracce. Però secondo me il lavoro del cantautore è guardarsi intorno e raccontare ciò che vede, anche se non è bello o piacevole. Non mi interessava fare “la canzone dell’estate”: volevo prendere l’ascoltatore per mano dalla prima all’ultima traccia e accompagnarlo in un viaggio, immaginando qualcuno che ascolta da solo, con le cuffie, attento, e segue tutto ciò che ho da dire.

Il percorso dalla prima all’ultima traccia fa parte di un racconto coerente. Scavando intorno a me, verso la fine, ho iniziato a capire le connessioni tra i brani. Ho faticato a trovare il titolo giusto, ma alla fine è venuto spontaneo: doveva essere un manifesto di una certa forma di resa al presente. Non significa sconfitta, ma consapevolezza che ci sono delle cose che non vanno e che occorre lavorare per risalire la china.

Il messaggio positivo, però, c’è: anche se al momento siamo costretti a farci bastare i ricordi, questo non significa fermarsi. Serve a spronarci tutti a fare qualcosa di meglio. Non ha senso restare immobili: bisogna alzarsi in piedi, guardare al presente e al futuro. L’album è quindi una fotografia del presente, ma non un invito alla rassegnazione.

di Federico Arduini

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