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Stre racconta ‘Spaventapasseri’: “Dentro c’è la mia fragilità: volevo raccontare chi resta fermo ma sente tutto”

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Con “Spaventapasseri“, il suo nuovo singolo, Sere è tornato con un brano pop che unisce ironia e malinconia per raccontare la fragilità e la forza di chi spesso si sente fuori posto

Stre

Stre racconta ‘Spaventapasseri’: “Dentro c’è la mia fragilità: volevo raccontare chi resta fermo ma sente tutto”

Con “Spaventapasseri“, il suo nuovo singolo, Sere è tornato con un brano pop che unisce ironia e malinconia per raccontare la fragilità e la forza di chi spesso si sente fuori posto

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Stre racconta ‘Spaventapasseri’: “Dentro c’è la mia fragilità: volevo raccontare chi resta fermo ma sente tutto”

Con “Spaventapasseri“, il suo nuovo singolo, Sere è tornato con un brano pop che unisce ironia e malinconia per raccontare la fragilità e la forza di chi spesso si sente fuori posto

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Con “Spaventapasseri“, il suo nuovo singolo, Stre è tornato con un brano pop che unisce ironia e malinconia per raccontare la fragilità e la forza di chi spesso si sente fuori posto. Una canzone che profuma di passato ma parla in modo attualissimo di attesa, sensibilità e del bisogno di rallentare in un’epoca che brucia anche le emozioni.

Nel videoclip – diretto dallo stesso artista – Sere interpreta uno spaventapasseri sospeso tra realtà e immaginazione, che canta e ondeggia nel grano, simbolo di una vulnerabilità che chiede affetto più che difesa. Da questa immagine semplice ma potentissima è nato tutto. Da qui parte la nostra conversazione, tra creatività istintiva, visioni musicali e quel cuore “di paglia” che diventa metafora universale di sensibilità.

Da dove nasce questa canzone e anche questo titolo, che appena lo leggo mi evoca un sacco di immagini. Quando penso allo spaventapasseri mi immagino subito qualcosa di molto simbolico. Raccontami un po’.

Nasce da un pensiero spontaneo. Stavo guardando una serie TV e c’era questa scena con uno spaventapasseri. Più che farmi paura, mi ha colpito la sua aria malinconica. La posizione delle braccia divaricate, invece di incutere timore, mi ha fatto dire alla persona con cui ero: “Guarda, sembra che voglia un abbraccio”.

Da quel pensiero tenero è nata la canzone. Avevo già parte del ritornello e della melodia, quindi ho sfruttato quel momento di creatività. Da lì si è sviluppato tutto: ho fatto un parallelismo con la mia vita, con il mio modo di stare al mondo e di essere percepito.

E poi c’è il fatto che la figura dello spaventapasseri mi accompagna da piccolo: amavo quello del “Mago di Oz“, soprattutto il suo carattere. Doveva spaventare, ma era il più pauroso di tutti. Questa ambivalenza mi ha sempre affascinato. Era come se sapessi che prima o poi avrei scritto qualcosa su di lui. Quando è arrivata la scintilla, il cerchio si è chiuso.

Quindi un’ispirazione che prima o poi doveva arrivare.

Sì, esatto. A volte dobbiamo solo aspettare il momento giusto. Anche se arrivano dopo anni, le cose che devono venire fuori, vengono fuori.

Parlando invece del suono: ascoltandola ho notato un impasto particolare, con tanti mondi diversi che convivono, dall’elettronica a elementi più acustici. Come nasce questa combinazione?

In modo molto spontaneo. La canzone è nata e cresciuta così: vado molto a istinto, anche sulle produzioni, perché produco i miei brani e suono tutti gli strumenti.

Volevo un suono un po’ vintage ma anche attuale. Ho usato strumenti un po’ inusuali, tipo una trombetta da pagliaccio, perché volevo creare un clima giocoso. E poi, essendo lo spaventapasseri un personaggio “campestre”, ho inserito un riff di chitarra acustica. Ho immaginato un mondo un po’ cartoon, un po’ vintage… proprio come lo spaventapasseri.

Coerente anche col video, che ho visto. Ti sei proprio messo nei suoi panni.

Esatto. In passato ho diretto altri videoclip, ma qui il testo parlava già tanto da solo. Per me bastava rappresentare lo spaventapasseri in modo semplice.

Il video è molto metaforico: lui è il protagonista, simbolo di fragilità e immobilità, ma allo stesso tempo desideroso di vita. Le braccia divaricate chiedono quasi un abbraccio. Nel video ondeggia, canta, è un po’ triste, arrabbiato, malinconico… ma vivo. È come se ballasse sui propri problemi: immobile fuori, ma con un forte movimento interiore.

Poi ci sono delle scene aggiuntive, che possono essere flashback o flashforward, in cui corre felice nel grano. È un’immagine sospesa, un ricordo o una speranza futura.

Passando a te: come si inserisce questa canzone nel tuo percorso? Hai pubblicato un disco nel 2023, quindi sono curioso di sapere cosa stai preparando ora.

Questo è il primo singolo del nuovo album. L’ho scelto perché l’autunno mi sembrava il periodo giusto: felice ma malinconico, ambivalente come me e come il personaggio. Era anche simbolico del sound del disco, che sarà molto variegato. Sì, è ufficialmente il primo passo verso un nuovo lavoro.

Volevo chiederti di questo premio che hai vinto quest’anno: l’Eccellenza Campana. Immagino sia stato importante.

Molto. Mi ha aiutato a finanziare il disco e i progetti collegati. Essendo indipendente faccio tutto “in casa”, quindi è stato un aiuto concreto. Ma soprattutto è stato significativo perché la mia regione ha riconosciuto il mio lavoro artistico. Sono stato premiato da De Luca, che mi ha fatto i complimenti per ciò che avevo fatto. È una soddisfazione che ti porti dentro.

Giusto così. Sono traguardi che danno slancio verso ciò che verrà. E visto che produci la tua musica, dirigi i tuoi video… hai una cura totale di ciò che fai. Ti aiuta ad avere una visione più ampia?

Sì, anche se quando scrivo una canzone non penso mai al video: è una creatività successiva. Le mie canzoni sono fotografie di momenti, quindi la parte visiva è la vita stessa.

Il videoclip però, secondo me, dà un valore aggiunto: crea un mood visivo che aiuta chi ascolta a entrare nel mio mondo. Mi piace continuare a farli, anche se oggi hanno perso importanza. MTV ha chiuso i canali, molte canzoni diventano virali senza videoclip… si punta ai contenuti brevi, che però non restano nel tempo.

Io invece penso che il videoclip resti, come è successo con quelli che ricordo dalla mia infanzia. Mi piace farmi trasportare dalle immagini. È un’esperienza più completa. Per questo continuo a farli: danno un valore in più alle canzoni e allo spirito con cui le creo.

di Federico Arduini

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