Superpower di Sean Penn è un film d’amore non di guerra
Superpower di Sean Penn è un film d’amore non di guerra
Superpower di Sean Penn è un film d’amore non di guerra
Berlino – “Quando non si riesce a credere alla realtà, bisogna perseguire la curiosità: bisogna ritrovare la speranza.” Ha inizio con questa dichiarazione il documentario Superpower, diretto da Sean Penn e Aaron Kaufman, presentato nella sezione Berlinale Special Gala della 73° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino.
“Il film non è la storia dell’Ucraina, né è il film definitivo sulla guerra o sulla Russia”, ha detto il co-regista Aaron Kaufman in conferenza stampa. Sulla sua felpa nera si legge la scritta “Strong Ukraine” (Forte Ucraina), mentre Penn indossa un cappellino militare. “Non essendo esperti della storia di questo paese, abbiamo voluto raccontare la nostra esperienza. Avevamo una visione molto superficiale e americana del territorio. Questo è stato il nostro viaggio alla scoperta di questo mondo. Il film è la realtà di ciò che abbiamo incontrato e visto con i nostri occhi”, ha continuato Kaufman.
I due registi erano già a Kiev il 24 febbraio 2022 quando la Russia ha aperto il fuoco sul territorio ucraino. Il 25 febbraio la crew del film si è messa in viaggio in macchina per arrivare a Leopoli, continuando poi il tragitto in treno verso la Polonia, dove si sono messi in salvo. A giugno sono tornati sul territorio, spingendosi fino in prima linea insieme ai soldati ucraini. “Io voglio stare con coloro che lottano per la democrazia e penso che l’arte abbia un ruolo assolutamente significativo nella realizzazione della libertà”, ha commentato Penn.
“L’idea del progetto risale al lontano 2019”, ci racconta il produttore Billy Smith. “Ci interessava particolarmente il personaggio di Zelens’kyj, nato come attore comico e poi diventato presidente” continua Smith. Un’idea nata in un mondo che non esiste più: pre-guerra e pre-pandemia. “Quando si è presentata l’emergenza Covid abbiamo perso i finanziamenti e la possibilità di viaggiare. Ho poi parlato del progetto con Penn che è subito rimasto intrigato, ed è stato lui poi ad entrare in contatto con Kaufman che si è aggregato senza pensarci due volte.” Nel 2019, il Presidente dell’Ucraina era già un personaggio di spicco ma nessuno si sarebbe aspettato il coraggio, lo spirito e la dedizione che ha dimostrato in questo ultimo anno.
Attraverso numerose interviste si delinea l’eroe di questa storia (tanto surreale proprio perché vera), che non si è mai piegato né arreso: il presidente Zelens’kyj. Dotato di un superpower, prima di diventare l’uomo politico che conosciamo era un comico, star della serie televisiva ucraina, Servitore del popolo. Nella satira lo vedevamo interpretare un professore di storia che diventa presidente dell’Ucraina. Il successo mediatico gli ha permesso di arrivare ad un grandissimo numero di persone; al contempo, però, gli ha anche creato delle ombre che hanno avuto un peso sulla sua immagine. Accusato di essere una pedina americana e paragonato al presidente-attore Ronald Reagan, Volodymyr Zelens’kyj non è stato sempre apprezzato.
Il messaggio è urgente e deve parlare chiaro: l’Ucraina è alle prese con un nemico indomabile ed è un Paese che va aiutato con ogni mezzo. Il documentario tiene a sottolineare anche un obbligo morale derivato da una certa responsabilità statunitense, delineata nella prima parte del film. Nel 1994 viene siglato il Memorandum di Budapest: l’Ucraina rinuncia alle armi nucleari sovietiche stoccate sul proprio territorio, ma l’amministrazione di Clinton non fu pronta a sostenere militarmente il Paese. Altrettanto influente nella realizzazione del film, per i registi come per la cultura statunitense in generale, è la ricerca di indipendenza e libertà, forse la vera protagonista di questo documentario.
Dalle donne militari ucraine che combattono sul fronte, alle dichiarazioni di Robert O’Brien, ex consigliere della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ai commenti dell’attivista Julija Marusevska, la pluralità delle testimonianze raccolte permette un resoconto veritiero, che non è un forzato elogio di un leader, ma un’analisi sincera di un’impresa e di una forza d’animo incredibile.
I diversi tipi di riprese, dalla camera a mano alla macchina da presa fissa, come le diverse fonti visive, dalle immagini di cronaca a quelle della serie tv che ha lanciato Volodymir Zelens’kij, riecheggiano il caos della guerra e, al contempo, la confusione mediatica degli ultimi anni.
“Gli studi antropologici hanno mostrato che la longevità è conseguente alla comunità e in mezzo al disastro della guerra gli ucraini hanno risposto con un senso di collettività indistruttibile”, ha sottolineato Penn.
“Non è un film sulla guerra ma un film sull’amore”, ha concluso come meglio non si poteva una giornalista ucraina in conferenza stampa.
Di Valentina Vignoli
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